Vincenzocimini.it Rss https://www.vincenzocimini.it/ Vincenzo Cimini - CEO Greenthesis S.p.A. | CFO Greenthesis Group it-it Wed, 20 Nov 2024 13:14:13 +0000 Fri, 10 Oct 2014 00:00:00 +0000 http://blogs.law.harvard.edu/tech/rss Vida Feed 2.0 presidenza@greenthesisgroup.com (Vincenzo Cimini) presidenza@greenthesisgroup.com (Vincenzo Cimini) Archivio https://www.vincenzocimini.it/vida/foto/sfondo.jpg Vincenzocimini.it Rss https://www.vincenzocimini.it/ Italian Green con Greenthesis ad Ecomondo https://www.vincenzocimini.it/post/513/italian-green-con-greenthesis-ad-ecomondo

Ecomondo è la più grande fiera europea sulla sostenibilità e la green economy. In questo contesto abbiamo presentato Call4Circular, letteralmente una chiamata per le startup innovative nel settore della transizione ecologica. Questa iniziativa offre alle startup la possibilità di essere selezionate e supportate da partner specializzati. Un esempio di successo è Carborem, che presto vedrà la prima applicazione industriale del suo brevetto di idrolisi termica, trasformando fanghi e biomasse liquide in energia (biogas) e fertilizzanti.

Italian Green - Viaggio nell'Italia sostenibile 2024/25 - Puntata del 16/11/2024 - Video - RaiPlay

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Wed, 20 Nov 2024 13:14:13 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/513/italian-green-con-greenthesis-ad-ecomondo vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Cerved Rating Agency S.p.A. alza a B1.1 il rating di credito di Greenthesis S.p.A. https://www.vincenzocimini.it/post/512/cerved-rating-agency-spa-alza-a-b11-il-rating-di-credito-di-greenthesis-spa

Cerved Rating Agency S.p.A. alza a B1.1 il rating di credito di Greenthesis S.p.A., risultato che certifica, anche sotto questo profilo, il percorso di crescita e miglioramento che la Società sta continuando a sviluppare in tutti i diversi ambiti aziendali 

Assegnata la medesima classe di merito creditizio anche alle tre emissioni obbligazionarie
del 31 marzo 2020, del 28 luglio 2022 e del 7 luglio 2023


Segrate, 6 maggio 2024
Greenthesis S.p.A. è particolarmente lieta di comunicare che Cerved Rating Agency S.p.A. – Agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito creditizio di imprese non finanziarie e nella valutazione del grado di sostenibilità degli operatori economici – ha alzato il rating di credito pubblico della Società, che già rientrava nella fascia “Investment Grade”, da B1.2 a B1.1.

Come evidenziato dall’Agenzia, tale upgrade nella classe di merito creditizio riflette: (i) il consolidamento nel 2023 di ricavi e marginalità; (ii) il mantenimento sia di un Cash Flow Operativo Netto positivo, sia di un livello di leverage sostenibile; (iii) le previsioni del nuovo Piano Industriale di Gruppo 2024-2028 che indicano crescita dei ricavi, ulteriore consolidamento della marginalità e parallelo ridimensionamento della Posizione Finanziaria Netta adjusted a fronte di maggiori flussi di cassa operativi; (iv) l’atteso ingresso nel capitale sociale di Greenthesis S.p.A., così come annunciato lo scorso 5 aprile, da parte di Patrizia SE, leading partner per gli investimenti nel mercato immobiliare ed infrastrutturale globale.

In particolare, nell’esercizio 2023 la Società ha mantenuto la capacità sia di generare importanti flussi di cassa operativi, per effetto dell’incremento del margine operativo lordo (EBITDA) adjusted e del contributo positivo del capitale circolante, sia di autofinanziare la quasi totalità degli investimenti effettuati nel corso dell’anno, questi ultimi nell’ordine dei 37 milioni di Euro e riferibili alla realizzazione di nuova impiantistica, alle maintenance Capex e all’ampliamento del perimetro di consolidamento.

Il nuovo Business Plan relativo al periodo 2024-2028 approvato in data 9 aprile (si veda in merito il comunicato stampa emesso in pari data), nel confermare quali proprie direttrici fondanti i tre driver rappresentati da crescita dimensionale organica e per linee esterne, innovazione tecnologica e integrazione tra attività differenti, è inoltre pienamente coerente con i principi improntati alla complessiva sostenibilità d’impresa che caratterizzano l’attuale evoluzione del settore di appartenenza e, in tal senso, è finalizzato a rafforzare il ruolo del Gruppo Greenthesis quale primario operatore strategico privato nell’ambito della transizione ecologica in atto a livello nazionale.
Il pianificato raggiungimento di un valore della produzione di 270 milioni di Euro a fine Piano beneficerà, inter alia, del contributo (per un valore superiore ai 50 milioni di Euro) delle acquisizioni societarie effettuate tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, dell’apporto dello sviluppo impiantistico di talune società partecipate e della crescita dei ricavi rivenienti dalla Business Unit “Bonifiche e risanamenti ambientali” a fronte dell’assai considerevole portafoglio ordini acquisito, il tutto mantenendo una marginalità lorda media dell’intero quinquennio nell’ordine del 22% - 24%.
Dal punto di vista finanziario, l’Agenzia conferma inoltre che il Gruppo Greenthesis manterrà la capacità di generare significativi flussi di cassa operativi, questi ultimi favoriti, da un lato, dalle peculiarità dei business di riferimento, dall’altro, dalle recenti menzionate acquisizioni.

Da ultimo, l’Agenzia rimarca come il prospettato ingresso nel capitale sociale di Greenthesis S.p.A. da parte di Patrizia SE, già sopra ricordato, consentirà di accelerare lo sviluppo e la crescita del Gruppo Greenthesis, permettendo al Gruppo stesso di andare a posizionarsi tra i principali player europei nel comparto dei servizi ambientali.

Sulla base delle medesime valutazioni, la nuova classe di merito creditizio B1.1 è stata da Cerved Rating Agency sia confermata per i due bond integralmente sottoscritti da Banca Intesa nell’ambito delle più ampie operazioni Basket Bond promosse dalla stessa Banca in partnership con ELITE – il primo da 8 milioni di Euro, con durata di 7 anni, emesso in data 31 marzo 2020 e il secondo da 10 milioni di Euro, con durata anch’esso di 7 anni, emesso in data 28 luglio 2022 – sia attribuita all’ulteriore bond da 10 milioni di Euro, con durata di 6 anni, emesso in data 7 luglio 2023 e sottoscritto in misura paritetica da Unicredit S.p.A. e Credit Agricole S.p.A..

I quattro comunicati di rating completi, con l’evidenza dei fattori che hanno determinato l’assegnazione del suddetto rating, sono disponibili sul sito internet dell’Agenzia medesima al seguente link: https://ratingagency.cerved.com.

Il Direttore Generale e Chief Financial Officer di Greenthesis Vincenzo Cimini ha così commentato: “Questo risultato rappresenta il coronamento di un percorso iniziato oltre un quinquennio fa, che aveva posto alla base della visione strategica del Gruppo tutte quelle azioni tese al miglioramento dei fondamentali di bilancio, oltreché al complessivo miglioramento dell’intero ‘mondo impresa’ dal punto di vista organizzativo, delle attenzioni alla sostenibilità ambientale, della equilibrata governance societaria e della socialità d’impresa. Il mantenimento e l’upgrade dello status di Investment Grade contribuiscono a creare quelle condizioni per un più resiliente sviluppo industriale e societario, di cui il rating creditizio costituisce espressione sintetica di bontà. Nell’esprimere ciò, desidero rivolgere un plauso a tutta la comunità Greenthesis, che ha permesso che questo potesse in concreto realizzarsi”.

Greenthesis S.p.A. rappresenta il principale pure player indipendente quotato in Italia specializzato nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti in una logica improntata all’economia circolare ed alla sostenibilità ambientale.
Più in particolare, il Gruppo Greenthesis è attivo nelle seguenti aree: trattamento, recupero, valorizzazione multimateriale – secondo i principi della circular economy – e smaltimento di rifiuti industriali, urbani, speciali ed assimilabili agli urbani; bonifiche e risanamenti ambientali; attività di ingegneria ambientale; termovalorizzazione di rifiuti; produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e di biocarburanti avanzati.

Per ulteriori informazioni:
Giovanni Bozzetti
(Responsabile dei rapporti con gli investitori istituzionali e gli altri soci)
Tel. 02/89380249
giovanni.bozzetti@greenthesisgroup.com

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Mon, 6 May 2024 19:23:47 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/512/cerved-rating-agency-spa-alza-a-b11-il-rating-di-credito-di-greenthesis-spa vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Greenthesis Group and BEEAH Group together for a greener and more sustainable world! https://www.vincenzocimini.it/post/511/greenthesis-group-and-beeah-group-together-for-a-greener-and-more-sustainable-world

The power of a TEAM! Only United with passion we can face all the challenges and be successful! Greenthesis Group and BEEAH Group together for a greener and more sustainable world!

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Wed, 13 Mar 2024 19:30:42 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/511/greenthesis-group-and-beeah-group-together-for-a-greener-and-more-sustainable-world vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
PNRR: : Greenthesis nelle graduatorie preliminari per l’accesso ai finanziamenti https://www.vincenzocimini.it/post/510/pnrr-greenthesis-nelle-graduatorie-preliminari-per-l-accesso-ai-finanziamenti

Sono tre le iniziative nell’ambito dell’economia circolare proposte dal Gruppo Greenthesis, oggi il principale pure player indipendente quotato in Italia specializzato nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti, e giudicate meritevoli dell’inserimento nelle relative graduatorie preliminari del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per l’ottenimento dei contributi finanziari previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con riferimento ai progetti denominati “Faro” perché caratterizzati da contenuti altamente innovativi per quanto concerne il trattamento e il riciclo dei rifiuti provenienti da filiere produttive considerate strategiche.

La prima iniziativa, che vede Greenthesis quale partner di un titolato consorzio composto da altri operatori primari, riguarda il trattamento delle pale eoliche dismesse giunte a fine vita allo scopo di recuperare, mediante un apposito processo di trattamento e valorizzazione, la vetroresina di cui sono composte, per produrre una materia prima seconda, (end of waste), da reimmettere nel ciclo produttivo.

PNRR: Greenthesis nelle graduatorie preliminari per l'accesso ai finanziamenti

La seconda proposta è relativa al recupero e valorizzazione, attraverso un processo di pirolisi, delle plastiche a fine vita non riciclabili, con l’ottenimento di un olio minerale riutilizzabile nella filiera della produzione di nuovi materiali.

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Articolo completo su italia-informa.com

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Fri, 18 Nov 2022 17:26:40 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/510/pnrr-greenthesis-nelle-graduatorie-preliminari-per-l-accesso-ai-finanziamenti vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Ambienthesis S.p.A. e Greenthesis S.p.A. sottoscrivono un Memorandum of Understanding https://www.vincenzocimini.it/post/509/ambienthesis-spa-e-greenthesis-spa-sottoscrivono-un-memorandum-of-understanding

Ambienthesis S.p.A. e Greenthesis S.p.A. sottoscrivono un Memorandum of Understanding per un possibile progetto finalizzato a concentrare in Ambienthesis le ulteriori attività operative nel settore ambientale del Gruppo Greenthesis e creare così il principale pure player indipendente quotato in Italia specializzato nella gestione integrata dei servizi ambientali

Segrate, 28 luglio 2021

In data odierna, Ambienthesis S.p.A. (“Ambienthesis” o l’ “Emittente”) e Greenthesis S.p.A. (“Greenthesis”), holding della famiglia Grossi che controlla l’Emittente con una partecipazione diretta ed indiretta pari a circa il 76,2% del capitale, hanno sottoscritto un Memorandum of Understanding non vincolante (il “MoU”) finalizzato alla realizzazione di una possibile operazione di integrazione societaria e aziendale volta a concentrare in Ambienthesis – attraverso un conferimento in natura o altra operazione societaria equivalente – le attività operative nel settore ambientale del gruppo facente capo a Greenthesis (la “Potenziale Operazione”).

In particolare, con la sottoscrizione del MoU, Ambienthesis e Greenthesis hanno inteso darsi atto del reciproco e coincidente interesse a valutare la sussistenza dei presupposti industriali, finanziari, economici e giuridici per addivenire al perfezionamento della Potenziale Operazione, nonché a negoziare in buona fede un accordo di investimento. Sulla base delle preliminari interlocuzioni cristallizzate nel MoU, la possibile sottoscrizione dell’accordo di investimento (c.d. signing) è attesa entro il mese di ottobre 2021, subordinatamente al verificarsi di talune condizioni sospensive in linea con la prassi di mercato per operazioni similari, tra cui l’esito positivo dell’attività di due diligence da parte dell’Emittente e l’approvazione della Potenziale Operazione ai sensi della disciplina sulle operazioni con parti correlate di Ambienthesis. Sussistendone i presupposti, il perfezionamento della Potenziale Operazione (c.d. closing) è atteso entro la fine dell’anno 2021.

La Potenziale Operazione avrebbe ad oggetto, inter alia, il trasferimento ad Ambienthesis delle seguenti attività
facenti capo a Greenthesis:

  • la proprietà e la gestione dell’impianto di termovalorizzazione situato a Dalmine (BG), impianto a tecnologia complessa di valenza strategica nazionale e tra i più avanzati – specie in termini di rispondenza ai requisiti ambientali – ed efficienti tra quelli operanti sul territorio italiano;
  • la gestione integrata e la valorizzazione multimateriale dell’intero ciclo dei rifiuti di matrice urbana rivenienti dalla raccolta degli stessi sul territorio della Regione Valle d’Aosta sino al 2036;
  • la proprietà e la gestione della discarica tattica regionale della Regione Veneto, dedicata allo smaltimento di rifiuti prevalentemente urbani e di rifiuti speciali non pericolosi, e degli impianti, complementari alla stessa, di valorizzazione del biogas e di trattamento dei reflui liquidi, siti nel Comune di S. Urbano (PD);
  • la proprietà delle aree e la valorizzazione degli invasi di discarica in post chiusura di Latina (località Borgo Montello), presso le quali è installato un sistema impiantistico di produzione di energia elettrica derivante dallo sfruttamento del biogas ed è in corso la realizzazione di un impianto di produzione di biometano liquefatto con annesso parco fotovoltaico;
  • l’autorizzazione per la costruzione e gestione di un impianto di trattamento delle frazioni umide dei rifiuti e degli scarti verdi (per 80 mila tonnellate annue complessive) con la finalità di produrre biometano liquefatto e compost di qualità, da ubicarsi in provincia di Latina.

Le attività operative sopra indicate, sulla base dei dati economici contenuti nei bilanci delle relative società, hanno registrato nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020 ricavi aggregati pari a circa 55 milioni di Euro e un EBITDA aggregato pari a circa 18 milioni di Euro (1).

Gli effetti della Potenziale Operazione sui dati del piano industriale 2021-2023 del gruppo Ambienthesis pubblicati in data 16 marzo 2021 verranno comunicati al mercato in occasione della possibile approvazione della stessa.

Nel contesto della Potenziale Operazione si prevede un preliminare processo di riorganizzazione societaria del gruppo Greenthesis e di alcune sue società operative, volto anche alla razionalizzazione della struttura patrimoniale e finanziaria di queste ultime nell’ottica della Potenziale Operazione.

La Potenziale Operazione si propone di concentrare in Ambienthesis le attività operative del gruppo Greenthesis, al fine di creare il principale pure player indipendente quotato in Italia specializzato nell’ambito della gestione integrata di servizi ambientali, in grado di offrire soluzioni innovative e sostenibili e conseguire i seguenti benefici per il gruppo Ambienthesis e i suoi azionisti:

  • razionalizzazione, integrazione ed efficientamento della struttura complessiva del gruppo in linea con la best practice di società quotate, grazie alla concentrazione in un unico gruppo quotato di tutte le attività industriali riguardanti il medesimo business;
  • ampliamento e diversificazione dei settori di operatività, oggi focalizzati sulle bonifiche ambientali e sui rifiuti industriali, con attività ad elevato valore aggiunto nei servizi ambientali, quali la termovalorizzazione di rifiuti, la produzione di energia elettrica e di biocarburanti avanzati secondo i principi della circular economy, il trattamento, il recupero, la valorizzazione multimateriale e lo smaltimento dei rifiuti urbani, speciali ed assimilabili agli urbani;
  • incremento delle dimensioni aziendali, rafforzamento delle posizioni di mercato ed aumento delle capacità di sviluppo con la possibilità di conseguire sinergie, economie di scala e maggiori efficienze organizzative e finanziarie.

All’esito della Potenziale Operazione, inoltre, Greenthesis valuterà l’opportunità di procedere ad un ampliamento del flottante dell’Emittente con l’obiettivo di incrementare la liquidità del titolo nonché costituire, ove possibile, i requisiti necessari per l’ammissione di Ambienthesis al segmento STAR del Mercato Telematico Azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A.

Si procederà, altresì, a valutare l’eventuale applicazione alla Potenziale Operazione della disciplina relativa al reverse merger ai sensi del Regolamento dei Mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana S.p.A.

In relazione alla Potenziale Operazione, Ambienthesis è assistita da: (i) Intermonte, in qualità di advisor finanziario; (ii) EY, in qualità di revisore legale; (iii) Studio Berta, Nembrini, Colombini e Associati in qualità di consulente per gli aspetti societari, contabili e fiscali, mentre Greenthesis è assistita da: (i) D.G.P.A. & Co, in qualità di advisor finanziario; (ii) Ferraro Ginevra Gualtieri – Studio Internazionale, in qualità di consulente per gli aspetti societari, contabili e fiscali. I profili legali della Potenziale Operazione sono curati da Chiomenti, mentre al Prof. Maurizio Dallocchio è stato conferito l’incarico per la redazione della perizia di stima del valore economico delle attività oggetto di conferimento.


Il Presidente di Ambienthesis Prof. Giovanni Bozzetti ha rimarcato come “il progetto di integrazione in Ambienthesis delle altre attività operative nel settore ambientale del Gruppo Greenthesis rappresenti una vera e propria svolta epocale per la società, che ne incrementerà notevolmente le dimensioni e ne farà il principale pure player indipendente quotato in Italia del settore di appartenenza in una logica di transizione ecologica”.
L’Amministratore Delegato di Greenthesis Dott. Vincenzo Cimini ha così commentato l’avvenuta sottoscrizione tra le due società del MoU: “Questa costituisce una tappa molto importante di un processo di integrazione ambizioso, che prevede il posizionamento del gruppo Ambienthesis tra i leader di settore e che mira a introdurre sempre più nel core business aziendale attività legate a sviluppo sostenibile con contenuti tecnologici innovativi. Il raggiungimento di questo risultato, al quale concorreranno tutte le migliori professionalità di cui il nostro Gruppo è ricco, rappresenterà non solo il coronamento di un percorso di successo, ma anche il trampolino di lancio per affrontare nuove sfide sulla base di presupposti industriali, organizzativi e finanziari potenziati, al fine di poter creare valore duraturo nel tempo”.

1 - Dati aggregati dei bilanci d’esercizio di Rea Dalmine S.p.A. (partecipata al 100% da Greenthesis direttamente ed indirettamente) (predisposto con i principi contabili IAS/IFRS), Enval S.r.l. (partecipata indirettamente da Greenthesis al 51%), Gea S.r.l. (partecipata da Greenthesis al 100%), e Ind.Eco S.r.l. (partecipata da Greenthesis al 100%) (predisposti con i principi contabili italiani). Il totale ricavi deriva dall’aggregazione del Totale Ricavi del bilancio d’esercizio di Rea Dalmine S.p.A. e del Valore della Produzione dei bilanci d’esercizio di Enval S.r.l., Gea S.r.l., e di Ind.Eco S.r.l.. L’EBITDA deriva dall’aggregazione dell’EBITDA dei bilanci di esercizio delle predette società, calcolato come risultato operativo/differenza tra valore e costi della produzione al lordo degli ammortamenti e svalutazioni di immobilizzazioni materiali ed immateriali. Si segnala che l’EBITDA rappresenta un indicatore alternativo di performance che non è identificato come misura contabile nell’ambito dei principi contabili IAS/IFRS. Conseguentemente, il criterio di determinazione dell’EBITDA applicato dalla Società potrebbe non essere omogeneo con quello adottato da altre imprese e pertanto, il relativo dato, potrebbe non essere paragonabile con quello determinato da queste ultime.
Il Gruppo Ambienthesis rappresenta, in Italia, uno dei principali operatori integrati nel settore delle bonifiche ambientali e della gestione dei rifiuti industriali. In particolare, il Gruppo opera nelle seguenti aree: bonifiche e risanamenti ambientali; trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti industriali; attività di ingegneria ambientale.
Il Gruppo Greenthesis costituisce da circa trent’anni, in Italia, un player leader nella gestione delle attività ecologiche, della riqualificazione ambientale e della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il Gruppo è un unicum che copre l’intera catena del valore nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti
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Thu, 29 Jul 2021 10:38:50 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/509/ambienthesis-spa-e-greenthesis-spa-sottoscrivono-un-memorandum-of-understanding vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Ind.Eco.: i rifiuti diventano biometano avanzato https://www.vincenzocimini.it/post/508/indeco-i-rifiuti-diventano-biometano-avanzato

L’indispensabile transizione verso l’economia circolare passa soprattutto da un punto fondamentale del “cerchio” economico: riuscire a chiuderlo grazie alla trasformazione della maggior parte dei rifiuti in nuove risorse e alla conseguente produzione sempre più esigua di scarti che siano realmente tali. Anche se non siamo ancora così vicini a questo ambizioso obiettivo, si stanno compiendo sempre più passi avanti in questa direzione ed è importante sottolinearlo.

La limitatezza delle materie prime e la necessità di rendere le future produzioni più sostenibili in termini ambientali per la salvaguardia del pianeta, ci hanno messo di fronte a un fatto incontrovertibile: trovare delle soluzioni che limitino gli sprechi fino al raggiungimento dell’agognata era dell’End of waste (‘cessazione della qualifica di rifiuto’). Lo stesso concetto di “scarto” deve diventare obsoleto ed essere sostituito da quello di “materia prima seconda”: ossia una risorsa “di seconda mano” che viene ottenuta dalla lavorazione dei rifiuti che, in questo modo, possono continuare la loro vita e tornare a essere immessi nel processo produttivo. Come si è detto in principio, sono molte le strade che si stanno percorrendo in questa direzione e tante aziende si sono mobilitate per accogliere una sfida così importante. Basti pensare, ad esempio, ai filati ottenuti da quello che in gergo si chiama “pastazzo d’arance” e che costituisce il 40% dell’agrume rappresentando solitamente quella parte destinata a essere scartata. Una startup, nata dall’idea innovativa di due giovani catanesi, ha sviluppato una tecnologia capace di trasformare questi “scarti” in un materiale tessile sostenibile, simile all’acetato di cellulosa e che possiede anche effetti benefici per la pelle in quanto, facendo uso delle nanotecnologie, sono state inserite nelle fibre tessili delle microcapsule con oli essenziali di agrumi e vitamina C a lento rilascio[1].

Anche in Greenthesis è proprio l’innovazione uno dei punti su cui cerchiamo di focalizzare l’attenzione per migliorare sempre di più i nostri servizi, perché crediamo fermamente che essa sia la vera chiave di volta per il raggiungimento di una piena sostenibilità ambientale e per la chiusura del cerchio della circolarità. È in tal senso che si inserisce il lavoro portato avanti da una delle società del nostro gruppo, ossia Ind.Eco. la quale si occupa principalmente di trattamento e smaltimento di rifiuti di origine urbana, ma anche di produzione energetica da fonti rinnovabili. La Ind.Eco. opera in provincia di Latina, a Borgo Montello, e, recentemente, ha dato il via a un progetto all’avanguardia nel campo dell’abbattimento dello spreco e che prevede la produzione di biometano avanzato a partire da biomasse, residui e colture non generati da terreni destinati alla produzione di cibo o mangimi: «Il biometano avanzato è un biocarburante ottenuto da […] biomasse o rifiuti che non hanno causato un cambio indiretto di uso del suolo per la loro produzione. Il biometano avanzato è quindi un biocarburante a basso impatto ambientale, programmabile, rinnovabile, caratterizzato da un enorme potenziale applicativo, ottenibile da un processo di raffinazione e purificazione, detto upgrading, del biogas. Si tratta, quindi, di un combustibile in grado di sostituire nel tempo parte dei carburanti fossili, concorrendo allo sviluppo di un’economia circolare volta alla riduzione delle emissioni climalteranti e al concetto di recupero e rivalutazione delle dei rifiuti in risorse rinnovabili»[2], queste le parole di Roberto Zocchi, chief technical officer di Greenthesis Group.

Si parla dunque di un gas interamente rinnovabile, che alla sua base ha i rifiuti urbani organici (putrescibili) che vengono raccolti con la differenziata. La loro gestione può essere fatta sia in discariche ancora aperte sia in quelle dove non c’è più conferimento di rifiuto fresco, perché al contrario di un recente passato in cui al termine dello spazio di stoccaggio in discarica non vi erano molte soluzioni da poter adottare, ad oggi possiamo sfruttare il biogas e convertirlo in biocombustibile, che è tra l’altro perfetto per essere utilizzato per l’autotrazione. In Italia, infatti, in questo settore, possediamo un parco vetture di circa 1 milione di veicoli circolanti e per questo c’è un fiorente mercato per il metano (o, appunto, il biometano). Se a queste, poi, aggiungiamo anche le vetture del trasporto pubblico che utilizzano metano, riusciamo ad avere un’idea di quanto sia proficuo oltre che utile riuscire a dare vita a questo prodotto a partire dai rifiuti.

A Borgo Montello, dunque, accade proprio questo: «Il biogas proveniente dall’impianto di collettamento della discarica è trattato rimuovendo l’anidride carbonica e il vapore acqueo, nonché l’eccesso di azoto, ossigeno e altre impurità (upgrading): si ottiene così un gas con caratteristiche tecniche analoghe a quello trasportato o distribuito attraverso la rete di gas naturale. Grazie a una successiva fase di condizionamento e liquefazione, il biometano può assumere anche lo stato liquido (bio-LNG[3]. Integrando (grazie a un impianto realizzato da Rea Dalmine) i due processi, quello di upgrading e quello di liquefazione in discarica, si dà vita a un prodotto che è davvero l’esempio di come un rifiuto può rinascere a nuova vita. Inoltre, questi servizi vengono offerti anche per società terze. Tutto ciò è non soltanto conveniente in termini economici, ma evita anche la dispersione nell’atmosfera di sostanze che oltre a generare cattivi odori possono essere pericolose in termini di infiammabilità. Inizialmente nata come discarica, dunque, destinata alla ricezione di rifiuti, l’area di Borgo Montello si sta evolvendo in qualcosa di molto più performante e innovativo che utilizza le nuove tecnologie e i nuovi modelli economici circolari per avere un peso specifico importante nel territorio in termini di sostenibilità. Usciranno da questo impianto risorse pulite che non hanno impattato sull’ambiente e non hanno sottratto risorse al terreno: sia che si parli del biometano liquefatto, sia che ci si riferisca ai kilowatt di energia fotovoltaica (che pure vi si producono).

Ecco perché siamo orgogliosi di questo progetto capace di far fare un altro passo al nostro paese verso la circolarità e dando dimostrazione che un’altra economia è possibile, vantaggiosa e non può prescindere dalla sinergia con la ricerca e lo sviluppo di innovazioni tecnologiche

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Tue, 1 Sep 2020 17:42:48 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/508/indeco-i-rifiuti-diventano-biometano-avanzato vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Post-pandemia: focus sull’ambiente https://www.vincenzocimini.it/post/507/post-pandemia-focus-sull-ambiente

Qualche settimana fa, il 22 aprile scorso, è ricorso il cinquantesimo Earth Day con il suo hashtag #OnePeopleOnePlanet, e in occasione di questa giornata mondiale il ministro dell’ambiente Sergio Costa, in collegamento video, ha ribadito nel suo discorso che per ripartire bisogna focalizzarsi sull’ambiente e sull’economia circolare: “Già prima del Covid, che ha colto tutti di sorpresa, avevamo iniziato un percorso, partito con la legge clima e la legge di stabilità, con importanti contenuti economici e risorse significative, perché si era già intuito in Italia che bisognava cambiare paradigma mettendo più risorse per il Green Deal e per l’economia circolare. Il Covid è una tragedia, ma non dobbiamo fermarci e dobbiamo considerarlo un punto di ripartenza; sappiamo che i tentativi di blocco europeo da parte di alcune nazioni, penso alla Polonia che voleva sospendere il Green Deal, sono stati bloccati perché tutti abbiamo fatto squadra. Siamo prossimi ad approvare il Def (Documento di Economia e Finanza, N.d.R.), il prossimo Consiglio dei Ministri lo metterà al centro dell’attenzione, lì dentro si costruisce l’orientamento politico e tecnico dell’economia che stiamo disegnando, lì dentro c’è tanto green, che va poi riempito con delle norme che gli diano forza, perfettamente in linea con il percorso europeo” [1].

Sicuramente le parole del Ministro risultano incoraggianti e fanno ben sperare per il futuro, ma non bisogna abbassare la guardia perché la situazione corrente potrebbe davvero incidere molto sul rispetto dei provvedimenti presi in materia di green economy a livello europeo. L’attenzione dei singoli governi della Comunità Europea è giustamente concentrata sull’emergenza sanitaria e sul necessario supporto da dare a lavoratori e imprese, ma questo non deve distogliere da una visione a più ampio spettro che non coinvolga solo il breve e medio termine, ma anche il lungo termine. È, perciò, necessario ripensare al rilancio economico e sociale in modo da trasformare quella che è una vera e propria catastrofe in un’occasione di radicale cambiamento. Si deve velocizzare la rivoluzione sostenibile, supportare la ricerca scientifica e tecnologica affinché il clima e l’ambiente siano le solide fondamenta per il miglioramento della salute del mondo del futuro e dei suoi abitanti. Chiaramente per raggiungere obiettivi così ambiziosi occorrono risorse finanziarie in più rispetto a quelle che sono già state, in parte, stanziate (e proseguiranno fino al 2030 come da accordi presi con lo European Green Deal del gennaio scorso). Proprio quello della sostenibilità deve essere il settore che mette in moto la ripartenza.

In un recente articolo di Forbes [2], invece, vengono sollevati vari dubbi sulla reale “prontezza” dell’Europa a sostenere il budget prestabilito, soprattutto in termini di “controllo e rischi di corruzione, distribuzione equa, quantità di budget destinato alla transizione”, ancor di più adesso, pensando a scenari post-pandemia. “Si sta dando oggi priorità all’emergenza sanitaria e per i governi è complesso gestire contemporaneamente anche la crisi climatica. Tuttavia, la salvaguardia degli ecosistemi è profondamente legata alla lotta delle pandemie. Quindi, in parole povere, l’European Green Deal e tutte le altre azioni a favore dell’ambiente non sono una forma nobile per salvare le generazioni future, ma una misura da adottare urgentemente per salvaguardare anche l’uomo di oggi e prevenire le pandemie. Lasciare da parte la lotta al cambiamento climatico e le iniziative verdi per fronteggiare l’emergenza sanitaria è come curare i sintomi di una malattia senza risalire alle cause. L’Europa ha già fatto grandi passi sulla sostenibilità”, ma ora deve dimostrare che “prosperità non significa distruzione della natura” [3] e scoraggiare quei Paesi che perseguono politiche ad alto impatto ambientale, dando via con il tempo a un cambiamento globale.

Nei fatti, però, il rischio che l’Unione Europea, sommersa dai propri debiti pubblici, possa sospendere molti dei progetti green in cui si è recentemente impegnata, c’è ed è concreto. Perché, durante le crisi, spesso accade questo, che si diminuiscano gli incentivi a investire in fonti meno inquinanti (se non che vengano proprio interrotti) e che quei risultati così lusinghieri nel breve periodo circa (ad esempio) la pulizia dell’aria e la diminuzione di tassi di PM10, vengano facilmente ribaltati quando, una volta passata la criticità, alla diminuzione dei progetti ecologici per la ricostruzione dell’economia, segue un aumento dell’inquinamento. Stesso discorso vale per altri settori della green economy come l’automotive elettrico e le energie rinnovabili. Su Wired si legge che “le prospettive di vendita delle auto elettriche si sono fatte improvvisamente fosche, per due motivi: la produzione di batterie specifiche in Cina potrebbe subire un rallentamento, e perché il prezzo del greggio è calato così tanto in queste settimane da rendere gli electric vehicle molto meno competitivi dell’anno scorso. Per quanto riguarda l’energia solare, invece, secondo una ricerca la domanda globale per il 2020 dovrebbe crollare del 16%: è il primo calo negli ultimi tre decenni” [4].

I rischi, insomma, di imboccare una strada che si allontana da quella tracciata tramite le recenti e proficue scelte a livello europeo nei confronti del raggiungimento di una circolarità globale, con il conseguente sorgere dell’era dell’end of waste, sono purtroppo reali. È più che mai necessario, anche alla luce della scoperta di quelli che sono evidenti collegamenti tra il Covid-19 (e anche le ultime epidemie, come Sars, Ebola, ecc.), l’uso delle risorse energetiche e i problemi climatici, fare i conti con le disastrose conseguenze che il brutale e scriteriato utilizzo delle risorse ha portato a livello ambientale. “Il nostro stile di vita non è più sostenibile per il pianeta terra: questa è la riflessione che la politica deve tradurre in azioni concrete già da ora per il momento in cui torneremo là fuori con una chiara consapevolezza del nostro agire, aprendo una costruttiva discussione sulle cause delle crisi sanitarie e ecologiche” [5].

Bisogna fare i conti, dunque, con la direzione che si vuole imboccare per la ripresa economica dei prossimi mesi: se quella dei settori tradizionali, forse più “facile”, ma che comporterebbe un passo indietro di decine di anni, o se quella dei “nuovi” settori per una svolta economica che abbracci a tutto tondo i propositi del Green Deal.

Vincenzo Cimini


[1] https://www.minambiente.it/comunicati/earth-day-ministro-costa-economia-post-covid-green-e-circolare

[2] https://www.forbes.com/sites/emanuelabarbiroglio/2020/02/20/is-the-eu-budget-ready-to-back-the-green-deal/#1d49b5fb2366

[3] https://www.ninjamarketing.it/2020/04/22/coronavirus-european-green-deal/

[4] https://www.wired.it/attualita/ambiente/2020/04/01/coronavirus-effetti-negativi-ambiente/

[5] M. Monti e C. A. Redi, Evitare infezioni lasciando in pace le altre specie, «La Lettura», 12 aprile 2020.

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Fri, 29 May 2020 08:01:59 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/507/post-pandemia-focus-sull-ambiente vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
European Green Deal? Il Gruppo Greenthesis è pronto https://www.vincenzocimini.it/post/506/european-green-deal-il-gruppo-greenthesis-e-pronto

Sebbene la questione ecologica sia all’ordine del giorno nel dibattito pubblico nazionale e comunitario, è fondamentale continuare a parlare di European Green Deal, ossia quella che dalle parole della stessa Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, è stata definita “la nuova strategia di crescita dell’Europa”. Von der Leyen ha illustrato i tre punti fondamentali, le tre azioni concrete, su cui questo Green Deal europeo si incardina:

  1. la realizzazione di un piano di investimenti sostenibile per l’Europa, per un ammontare di 1.000 miliardi di euro entro la prossima decade;
  2. la promulgazione entro Marzo 2020 della prima legge europea sul clima, grazie alla quale la transizione verso un’economia green diverrà irreversibile;
  3. la creazione di un Fondo per un’Equa Transazione che mobiliterà i capitali pubblici e privati anche con il supporto della Banca Europea per gli Investimenti (bei).[1]

Tutto questo in vista dell’obiettivo più ambizioso che si è posta l’Europa, ossia quello di arrivare a essere il primo continente del mondo a impatto climatico zero entro il 2050.

Von der Leyen ha precisato inoltre che questo cambiamento non è più differibile chiudendo il discorso con quello che potrebbe essere un vero e proprio slogan: “Noi europei siamo pronti!”, come a voler lanciare questa sfida a livello globale, ma soprattutto per spronare le singole economie nazionali ad accogliere questa sfida comunitaria e farla propria, sposando appieno la causa.

Vista, però, la portata di questi provvedimenti, c’è da chiedersi una cosa molto importante: quali sono le implicazioni del Green Deal a livello finanziario?

Christine Lagarde, ex ministro francese delle Finanze e attuale numero uno del Fondo monetario internazionale, ha affermato con forza che la sfida climatica deve essere la priorità per la bce e che ogni istituzione dovrebbe farne il centro delle sue politiche [2]. Anche la finanza, dunque, sembra aver accolto la “svolta green”, tanto che i principali attori del sistema finanziario mondiale hanno preso coscienza dei crescenti rischi ambientali, non più classificabili come semplici esternalità ma divenuti capaci di intaccare il tessuto dell’economia. È stato allora istituito un Network per il Greening del sistema finanziario (ngfs), che unisce 40 banche centrali, agenzie di supervisione e istituzioni finanziarie internazionali per lo sviluppo di una risposta coordinata ai rischi climatici e ambientali [3].

Si può quindi vedere come il Green Deal europeo proposto da von der Leyen, nonostante esecutivamente molto complesso, sia stato sposato anche dal mondo finanziario che ha intenzione di mettere in atto una piccola grande rivoluzione all’interno dei suoi meccanismi affinché gli investimenti nelle tecnologie verdi siano ben coordinati per evitare anche effetti negativi sui livelli occupazionali. Proprio per facilitare questi passaggi serviranno le leggi sul clima di marzo, di cui abbiamo parlato in apertura.

Su una tematica così importante e delicata ha espresso il suo autorevole parere anche Larry Fink fondatore e ceo di BlackRock, la più grande società mondiale di investimenti (con una gestione di capitale stimato a oltre 7mila miliardi di dollari). Nella sua consueta lettera annuale ai ceo Fink dice che «il rischio climatico avrà un impatto non solo sul mondo fisico, ma anche sul sistema globale che finanzia la crescita economica», al quale si aggiunge «l’impatto delle politiche legate al clima sui prezzi, sui costi e sulla domanda dell’economia nel suo complesso». Prosegue mettendo in luce il fatto che rispetto alle crisi e ai cambiamenti del passato (ad esempio, per non andare troppo nel passato, la crisi globale finanziaria del 2008), che per quanto potessero durare anche per lunghi periodi sono stati tutti, in generale, di breve termine, non si può dire lo stesso per il cambiamento climatico. Per quanto riguarda il clima, infatti, anche se si verificassero solo in parte gli scenari previsti, si tratterebbe «di una crisi a lungo termine molto più strutturale. Le aziende, gli investitori e i Governi devono prepararsi per una significativa riallocazione del capitale» [4]. Cosa succede se un numero sempre maggiore di clienti chiede di riallocare i propri investimenti in strategie sostenibili? Che aziende come quella di Fink devono mettersi nella condizione di poter agevolare questo passaggio senza uscirne danneggiate, e per questo Fink auspica una sempre maggiore trasparenza da parte delle aziende affinché forniscano un quadro chiaro di come gestiscono le questioni relative alla sostenibilità.

Sul lungo periodo gli investimenti sostenibili, comunque, probabilmente daranno più soddisfazioni. «E, in virtù dell'aumento dell'impatto della sostenibilità sui rendimenti degli investimenti, crediamo che l’investimento sostenibile sia il più solido fondamento per permettere al portafoglio dei clienti di crescere» [5].

Ma noi, come Greenthesis Group, da tempo impegnati nello sviluppo di tecnologie innovative a servizio della Economia Circolare e della Green Economy e con alle spalle una trentennale esperienza sul campo, siamo pronti a sposare la causa del Green Deal europeo come ci chiede il Presidente von der Leyen?

La risposta non può che essere un convinto “Sì”. Non solo, infatti, abbiamo investito sull’innovazione attraverso l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili, ma cerchiamo costantemente di ridurre (per quanto tecnologicamente possibile) le emissioni inquinanti, i consumi energetici e il consumo di materie prime, sviluppando la coscienza ambientale del personale attraverso programmi di formazione e valutando di volta in volta i rischi e le opportunità per l’ambiente e per l’organizzazione a seguito dei mutamenti introdotti nel nostro contesto interno ed esterno (nuove tecnologie, nuovi mercati, nuove normative, ecc.). Il nostro piano strategico industriale, varato tempo addietro, si basa sui seguenti principi fondanti: CRESCITA ed EFFICIENTAMENTO, SOSTENIBILITA’ e CIRCOLARITA’, INNOVAZIONE e FORMAZIONE, REPUTAZIONE e TRASPARENZA. Il nostro Gruppo non si fa trovare impreparato di fronte alla sfida economica dei prossimi anni, ma dice “Sì, siamo pronti!”.

Vincenzo Cimini


[1] https://audiovisual.ec.europa.eu/en/video/I-181464?lg=EN%2FEN

[2] https://www.ilsole24ore.com/art/bce-nuovo-bazooka-lagarde-e-contro-climate-change-ACTRI8j

[3] https://www.ilsole24ore.com/art/ambiente-e-finanza-svolta-green-banche-centrali-ACkkQz7

[4] https://www.ilsole24ore.com/art/larry-fink-blackrock-climate-change-cambiera-sempre-finanza-e-piu-fretta-clima-ACTgglBB

[5] Ibidem

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Mon, 24 Feb 2020 08:49:10 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/506/european-green-deal-il-gruppo-greenthesis-e-pronto vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Impresa e sviluppo sostenibile https://www.vincenzocimini.it/post/505/impresa-e-sviluppo-sostenibile

Secondo la definizione tradizionale, lo sviluppo sostenibile è “uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie”[1].

La crescita odierna non deve mettere in pericolo le possibilità di crescita delle generazioni future assicurando che le tre componenti dello sviluppo sostenibile (economica, sociale e ambientale) vengano affrontate in modo equilibrato. Le dimensioni e la profondità della crisi attuale e la sua natura sistemica rendono essenziale un ripensamento del modello di sviluppo economico su base globale. Le organizzazioni devono oggi rispondere a nuove esigenze fra cui considerare nei propri modelli di business anche gli aspetti ambientali e sociali del proprio operato in una visione nuova del modo di fare impresa.

In tale scenario, ogni impresa è chiamata a:

  • comprendere quali sono i fattori chiave per garantire una crescita sostenibile del business e le diverse sollecitazioni che possono giungere da tutti i portatori di interesse;
  • far leva su questa comprensione per creare nuove opportunità di business e mitigare, nel contempo, i rischi derivanti da un contesto in continuo mutamento;
  • definire e attuare modalità di lavoro sostenibili in tutte le aree e in tutti i processi dell’impresa.

A tutte le imprese, di qualunque dimensione, settore e localizzazione geografica, è richiesto un approccio fortemente proattivo allo sviluppo sostenibile per i prossimi undici anni, attraverso lo sviluppo di nuovi modelli di business responsabile, gli investimenti, l’innovazione, il potenziamento tecnologico e l’azione in partnership. Così come previsto dal 17 SDGs, the last but not the least, l’attuazione degli altri obiettivi richiede una stretta collaborazione tra governi, imprese e società civile, un’azione sinergica, collaborativa e proattiva da parte di tutti gli attori dello sviluppo sostenibile.

Se ne è parlato nella Conferenza “Le imprese e la finanza per lo sviluppo sostenibile. Opportunità da cogliere e ostacoli da rimuovere” tenutasi il 28 maggio scorso a Milano presso Assolombarda, nell’ambito del “Festival dello Sviluppo Sostenibile”, promosso da ASvisS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile).

Focus della conferenza è stato quello di individuare le opportunità per la transizione verso un modello innovativo di sviluppo per le PMI e gli ostacoli da rimuovere affinché non frenino questo processo, e di trovare delle soluzioni che accelerino la transizione alla sostenibilità.

La sostenibilità in quanto fattore strategico per le imprese e importante elemento valoriale e reputazionale deve essere sostenuta con azioni, anche politiche, che rimuovano ostacoli normativi, procedurali e culturali poiché ne rallentano la svolta sostenibile chiesta dai cittadini. È stato proposto un tavolo di lavoro su questo tema presso la Presidenza del Consiglio presentando un documento con le linee di azioni necessarie da adottare.

La “Carta” delle imprese per uno sviluppo sostenibile è stata promossa e firmata da dieci associazioni imprenditoriali più rappresentative aderenti all’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), confermando la volontà, dichiarata in occasione del Festival dell’anno scorso, di promuovere modelli di business basati sullo sviluppo sostenibile, la partnership con tutti i portatori d’interesse e l’utilizzo della finanza etica e responsabile al fine di contribuire a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030.

Dalla conferenza, il presidente Asvis Pierluigi Stefaninni ha ribadito che “occorre passare dalla comunicazione al racconto della sostenibilità economica, sociale e ambientale messa in pratica”. È emersa la necessità di un cambio culturale imprenditoriale con un approccio alla sostenibilità come elemento chiave della competitività, in cui le imprese devono far crescere la filiera, premiare fornitori sostenibili e innovare. Inoltre, è necessario come affermato dall’Ad di Pirelli Marco Tronchetti Provera contribuire alla crescita della comunità intorno alle fabbriche perché non può esserci sviluppo sostenibile se la società non cresce.

Anche il mondo della finanza guarda con sempre più attenzione a imprese innovative, rispondenti ai criteri ESG (Environmental, Social and Governance), obbligando ad investire non tanto in un’ottica di vantaggio immediato ma in una prospettiva di medio-lungo termine. Così come ha scelto di fare Banca Italia privilegiando nelle proprie scelte di investimento le imprese con le migliori prassi ambientali, sociali e di governance, che impiegano metodi produttivi rispettosi dell’ambiente, che garantiscono condizioni di lavoro inclusivo e attente ai diritti umani.

La Cassa Depositi e Prestiti ha inoltre messo in campo ingenti risorse per dare una spinta a questo approccio verso la sostenibilità. L’AD Fabrizio Palermo ha infatti dichiarato che “con il Piano Industriale 2021 Cdp ha scelto di orientare il proprio approccio strategico e operativo ai principi dello sviluppo sostenibile”, mediante un modello innovativo di business e operativo, includendo nel processo di valutazione degli investimenti, oltre all’aspetto economico anche misure degli impatti sociali e ambientali, prevedendo un budget finanziario da 200 miliardi per i prossimi tre anni.

Ci si aspetta anche dalla politica un spinta verso la transizione alla sostenibilità prevedendo già nella prossima legge di bilancio delle iniziative che vadano in questa direzione, come quelle di fiscalità ambientale volte a ridurre e ad azzerare gli incentivi ai combustibili fossili e i sussidi ambientalmente dannosi; programmi di investimenti pubblici orientati alla sostenibilità sociale, ambientale, politiche di rigenerazione urbana; azioni per la promozione dell’economia circolare, la decarbonizzazione dell’economia, l’efficienza energetica e una più efficace gestioni dei rifiuti.

Inoltre, ci si auspica che venga accolta la proposta di legge che prevede il riconoscimento nella nostra Costituzione del valore della sostenibilità e del diritto delle nuove generazioni a ricevere una società sostenibile. Con la modifica dell’articolo 2 della Costituzione verrebbe allargata la portata della norma, che arriverebbe a richiedere l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale «anche nei confronti delle generazioni future».

Con il secondo intervento, invece, la proposta di legge guarda ad un altro dei Principi fondamentali della Repubblica, quello indicato all’art. 9, sulla ricerca scientifica e la tutela del paesaggio e del patrimonio artistico. Si aggiungerebbero un terzo ed un quarto comma, l’uno sancendo il riconoscimento e la garanzia della «tutela dell’ambiente come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» e l’altro la promozione «delle condizioni per uno sviluppo sostenibile».

Infine, con il terzo intervento si andrebbe a modificare l’art. 41, quello dedicato alla libera iniziativa economica privata, che disporrebbe, nella versione proposta, che l’iniziativa economica abbia come limite, oltre a quelli già previsti (dignità umana, sicurezza, utilità sociale), anche l’ambiente e che sia finalizzata non solo a fini sociali ma anche allo sviluppo sostenibile[2].

Adottare i principi della sostenibilità, significa pensare ad un futuro del tutto nuovo, in cui ogni organizzazione è chiamata a esprimere la capacità di evolvere al variare delle condizioni dell’economia, della scienza e dei mercati al fine di difendere il proprio vantaggio competitivo e ottimizzare la creazione di valore.

Vincenzo Cimini


[1] Uomo&ambiente. https://www.uomoeambiente.com/index.php/servizi-per-la-sostenibilita-sociale-formazione

[2] Wallstreetitalia. https://www.wallstreetitalia.com/imprese-e-finanza-sposano-sviluppo-sostenibile/

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Thu, 28 Nov 2019 18:03:46 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/505/impresa-e-sviluppo-sostenibile vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Core Business, tra strategia e cultura aziendale https://www.vincenzocimini.it/post/503/core-business-tra-strategia-e-cultura-aziendale

Per avere performance stabili e positive a lungo termine, la focalizzazione è indispensabile. Ma l’azienda deve fare di più, ovvero andare oltre. Sotto la guida di un buon CEO, l’impresa deve riuscire a creare ed attuare un piano strategico che possa risultare valido nel corso del tempo.

Facciamo l’esempio del settore tecnologico. Se un’azienda che produce smartphone si concentrasse solo ed esclusivamente sulla produzione del dispositivo in sé, rischierebbe di rimanere indietro. Poiché la tecnologia è in continuo aggiornamento e, dunque, il Core Business deve comprendere anche un piano di evoluzione e innovazione per strumenti e risorse.

Ma cos'è il Core Business?

Core Business è un termine anglosassone che sta ad indicare la principale attività di una società, ovvero l’interesse primario attorno al quale ruota l’intera strategia aziendale.

Contrariamente a quanto avveniva in passato – in particolare dagli anni ’50 ai ’90, periodo in cui le società tendevano ad acquisire imprese non collegate al fine di diversificare l’offerta commerciale – oggi uno dei modi attraverso cui è possibile proteggere il core business è concentrarsi su di esso: focalizzare l’attenzione sulle proprie competenze distintive, esternalizzare solo il necessario[1].

Dalla piccola realtà imprenditoriale fino agli organismi statali, ognuno porta in sé un elemento distintivo che rappresenta la funzione più importante all’interno di una realtà di mercato, della società o quant’altro, e tutti possono beneficiare delle conseguenze primarie e secondarie di una piena integrazione tra modelli tradizionali e modelli in outsourcing (cessione a terzi della gestione di alcune fasi del processo produttivo - ritenute non strategiche).

Ecco perché si richiama spesso questa parola inglese poco conosciuta a chi non ha studiato economia. Proprio per illustrare come nel panorama moderno dell’organizzazione aziendale, concentrarsi sull’attività principale della propria azienda non è semplicemente un vezzo o un consiglio motivazionale, bensì l’unico modo per sopravvivere alla competizione e innovare la propria organizzazione interna.

Concentrarsi sulla propria attività principale, quindi, è attualmente l’unico modo per farsi strada tra la forte competizione globale. Il settore tecnologico è solo un esempio. Ma il discorso vale praticamente per qualsiasi tipo di impresa.

Pertanto, non si tratta di un concetto astratto, ma della pietra miliare per il successo di qualsiasi business[2].

Definiti gli obiettivi di un’impresa, scendono in campo strategia e cultura. La prima circoscrive le azioni da intraprendere e pianifica le attività per raggiungere i goal della Company.

Tracciata la strada, la cultura determina il modo in cui la strategia viene eseguita, includendo un set di valori, comportamenti, scelte e convinzioni utili per orientare le risorse lanciate verso il traguardo.

È intuitivo, quindi, come strategia e cultura debbano essere saldamente allineate per consentire una gestione virtuosa, sana e di successo.

Qualsiasi decisione operativa sul proprio business dev’essere preceduta da una riflessione compiuta sulla definizione stessa della propria azienda da un punto di vista strategico; due degli elementi più spesso citati sono la “vision” e la “mission”: con vision intendiamo l’orizzonte sul quale un’azienda si proietta sul lungo termine. Con mission, l’obiettivo che la stessa intende portare a termine sul breve termine.

Identificare correttamente questi due elementi è essenziale per capire su cosa incentrare la propria attività, le proprie forze, i propri investimenti. Senza questi due punti di riferimento non sarà facile capire “dove” andare, e come farlo.

Prendiamo il caso di Southwest Airlines, la più grande compagnia aerea low cost al mondo che, come mission, ha quella di rendere accessibile a tutti un volo aereo. Un’azienda statunitense fondata nel 1967, che ha fatto della propria cultura aziendale una vera killer application, capace di generare una reputazione straordinaria e di garantire 45 anni consecutivi di profittabilità[3].

Una cultura aziendale che richiede ai propri dipendenti uno spirito guerriero, il cuore di un servo e un approccio positivo. L’obiettivo? Restituire ai clienti più di quello che hanno speso per volare.

Il tutto, però, senza impattare sui costi: il low cost, per Southwest Airlines, non è solo una questione strategica, ma anche un tema di cultura (il modo di eseguire la strategia). È proprio a partire dai dipendenti e dal loro comportamento, infatti, che i valori dell’azienda prendono vita e si trasformano in un servizio visibile ai clienti. Per questo, solo chi ha un’attitude semplice e parsimoniosa potrà entrare a far parte del lodatissimo team della compagnia aerea, ottenendo un posto di lavoro. Una destinazione professionale ambitissima, considerato che questa azienda di trasporti vanta un turnover volontario molto basso, che nel 2016 era addirittura inferiore al 2%.

La gestione della relazione con la clientela, intesa in particolare come l'attuazione di politiche commerciali finalizzate alla vendita dei prodotti/servizi, ha sempre rappresentato, e forse negli ultimi anni ancora di più, il core business di una filiale.

Non è un caso che attività cosiddette di "supporto" (o secondarie) siano spesso oggetto di esternalizzazioni. Sulla questione un manager di un primario gruppo bancario ha recentemente affermato che teoricamente ciò che non ha a che fare con la relazione col cliente può essere esternalizzato. Un'affermazione forse troppo categorica ma efficace nel rappresentare la centralità dell'attività commerciale all'interno delle moderne organizzazioni bancarie.

Sviluppare relazioni positive significa parlare col cliente, conoscerlo, acquisire informazioni.

Sembra ormai addirittura superata la contrapposizione tra titolari orientati alla gestione delle patologie del credito (il cui incarico era quello di "fare pulizia") e titolari  "commerciali" e poco attenti al presidio del rischio di credito: la capacità relazionale del titolare è comunque necessaria per un corretto presidio del rischio di credito (spesso un continuo contatto con la controparte affidata, sia azienda che privato, mi permette di intercettare in anticipo segnali di difficoltà), per una efficace gestione dei rischi operativi (c'è modo e modo di gestire un reclamo) e, naturalmente, per una vincente politica commerciale[4].

Strategia e cultura, insieme, poste al centro delle scelte aziendali, promosse direttamente dai vertici e condivise a tutti i livelli.

Ecco la ricetta per un successo di lungo periodo, solido e resistente alle intemperie.

Vincenzo Cimini

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Mon, 7 Oct 2019 18:29:58 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/503/core-business-tra-strategia-e-cultura-aziendale vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Bilancio sociale: Cos’è e come farlo https://www.vincenzocimini.it/post/502/bilancio-sociale-cos-e-e-come-farlo

A parità di risultati economici, due aziende possono avere un impatto molto diverso sul mondo in cui operano. Il bilancio di sostenibilità nasce per questo.

Il bilancio d’esercizio è quel documento che, per legge, l’impresa deve redigere periodicamente per fare una sintesi della sua situazione economico-finanziaria e dei suoi risultati economici. Ma se vogliamo valutare a tutto tondo un’azienda, non ci si può accontentare di costi e ricavi. Ogni impresa si deve interfacciare con il territorio, l’ambiente, i lavoratori: gli stakeholder. Ecco perché, a parità di cifre, due soggetti possono avere un impatto estremamente diverso sul mondo che li circonda. Il bilancio di sostenibilità fonde queste due esigenze e valuta anche questo impatto, positivo o negativo che sia.

 

Green Holding S.p.A, così come le aziende italiane, crede in una comunicazione trasparente delle proprie performance di sostenibilità. Il bilancio di sostenibilità, detto anche bilancio sociale, è un documento che si rivolge a tutti gli stakeholder, o “portatori di interesse”. In altre parole, a tutti coloro con cui l’azienda, in un modo o nell’altro, entra in contatto: non solo gli azionisti ma anche i dipendenti, i clienti, i fornitori, le autorità, i giornalisti, le comunità e associazioni sul territorio. Senza dubbio stiamo parlando di gruppi molto vasti e variegati, ma ogni azienda deve entrare nell’ordine di idee di avere delle precise responsabilità nei confronti di ciascuno di essi. L’azionista infatti ha diritto di essere informato sui margini di profitto, le famiglie che abitano nelle vicinanze di uno stabilimento vogliono sapere se l’aria è salubre o avvelenata dalle ciminiere, i dipendenti sono interessati alle opportunità di formazione e crescita.

 

Il report di sostenibilità viene pubblicato ogni anno, proprio come il consueto bilancio di esercizio. Non esistono ancora delle vere e proprie normative vincolanti, che obblighino a trattare determinate questioni oppure a scegliere certi indicatori. Esistono però delle linee guida condivise a livello internazionale, come quelle del Global reporting initiative.

A metà ottobre 2016 il Global reporting initiative (Gri) ha pubblicato i suoi nuovi standard, che sostituiranno del tutto i precedenti a partire dal 1 luglio 2018. Si tratta di 36 linee guida da seguire per fare relazioni trasparenti e corrette su una lunga serie di temi: le emissioni di gas serra, l’impronta idrica, il consumo di energia, le politiche adottate con i lavoratori. Le aziende potranno seguirle tanto per pubblicare un bilancio di sostenibilità a 360 gradi, quanto per stilare relazioni dettagliate su singoli argomenti.

Da poco il bilancio sociale è obbligatorio. Fino a pochi anni fa, il bilancio d’esercizio era un obbligo di legge, mentre il report di sostenibilità era del tutto volontario. In Europa le cose sono cambiate: lo stabilisce la direttiva 2014/95/UE, recepita formalmente alla fine del 2016. Il principio è quello del “comply or explain”: le imprese dovranno rendere note le loro politiche in termini di sostenibilità, oppure dovranno spiegare il motivo per cui non se ne sono occupate. Questa norma non riguarda tutti, ma solo le aziende europee di interesse pubblico o con più di cinquecento dipendenti, il cui bilancio consolidato soddisfi determinati criteri stabiliti dalla legge (il totale dell’attivo dello stato patrimoniale dev’essere superiore a 20 milioni di euro oppure, in alternativa, il totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni deve superare i 40 milioni).

A seconda dei casi, le aziende hanno scelto strade molto diverse per stilare il loro bilancio di sostenibilità ed esporlo al pubblico. Nel 2017, ad esempio, Unipol ha impostato il bilancio sociale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile Onu, spigando come e perché ha lavorato per contribuire a 17 di essi. Carlsberg Italia invece ha focalizzato l’attenzione sul suo nuovo sistema di spillatura con fusti in Pet riciclabile, dettagliandone l’impatto su tutto il ciclo di vita del prodotto. La dirigenza Ikea ha trasformato la presentazione del bilancio di sostenibilità in un tour che ha toccato tutte le città italiane in cui è presente, per entrare nel merito dei risultati di ogni punto vendita. Leroy Merlin, invece, si è incentrata su tre direttrici: la riduzione dell’impatto ambientale, le politiche rivolte ai lavoratori e i progetti di social business, vale a dire quelli in cui rinuncia al guadagno.

I possibili percorsi della responsabilità sociale d’impresa, insomma, sono innumerevoli. E c’è da sperare che, complice l’Europa che d’ora in poi obbligherà a rendicontarli, le aziende siano sempre più disposte a investirci denaro, energie e competenze, proprio come fanno per i tradizionali obiettivi di business.

Ma come si scrive, concretamente, un report di sostenibilità? Qui troverete le 10 regole per il report di sostenibilità[1]:

  1. Scegliere le tematiche giuste su cui rendicontare, cioè quelle davvero rilevanti per l’azienda e per tutti i suoi stakeholder di riferimento.
  2. Non limitarsi (come spesso accade) all’ambiente e all’energia, ma tenere conto degli aspetti ambientali, sociali e di governance (Esg).
  3. Essere sempre trasparenti, chiari e documentati, tanto sui successi quanto sui fallimenti.
  4. Non essere troppo autoreferenziali ma capire qual è il proprio ruolo nel territorio e nella società.
  5. Per ogni obiettivo, trovare e riportare degli indicatori numerici che misurino in modo obiettivo le performance ottenute nel tempo.
  6. Seguire linee guida di reporting internazionali, come quelle del Gri.
  7. Far certificare il proprio bilancio di sostenibilità da un ente terzo.
  8. Aggiornare periodicamente il proprio bilancio di sostenibilità, invece di limitarsi a pubblicarlo una volta l’anno.
  9. Non pubblicare solo un elenco di parole e cifre, ma trasformare il report in uno strumento di comunicazione comprensibile e accattivante.
  10. Coinvolgere attivamente tutti gli stakeholder, spiegando cosa è stato fatto per loro, perché e con quali risultati.
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Mon, 30 Sep 2019 18:51:01 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/502/bilancio-sociale-cos-e-e-come-farlo vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Greenthesis, a NEW dream in an OLD dream https://www.vincenzocimini.it/post/501/greenthesis-a-new-dream-in-an-old-dream

La MIA storia è un po’ LA storia del Gruppo, così è per me e per altri miei colleghi, ambasciatori come me della realtà imprenditoriale che stiamo a rappresentarvi, a raccontarvi.

Oltre 20 anni fa fui “invitato”, anzi meglio dire comandato, ad entrare in azienda dal socio fondatore di Green Holding il Sig. Giuseppe Grossi, quanti bei ricordi, e quante sfide affrontate, non ultima quella di un passaggio generazionale avvenuto con successo, sempre accompagnato comunque dagli stessi valori, dallo stesso DNA d’impresa, pragmatismo, orientamento all’innovazione, al progresso e alla vita delle persone.

A NEW DREAM IN AN OLD DREAM: questo si vuole oggi rappresentare col passaggio al nuovo, al nuovo cha però radici antiche.

Vogliamo, e i risultati più recenti sono lì ad attestarlo, essere i protagonisti di una imprenditorialità e una managerialità capaci di fare business innovando, capaci di fare business anticipando i cambiamenti, con la massima attenzione agli aspetti della salvaguardia ambientale e del capitale umano.

Abbiamo raggiunto risultati davvero soddisfacenti: un fatturato che va oltre i 120 milioni di Euro, un EBITBA intorno ai 24 (20% sul fatturato) e un Utile Netto Finale importante (7 milioni di € ca), ma quello che più conta, è stato aver raggiunto questi obiettivi in coerenza con la STRATEGIA pianificata (azioni intraprese e attività messe in atto per gli obiettivi) e attraverso una CULTURA D’IMPRESA condivisa (set di valori, comportamenti, scelte e convinzioni).

Oggi presentiamo un nuovo logo, una nuova immagine: Greenthesis.

Vincenzo Cimini

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Fri, 20 Sep 2019 17:37:15 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/501/greenthesis-a-new-dream-in-an-old-dream vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Forum a Sabaudia sulla Sostenibilità Energetica e Ambientale https://www.vincenzocimini.it/post/500/forum-a-sabaudia-sulla-sostenibilita-energetica-e-ambientale

Nel Simposio organizzato dalla Green Holding e dalla Ind.Eco., dirigenti d’azienda, tecnici e accademici hanno affrontato i temi della valorizzazione energetica ed ambientale delle fonti rinnovabili ed in particolare di ciò che è scarto, in coerenza con i principi dell’economia circolare

L’energia in nome della sostenibilità, attraverso temi, domande, risposte e soluzioni. Questi sono stati i leitmotiv che hanno legato gli interventi all’interno del simposio SEA – Sostenibilità Energetica e Ambientale, organizzato dal gruppo Green Holding e Ind.Eco a Sabaudia il 13 settembre scorso. Affrontando i temi inerenti la valorizzazione dell’economia circolare con il riutilizzo dei rifiuti, avendo come fine quello di convertire l’energia biochimica presente nei reflui e nei rifiuti in energia rinnovabile; nella sala dell’Hotel Oasi di Kufra si sono alternati accademici, quadri dirigenziali di aziende del settore e figure tecniche per fornire risposte e soluzioni fattive per produrre hic et nunc energia pulita.

Restando pacifico che la produzione di energia e biocarburanti da fonti alternative inserita nell’ottica dell’economia circolare, rappresenta oggi una priorità nazionale e internazionale.

Green Holding e Ind.Eco affrontano questi obiettivi applicando i processi e le soluzioni tecnologiche più all’avanguardia per valorizzare il Biogas estratto dalla discarica  trasformandolo in Biometano “avanzato”, prodotto secondo criteri di sostenibilità ambientale che riducono drasticamente gli impatti sull’ambiente e valorizzano le fonti rinnovabili. L’applicazione di soluzioni tecniche da best practice nell’upgrading e successiva liquefazione del biogas a biometano nonché l’alimentazione energetica dell’impiantistica con l’energia elettrica prodotta da un parco fotovoltaico posto sul sedime della discarica, consentiranno la realizzazione e l’esercizio di una bioraffineria del biogas ad impatto ambientale pressoché nullo.

 

Tra gli interventi registrati ‘Le politiche industriali del Piano Nazionale Integrato Energia Ambiente e i meccanismi di incentivazione FER’ di Luca Di Carlo, Segretario Scientifico di ANEV e Coordinatore GdL Osservatorio Permanente Energia Elettrica dell’Autorità della Regolazione Energia Reti e Ambiente – ARERA, ‘Le politiche internazionali nella gestione integrata e sostenibile dei rifiuti solidi urbani e industriali’ di Giovanni Bozzetti, Università Cattolica del Sacro Cuore; ‘Il controllo degli odori e la mitigazione degli impatti ambientali negli impianti industriali’ di Vincenzo Naddeo, Università degli Studi di Salerno, ‘La gestione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Soluzioni tecnologiche e processi a confronto’ di Bernardo Ruggeri, Politecnico di Torino, ‘Il compostaggio: stato dell’arte e problematiche di gestione degli impianti’ di Tiziano Zarra, Università degli Studi di Salerno, ‘H2G: Biogas e Idrogeno. Soluzioni avanzate per le rinnovabili del futuro’ di Flavio Rosa, Università di Roma La Sapienza, ‘Tecniche di upgrade dal biogas a biometano’ di Roberto Zocchi, Green Holding S.p.A., ‘Nuove frontiere per l’implementazione dell’economia circolare. Caso studio: il recupero e la valorizzazione della filiera dell’alluminio’ di Olivo Foglieni, Presidente del Gruppo FECS e Vincenzo Cimini, CEO Green Holding S.p.A., ‘Nuove tecnologie per l’applicazione della Green Economy Caso studio: una JV internazionale’ di Damiano Belli, CEO Ambienthesis S.p.A., e infineCenni su aspetti di fiscalità internazionale’ di Guido Lenzi, Studio Puri Bracco Lenzi.

Riportiamo qui alcuni interventi abbracciati all’interno del SEA.

“Nel corso degli ultimi 30 anni la comunità europea e i paesi membri sono stati coinvolti a vario titolo in un percorso di maggior attenzione alle politiche ambientali e al potenziamento di un’economia circolare che ha permesso alle aziende di sviluppare tecnologia e soprattutto know-how operativo in tutte le fasi di gestione dei rifiuti in un percorso di miglioramento continuo – ha detto nel suo intervento Damiano Belli, ceo della Ambienthesis spa - . Oggi molti paesi hanno ampliato i propri sistemi industriali senza pensare alle ricadute ambientali e sociali di una crescita senza controllo, trovandosi oggi a rincorrere temi di sviluppo sostenibile e di recupero di gap tecnologico sui temi ambientali. Così la Cina, per necessità oggettive, o gli Emirati Arabi Uniti, per precisa volontà politica, si trovano oggi a dover colmare tale gap con il trasferimento di sapere per impostare un aggiornamento della politica industriale ed urbana sostenibile. E’ bene sottolineare che, in accordo con il partner, per trasferimento di sapere non si intende la vendita di macchine prodotte in Europa che trattino rifiuti negli UAE bensì la costruzione di un percorso cosciente che trasferisca know-how ed esperienza gestionale da parte di Ambienthesis, sviluppata in oltre 30 anni di attività, permettendo alla JV di costruire un modello ambientale sostenibile a supporto della crescita industriale del paese. Questo sia attraverso l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e sperimentate, sia, e soprattutto, con il trasferimento di processi gestionali che partano dalla minimizzazione del quantitativo di rifiuti prodotti sino al loro recupero in cicli industriali per la loro valorizzazione attraverso la gestione a smaltimento delle sole frazioni effettivamente non recuperabili e dotandosi dei più moderni asset impiantistici”.

 

 

Una svolta potrebbe essere indicata nel Decreto 2 marzo 2018, noto come Decreto Biometano. Il decreto mira a dare un concreto impulso al settore biogas focalizzandosi su un ambito di intervento ritenuto prioritario per il sistema nazionale, quale quello del raggiungimento del target di biocarburanti da utilizzare nel settore dei trasporti entro l’anno 2020. L’obbligo di immissione in consumo di biocarburanti, attualmente pari al 7% del totale, riguarda solo benzina e gasolio; al 2020 l’obbligo salirà al 9%, di cui almeno l’1% dovrà essere coperto da biocarburanti avanzati. “In questo senso il biometano potrà fornire un contributo importante proprio in virtù del riconoscimento di biocarburante avanzato – ha sottolineato Roberto Zocchi, ingegnere del gruppo Green Holding – L’Italia è il primo mercato europeo per l’uso di metano per autotrazione e vanta un parco circolante di quasi 1 milione di autoveicoli a metano (circa il 2,4% del totale). Attualmente sul mercato nazionale del metano per autotrazione operano circa 1.250 distributori stradali con un erogato di circa un miliardo di metri cubi. Esiste poi anche un mercato “extra-rete”, principalmente dedicato a flotte di trasporto pubblico, per un consumo di circa 90 milioni di metri cubi/anno. Inoltre, si sta sempre più affermando l’impiego del GNL (gas naturale liquefatto) nel settore del trasporto pesante. Sono già in esercizio oltre 30 distributori, molti altri sono previsti di prossima apertura e, in quest’ambito, la possibilità di impiego del bio-GNL (biometano liquefatto) è un’opportunità molto promettente. Le tecnologie per la purificazione del biogas (UPGRADING) e produzione di biometano sono ormai consolidate e ampiamente diffuse già da anni in diversi paesi europei e nel nord America”.

Passando a casi specifici, che abbracciano sempre le nuove frontiere per l’implementazione dell’economia circolare, ecco l’esempio del recupero e della valorizzazione della filiera dell’alluminio, tema trattato congiuntamente da Olivo Foglieni, Presidente del Gruppo FECS e Vincenzo Cimini, CEO Green Holding S.p.A. Un’iniziativa di rigenerazione ambientale sociale e culturale dall’acronimo AFORED, predisposto dal Commissario Straordinario per gli interventi urgenti di bonifica e riqualificazione di Taranto nonché con le opzioni di fondo del Piano di Sviluppo Strategico ZES Ionica, in cui promuovere e sviluppare nuovi modelli di produzione basati sul paradigma dell’economia circolare e sui principi della riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali, del riciclo e del riutilizzo di scarti e sottoprodotti. AFORED sta per Ambiente, spazio e contesto nel/col quale si vive, FOrmazione, per generare processi di conoscenza, Ricerca, per fornire strumenti utili a costruire un futuro sostenibile, Educazione. Così il PROGETTO BELLAVISTA, promosso da Gruppo Green Holding e FECS Group, rispettivamente leader nazionali nel settore della riqualificazione ambientale e player primario della gestione del ciclo dell’alluminio, in sintonia con le linee guida di valorizzazione territoriale dell’Autorità Portuale di Taranto, mira alla realizzazione di un impianto a tecnologia avanzata per il recupero dell’alluminio da localizzarsi nell’area retroportuale di Taranto.

Il Progetto consiste nella realizzazione di un impianto innovativo per il recupero, il riciclo e la valorizzazione di scarti, rottami e sottoprodotti in alluminio. La proposta impiantistica si avvale dell’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e lo sfruttamento di un brevetto europeo.

 

Vincenzo Cimini

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Tue, 17 Sep 2019 17:34:21 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/500/forum-a-sabaudia-sulla-sostenibilita-energetica-e-ambientale vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Innovazione e occupazione nell’economia circolare: la situazione in Europa https://www.vincenzocimini.it/post/499/innovazione-e-occupazione-nell-economia-circolare-la-situazione-in-europa

Per la creazione di posti di lavoro, la crescita economica e la competitività in scala internazionale non si può prescindere dall’economia circolare. Innovazione e investimenti su eco-design, impiego di materie prime seconde, processi di riciclaggio e simbiosi industriale, ne rappresentano un elemento chiave.

Eurostat ha fornito una chiara visione degli impatti economici della “circular economy”, quelli cioè generati nei settori del riciclaggio, della riparazione e del riutilizzo. È bene tener presente che, come ci avverte la Commissione Europea, questi settori rappresentano solo un sottoinsieme del complessivo impatto economico dell’economia circolare, che in realtà pervade in maniera diffusa anche altri settori, ma che purtroppo risulta difficile da isolare.

Data l’importanza centrale dell’innovazione nella trasformazione di un’economia da lineare a circolare, sono stati creati degli indicatori in grado di monitorare la competitività e l’innovazione dei settori della circular economy. Una valutazione dell’innovazione e dei progressi tecnologici può essere fatta attraverso le statistiche sui brevetti. L’indice di eco innovazione mira a catturare i diversi aspetti dell’eco innovazione applicando 16 indicatori raggruppati in cinque dimensioni: input di eco-innovazione, attività di eco-innovazione, risultati di eco-innovazione, efficienza delle risorse e risultati socio-economici[1].

Nel 2014 nell’Unione europea sono stati depositati 338 brevetti, di cui complessivamente quasi il 50% dalla Francia (83, pari al 25%) e dalla Germania (75, pari al 22%). Per l’Italia l’indicatore ha assunto il valore di 15 (il 4% del totale), collocandosi al 6° dopo Francia, Germania, Paesi Bassi (16), Spagna (20), Regno Unito (22) e Polonia (28).

Per ciò che riguarda l’input di eco innovazione, ovvero la misurazione degli investimenti per le attività di eco innovazione realizzate da aziende, organizzazioni di ricerca e altre istituzioni, l’Italia segna una posizione arretrata, risultando al 17° posto nell’UE. I Paesi che, secondo la Commissione europea, si dimostrano leader nell’input di investimenti per l’eco innovazione sono la Finlandia (200), la Germania e Danimarca (178), la Svezia (166), la Slovenia (141) e la Francia (118).

C’è da segnalare comunque che non sempre ad un input corrisponde un output nell’eco-innovazione. La maggior parte dei Paesi mostrano una relazione lineare tra input e output dell’innovazione, ma vi sono delle anomalie: Spagna e Grecia che con input inferiori alla media riescono ad avere output in linea coi Paesi leader. Il Lussemburgo raggiunge l’output maggiore tra tutti i Paesi dell’UE e Cipro che, viceversa, con l’input più basso ottiene un indice di output medio.

Un altro indice importate nella misurazione del processo verso un’economia circolare è l’indicatore di occupazione, ottenuto dalla percentuale del numero di persone occupate in alcuni settori dell’economia circolare rispetto all’occupazione totale per permettere la comparazione tra Stati. I settori dell’economia circolare presi in considerazione sono quelli del riciclo, della riparazione e riutilizzo.

Nel 2016 nell’Unione europea le persone occupate nei settori dell’economia circolare presi in considerazione sono 3,9 milioni, mentre in Italia 510.000, attestandosi seconda dopo la Germania (641.000 occupati). Se però si analizza il dato in percentuale rispetto al totale degli occupati, nell’Unione europea le persone occupate sono l’1,71% dell’occupazione totale, mentre in Italia rappresentano il 2,08%, valore superiore alla media europea, ma inferiore a quello registrato in Lettonia (2,89%), Lituania (2,71%), Polonia (2,21%) e Croazia (2,19%).

Al netto di questi indicatori l’Italia negli ultimi anni si è attestata in vantaggio rispetto alle cinque grandi forze economiche europee con un indice di circolarità del 103. Seguono poi Regno Unito (90 punti), seguito da Germania (88), Francia (87) e Spagna (81). Tuttavia la nostra corsa verso i traguardi della circolarità rischia di rallentare, mentre quella degli altri grandi Paesi del continente sta prendendo slancio[2].

L’Italia, in confronto alle valutazioni 2018, ha infatti conquistato solo 1 punto in più (l’anno scorso l’indice complessivo di circolarità era di 102 punti), mentre ci sono Paesi che hanno raggiunto risultati più proficui: la Francia, per esempio, che aveva totalizzato 80 punti ne ha aggiunti 7; o la Spagna, che ha scalato la classifica partendo dai 68 punti della scorsa annualità, guadagnandone ben 13.

Vincenzo Cimini


[1] Si veda il Rapporto sull’Economia Circolare in Italia 2019, Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

[2] Rapporto sull’economia circolare in Italia nel 2019, Circular Economy Network (https://circulareconomynetwork.it/rapporto-economia-circolare/).

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Wed, 4 Sep 2019 19:47:05 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/499/innovazione-e-occupazione-nell-economia-circolare-la-situazione-in-europa vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
I sustainable development goals e gli obiettivi per un futuro ecosostenibile https://www.vincenzocimini.it/post/498/i-sustainable-development-goals-e-gli-obiettivi-per-un-futuro-ecosostenibile

Il 2030 sarà un anno cruciale per il mondo. Nel 2030 potremmo fermarci e fare un bilancio del nostro operato in merito alle iniziative e alle attività intraprese in materia di sostenibilità ecologia e benessere dell’uomo.

Nel 2015 gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno scritto, firmato e condiviso un modello, l’Agenda 2030, creato per la pace e la prosperità delle persone e del pianeta, per il presente e in vista del futuro. Al centro ci sono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e i 169 sotto-obiettivi, che sono un invito urgente all'azione da parte di tutti i paesi, sviluppati e in via di sviluppo, ad un partenariato globale. Devono andare di pari passo con strategie che migliorano la salute e l'istruzione, riducono la disuguaglianza e stimolano la crescita economica, affrontando i cambiamenti climatici e lavorando per preservare oceani e foreste[1].

Gli OSS hanno validità universale (ovvero, ogni Paese deve fornire il proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi) e si basano su decenni di lavoro tra i singoli Stati e le Nazioni Unite, in collaborazione con il Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari Economici e Sociali.

Nel giugno 1992, all’Earth Summit tenuto a Rio de Janeiro, in Brasile, oltre 178 Paesi hanno adottato l'Agenda 21, un piano d'azione globale per lo sviluppo sostenibile al fine di migliorare la vita umana e proteggere l'ambiente. Nel 2000 gli Stati membri hanno adottato all'unanimità la dichiarazione al Millennium Summit che si è svolto presso la sede delle Nazioni Unite a New York e ha portato all'elaborazione di otto obiettivi di sviluppo (OSM) per ridurre la povertà estrema entro il 2015.

La dichiarazione di Johannesburg e il piano di attuazione adottati al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile in Sudafrica nel 2002, hanno ribadito gli impegni della comunità globale nei confronti della povertà e dell'ambiente.

Alla conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (Rio + 20) a Rio de Janeiro del 2012, gli Stati hanno adottato il documento finale "The Future We Want".

Nel 2013, l'Assemblea generale ha istituito un gruppo di lavoro aperto composto da 30 membri per sviluppare una proposta sugli OSS e nel 2015 ha avviato il processo di negoziazione nell'agenda di sviluppo post 2015. Il processo è culminato nell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, con 17 SDG al centro, al vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile di settembre 2015.

Quello è stato un anno di riferimento per il multilateralismo e la definizione delle politiche internazionali, con l'adozione di numerosi importanti accordi: Sendai Framework for Disaster Risk Reduction; l’agenda di azione di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo.

I 17 SDG prevedono nello specifico di: porre fine a ogni forma di povertà nel mondo; porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile; assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età; fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e oportuità di apprendimento per tutti; raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze; garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igenico-sanitarie; assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni; prmuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti; infrastrutture resistenti, industrializzazione sostenibile e innovazione; ridurre le disuguaglianze; rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili; garantire modelli sostenibili di produzione e consumo, promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere i cambiamenti climatici; conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile; proteggere, ripristinare e favorire un uso sostnibile dell’ecosistema terrestre; pace giustizia e istituzioni forti; rafforzare i mezzi di attuazione degli obiettivi e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

Ottenere dei miglioramenti per il raggiungimento degli obiettivi nel giro di quindici anni non sarà un’impresa facile. Ma la precedente esperienza, fondata su degli obiettivi globali prefissati, ci ha dimostrato che è un metodo che funziona. Gli Obiettivi per lo sviluppo del Millennio del 2020 hanno migliorato le vite di milioni di persone. La povertà globale continua a decrescere; sempre più persone si sono viste garantire l'accesso a fonti migliori d'acqua; un maggior numero di  bambini frequenta le scuole elementari; e una serie d'investimenti mirati alla lotta contro la malaria, l'Aids e la tubercolosi hanno salvato milioni di persone[2].

Oggi, la divisione per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (DSDG) del Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UNDESA) fornisce un sostegno sostanziale e lo sviluppo di capacità per gli OSS e le relative problematiche, tra cui acqua, energia, clima, oceani, urbanizzazione, trasporti, scienza e tecnologia. Il DSDG svolge un ruolo chiave nella valutazione dell'attuazione a livello di sistema delle Nazioni Unite dell'Agenda 2030 e sulle attività di patrocinio relative agli OSS. Al fine di trasformare in realtà l'agenda 2030, l'ampia proprietà degli OSS deve tradursi in un forte impegno nei confronti delle parti interessate per attuare gli obiettivi globali.

Vincenzo Cimini

[1] Per approfondimenti consultare la piattaforma informativa del sito dell’ONU alla voce Sustainable Development Goals (https://sustainabledevelopment.un.org/?menu=1300).

[2] Obiettivi di sviluppo sostenibile, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (https://www.aics.gov.it/home-ita/settori/obiettivi-di-sviluppo-sostenibile-sdgs/).

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Mon, 12 Aug 2019 17:25:43 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/498/i-sustainable-development-goals-e-gli-obiettivi-per-un-futuro-ecosostenibile vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Anche i manager si innamorano della blockchain https://www.vincenzocimini.it/post/497/anche-i-manager-si-innamorano-della-blockchain

La blockchain viene considerata la tecnologia del momento anche dalle aziende. Secondo una ricerca di Ipsos per Digital 360[1], questa realtà è conosciuta dall'85% delle imprese e dal 20% degli italiani. I manager insomma ne avrebbero compreso il suo potenziale per lo sviluppo aziendale, anche perché già esistono casi di successo in cui questa tecnologia è stata utilizzata in vari settori come modalità di certificazione.  I dati sono stati presentati nel corso di Blockchain Business Revolution, l’evento di Digital360 su vantaggi e rischi di questa tecnologa, giunto alla terza edizione, aperto ad esperti, docenti e manager per spiegare i benefici, la legislazione, le competenze richieste e i potenziali problemi dei progetti di blockchain, a partire dalla presentazione dei casi concreti di applicazione nei diversi settori, come l’industria, l’agrifood, le assicurazioni, la logistica, l’immobiliare, la pubblica amministrazione, l’energia, i pagamenti, fino alla gestione dei documenti e all’e-voting.

Ma cosa si intende esattamente per blockchain? Letteralmente questa espressione significa “catena di blocchi”, quindi una struttura immutabile condivisa: una sorta di database gestito da una rete di nodi, ognuno dei quali ne possiede una copia privata. L'aggiunta di nuovo blocco è globalmente regolata da un protocollo condiviso. Viene quindi paragonata alle banche dati ed ai registri gestiti in modo centralizzato da autorità riconosciute e regolamentate come banche o pubbliche amministrazioni, rappresentandone una conveniente alternativa per costi, sicurezza e affidabilità.

Particolarmente interessante lo spaccato emerso dalla ricerca Ipsos “Dalle cryptocurrency al Made in Italy: l'immagine e le potenzialità della blockchain”, che ha indagato la prospettiva delle persone e delle imprese sulla blockchain attraverso 850 interviste tra la popolazione italiana e 200 tra manager di aziende di diversi settori. Secondo la ricerca «il 20% degli italiani è informato su cosa sia la blockchain, il restante 17% ne ha sentito parlare ma non sa bene di cosa si tratti, il 62% non l’ha mai sentita. La percentuale di chi conosce la tecnologia sale all’85% tra le aziende, per cui ormai risulta un tema ampiamente dibattuto, con appena il 4% dei manager che non ne ha mai sentito parlare. Tra chi la conosce, la blockchain è vissuta come un’opportunità: il 53% della popolazione italiana la ritiene importante per sé e per la propria vita, il 68% per lo sviluppo economico del Paese. Tra i manager d’azienda, addirittura, il 72% ritiene che la blockchain sia importante per la propria vita, il 79% la giudica importante per lo sviluppo economico del Paese». In base alle risposte fornite dai cittadini la trasparenza, l'apertura, la velocità e la sicurezza sono le peculiarità più apprezzate della blockchain. Viene considerata particolarmente utile per eseguire transazioni monetarie e finanziarie (43%), per la cyber security (33%), per la burocrazia e pubblica amministrazione (29%). Anche per i manager al primo posto ci sono le transazioni monetarie e finanziarie (71%), mentre al secondo posto balza la gestione della Supply chain e distribuzione (50%) e la burocrazia (47%). Sorprendentemente i manager non mettono al primo posto la competenza tecnologica come basilare per utilizzare la blockchain all'interno dell'azienda mentre invece ritengono necessarie le competenze organizzative e di conoscenza dei processi.  «La blockchain è ormai uscita dalla fase delle promesse per diventare una realtà per il business -  ha commentato a margine del convegno, Andrea Rangone, Amministratore Delegato di Digital360 - è positiva la crescita di interesse e di consapevolezza tra gli italiani che lascia presagire un’ulteriore spinta nel prossimo futuro. Anche se ancora pochi hanno compreso fino in fondo il grande potenziale che è in grado di esprimere in termini di creazione di nuovi modelli di business, come uno dei pilastri della rivoluzione digitale. Il ruolo delle istituzioni e della politica su questi temi è estremamente importante: è positivo che il nostro paese sia tra i primi a disciplinare a livello giuridico gli smart contract e ad avviare un processo di regolamentazione. Ed è significativa l’iniziativa del MISE che ha fatto partire due gruppi di esperti dedicati a blockchain e Intelligenza Artificiale, per favorire lo sviluppo della conoscenza e di applicazioni concrete».

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Mon, 8 Jul 2019 19:01:38 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/497/anche-i-manager-si-innamorano-della-blockchain vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
L’Ue mette al bando la plastica monouso: stop dal 2021 https://www.vincenzocimini.it/post/496/l-ue-mette-al-bando-la-plastica-monouso-stop-dal-2021

La plastica monouso è ufficialmente bandita negli Stati dell'Ue. Il Parlamento Europeo ha infatti approvato definitivamente la direttiva[1] che vieta numerosi articoli monouso. 560 i voti favorevoli, 35 contrari e 28 gli astenuti.

Dal 2021 sanno vietati i piatti di plastica monouso, i bastoncini cotonati fatti di plastica, i bastoncini di plastica per palloncini, le posate di plastica monouso come forchette, coltelli, cucchiai e bacchette, le plastiche ossi-degradabili, i contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso. Inoltre il 90% delle bottiglie di plastica dovrà essere raccolto dagli Stati membri entro il 2029. Le stesse bottiglie di plastica dovranno contenere almeno il 25% di contenuto riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030.

Le nuove norme stabiliscono inoltre l'obbligatorietà dell'etichettatura informativa sull'impatto ambientale dovuto alla dispersione in strada delle sigarette con filtri di plastica. Ciò dovrà valere anche per altri prodotti come bicchieri di plastica, salviette umidificate e tovaglioli sanitari. Viene inoltre introdotta la responsabilità estesa dei produttori che dovranno garantire i costi della raccolta: chi inquina paga, si potrebbe sintetizzare. La nuova normativa europea trae origine dall'allarmante dato riguardante i rifiuti marini: oltre l'80% di essi è costituito da plastica. I prodotti banditi costituiscono il 70% di tutti i rifiuti marini e dunque una volta a regime, questa legge dovrebbe portare ad un sensibile miglioramento delle condizioni ambientali ed un minore inquinamento. A causa della sua lenta decomposizione, la plastica si accumula nei mari, negli oceani e sulle spiagge di tutto il mondo. I suoi residui vengono ingeriti dalle specie marine (come tartarughe, foche, balene e uccelli, ma anche dai pesci e dai crostacei) e sono quindi presenti anche nella catena alimentare umana, finendo nelle nostre tavole.

Secondo la  relatrice Frédérique Ries, con questa nuova direttiva si «ridurrà il danno ambientale di 22 miliardi di euro, il costo stimato dell'inquinamento da plastica in Europa fino al 2030. L'Europa dispone ora di un modello legislativo da difendere e promuovere a livello internazionale, data la natura globale del problema dell'inquinamento marino causato dalle materie plastiche. Ciò è essenziale per il pianeta».

Sono anche previsti incentivi al settore industriale per lo sviluppo di alternative alla plastica meno inquinanti.  Gli Stati membri dovranno anche sensibilizzare i consumatori rispetto all'incidenza negativa della dispersione nell'ambiente dei prodotti. «Voto storico al Parlamento Europeo – ha commentato il ministro all'Ambiente italiano Sergio Costa[2] -  il cammino per arrivare allo stop della plastica monouso in Ue è realtà. Ci attiveremo immediatamente per il recepimento della direttiva in Italia.  Adesso sarà nostro compito valutare con attenzione i parametri imposti dalla Direttiva Europea e applicarla nel più breve tempo possibile. La plastica monouso è dannosa, va abolita e messa al bando senza esitazione». Il problema della plastica in mare è purtroppo una vera e propria emergenza: sono circa 731 le tonnellate di plastica che ogni giorno sono riversate nel Mar Mediterraneo, di cui 90 tonnellate solamente nei mari italiani. Nel resto del mondo la situazione è ancora peggiore: esistono delle vere e proprie isole di plastica che hanno all'anno. L'effetto su mari ed oceani è catastrofico.

Per cercare di risolvere questo grave problema in 14 porti italiani è entrato in funzione Seabin[3], un particolare dispositivo in grado di raccogliere mediamente mezza tonnellata all'anno di plastica, ma soprattutto le microplastiche invisibili. Si tratta di una sorta di  un cestino galleggiante che risucchia e raccoglie i rifiuti dall’acqua tra cui le microplastiche: è risultato efficace soprattutto in aree come i porti, dove si accumulano i detriti. Rimane attivo tutti giorni ed è un progetto che si sta sviluppando rapidamente, entro giugno i porti saranno 33, comprese darsene cittadine e laghi, 47 entro la fine dell'estate, e arriverà presto anche in altri Paesi Europei. L'idea è nata grazie a due ragazzi australiani, poi perfezionata da una multinazionale francese e dal team di esperti del progetto speciale "LifeGate PlasticLess" presentato ufficialmente nel giugno 2018 in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani.

Vincenzo Cimini

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Mon, 1 Jul 2019 18:52:58 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/496/l-ue-mette-al-bando-la-plastica-monouso-stop-dal-2021 vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Keep Clean and Run, l’evento di Cariplo come esempio di impegno civico https://www.vincenzocimini.it/post/495/keep-clean-and-run-l-evento-di-cariplo-come-esempio-di-impegno-civico

Dal 4 al 10 maggio scorso, lungo lo scorrimento del fiume Po, ha avuto piede la sesta edizione del Keep Clean and Run, l’iniziativa di cleanup e di sensibilizzazione ambientale che ha coinvolto runners e bikers nella raccolta dei rifiuti abbandonati lungo il principale fiume d’Italia contribuendo notevolmente a sensibilizzare sportivi e non verso il gravissimo problema dell’abbandono dei rifiuti. Partita proprio dal Parco Indro Montanelli, luogo che ospita nei suoi pressi la sede della Fondazione Cariplo, questa iniziativa ha contato quest’anno sul volto di Roberto Cavallo come testimonial dell’impegno civico, oltre che su quello di Barbara Degani, ex sottosegretario del Ministro dell’Ambiente e fervente supporter dell’occorrenza fin dalla sua prima edizione del 2015.

Intervistata nel corso della giornata inaugurale, il Direttore Area Ambiente di Fondazione Cariplo Elena Jachia ha dichiarato come “oggi più che mai è necessario sostenere un cambio delle abitudini di consumo legate ai prodotti usa e getta, accompagnando i processi di transizione verso l’economia circolare. Per questo, oltre a sostenere l’iniziativa Keep Clean And Run, la Fondazione ha lanciato il nuovo bando Plastic Challenge, che sosterrà iniziative finalizzate alla riduzione dei rifiuti in plastica monouso, agendo sul cambiamento dei modelli di consumo e delle abitudini di acquisto da parte di cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese, e sulla valorizzazione delle filiere di riuso, recupero e riciclo”.

La corsa, partita dal Monviso, il Re di Pietra, e conclusa a Pila, nel Delta del Po, ha visto questi particolari atleti ecosostenibili percorrere ben sette tappe lungo il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto per un totale di 730km, durante i quali i partecipanti hanno manifestato il loro senso civico contribuendo alla pulizia delle sponde dai vari materiali inquinanti che si trovavano lungo la strada.

L’evento è stato anche promosso dall’Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale (AICA) in collaborazione e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ed è stato presentato a Roma in presenza di Ministri, rappresentanti dei Comuni coinvolti nel percorso, degli sponsor e del volto della Rai Lucia Cuffaro, con l’ultramaratoneta Giorgio Calcaterra a farne da testimonial istituzionale.

Lungo il tragitto l’organizzazione ha provveduto a predisporre una serie di tappe intermedie dove “la popolazione, a partire da scuole, famiglie e associazioni del territorio”, come si legge sul sito ufficiale dell’evento, “sarà invitata a partecipare a eventi di pulizia del territorio e/o incontri, durante i quali verranno presentate le finalità dell’iniziativa e la campagna europea, concentrandosi poi sui dati legati all’azione di contrasto all’abbandono dei rifiuti”.

Il principale scopo dell’iniziativa è stato, come sempre, quello di sensibilizzare la popolazione circa il non più procrastinabile fenomeno del littering e le sue catastrofiche ripercussioni per quanto riguarda l’inquinamento delle acque e il problema delle microplastiche presenti nell’ecosistema. Come si legge dallo stesso sito, infatti, “la scelta di incentrare l’evento sportivo negli eco-sistemi montano e marino […] nasce dalla consapevolezza che oltre il 75% dell’inquinamento dei mari ha origine nell’entroterra e viene trasportato dai fiumi”.

Per approfondire questo importantissimo tema, quindi, hanno accompagnato gli ecorunner anche un team di specialisti guidati dal giornalista e ricercatore Franco Borgogno, autore tra le altre cose del volume Un mare di plastica edito da Nutrimenti (un reportage indispensabile rivolto al catastrofico inquinamento del Polo Nord), che hanno provveduto a monitorare le acque del Po attraverso una graduale raccolta di campioni e ad elaborare, in questo modo, dati scientifici volti a provare lo stato d’inquinamento di quello che è il nostro fiume più importante.

Attraverso la partnership di importanti realtà nazionali quali Tetra Pak, Mercatino, Fise Assoambiente, Utilitalia, Greentire, Comieco, Ricrea, Corepla, Coreve, CiAL e CONAI, oltre al supporto tecnico di E.R.I.C.A. Soc. Coop. e l’endorsement del Comitato promotore nazionale della SERR (Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti) composto da Comitato UNESCO, ANCI, Utilitalia, Legambiente e Città Metropolitane di Roma Capitale e di Torino, quindi, l’evento è stata un’occasione importante per dare anche risalto a tutte le esperienze e le filiere che si occupano della gestione del settore dei rifiuti in maniera virtuosa e pioneristica, potendo contare in Italia su alcune delle eccellenze di innovazione e di sviluppo[1].

Questa iniziativa, dunque, rappresenta uno splendido esempio di comunicazione multistakeholder in grado di riportare l’impegno civico di istituzioni e imprese in un contesto concreto, fatto di sport e collaborazione. Sarebbe importante, infatti, che tutti i livelli che compongono la nostra società, e l’insieme di realtà che in essa operano e agiscono, si allineino sul tema che fortunatamente in questo momento sta acquistando sempre più risalto: la tutela del nostro ambiente e delle forme di vita che lo popolano.

Vincenzo Cimini

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Mon, 24 Jun 2019 16:57:11 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/495/keep-clean-and-run-l-evento-di-cariplo-come-esempio-di-impegno-civico vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Solo il 9% dell’economia è davvero circolare https://www.vincenzocimini.it/post/494/solo-il-9-dell-economia-e-davvero-circolare

Si parla molto di economia circolare ma siamo ancora piuttosto lontani a livello globale dagli obiettivi di sostenibilità. Secondo  “The Circularity Gap Report 2019”[1], documento stilato dal think tank olandese Circle Economy, il 91% delle risorse utilizzate non proviene da processi di recupero e riciclo ma da attività legate a produzione ed estrazione, quindi completamente al di fuori dai principi di economia circolare. Si può ben dire dunque che l'economia circolare rappresenta il 9% del totale.  Il rapporto è stato presentato durante l’ultimo World Economic Forum di Davos.  Dalle 26,7 miliardi di tonnellate di risorse naturali estratte nel 1970 si è arrivati alle 84,4 del 2015, e senza concrete svolte radicali, nel 2050 si potrebbe arrivare a 184 miliardi di tonnellate, una quota non sostenibile. Delle 92,8 gigatonnellate delle risorse che alimentano oggi l’economia mondiale, appena 8,4 derivano da processi di riciclo, mentre le restanti 84,4 sono risorse vergini. Il documento di Davos conferma i dati fornite dall’Onu: l’economia circolare non sarebbe solamente un mezzo per ridurre del 28% l’uso globale delle risorse, ma anche uno strumento per tagliare contemporaneamente le emissioni di gas serra del 72%. «Chiudere il gap di circolarità – si legge nel rapporto – ridurrà le disuguaglianze di reddito, migliorando l’accesso a beni di base e opportunità. In altre parole, perseguire l’economia circolare è la via per creare un’economia che funzioni per tutti». Servirebbe dunque un tipo di economia che sappia mantenere più avanti nel tempo il valore delle risorse estratte in natura, riuscendo a reimmetterle nei vari cicli produttivi. Il rapporto suggerisce alcune strade per raggiungere questo obiettivo:

 

  • mettere in campo una coalizione mondiale per l’azione, composta da imprese, governi, ONG e accademici, che stili un rapporto annuale sullo stato dell’economia globale e misuri i progressi;
  • sviluppare un obiettivo globale e un’agenda di azione collaborando con le parti interessate, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e quelli di riduzione delle emissioni;
  • tradurre gli obiettivi globali in percorsi locali per il cambiamento circolare;
  • migliorare la nostra comprensione di come differenti leve per il cambiamento circolare influenzino aspetti come il risparmio di materiale, la conservazione del valore e la mitigazione del clima.

 

«Riciclo, maggiore efficienza delle risorse e modelli di business circolari offrono enormi opportunità per ridurre le emissioni – ha spiegato Harald Friedl, Ceo di Circle Economy - un approccio sistemico nell'applicazione di queste strategie avrebbe fatto la differenza nella battaglia contro il riscaldamento globale. Le strategie di cambiamento climatico dei governi si sono concentrate sulle energie rinnovabili, l'efficienza energetica e il contrasto alla deforestazione ma hanno trascurato il vasto potenziale dell'economia circolare. Dovrebbero riprogettare le catene di approvvigionamento fino ad arrivare ai pozzi, ai campi, alle miniere e alle cave,m da dove provengono le nostre risorse in modo da consumare meno materie prime. Questo non solo ridurrà le emissioni, ma favorirà anche la crescita realizzando economie più efficiente»

Il rapporto chiede ai governi di agire per passare da un'economia lineare "Take-Make-Waste" a una circolare in grado di massimizzare l'utilizzo delle risorse esistenti, riducendo al allo stesso tempo la dipendenza da nuove materie prime e riducendo al minimo i rifiuti. Questo estenderà la durata delle risorse esistenti limitandone le emissioni, riducendo la disuguaglianza sociale e favorendo una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale. «Un lavoro enorme resta da fare nelle economie consolidate, dove la priorità è migliorare l'utilizzo delle infrastrutture esistenti. Allo stesso tempo è fondamentale lavorare con le economie emergenti per evitare gli errori commessi in passato. Ora è il momento di sostituire i metodi di costruzione tradizionali con pratiche all'avanguardia»

Vincenzo Cimini

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Tue, 28 May 2019 17:23:59 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/494/solo-il-9-dell-economia-e-davvero-circolare vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Api, sentinelle ambientali, per monitorare la salute delle discariche https://www.vincenzocimini.it/post/493/api-sentinelle-ambientali-per-monitorare-la-salute-delle-discariche

Inquinamento diffuso, cambiamenti climatici, uso di prodotti fitosanitari, ma anche presenza di metalli pesanti e polveri sottili: le api, piccoli ed affascinanti insetti con un potenziale sconosciuto ai molti, rappresentano i guardiani della nostra sopravvivenza e proprio su di loro abbiamo tanto da imparare per indagare lo stato dell’ambiente e dell’aria che respiriamo. Giocano un ruolo essenziale negli ecosistemi come insetti impollinatori, estraggono dal nettare dei fiori un prodotto naturale per eccellenza, ed ora diventano anche delle cosiddette “sentinelle ambientali” in virtù della loro organizzazione sociale e della loro sensibilità, rappresentando alcune tra le specie più affidabili per il ruolo di bioindicatori della qualità dell’aria, le api sono fondamentali anche per la vita dell’uomo e per tal motivo è fondamentale controllarne costantemente la salute. Questi insetti vengono scelti proprio perché riescono a monitorare tutti i comparti ambientali: la vegetazione, le particelle sospese nell’aria dove volano, l’acqua dove bevono, il suolo dove si fermano. Se dopotutto questo insetto è una formidabile macchina per la raccolta del polline, perché non dovrebbe raccogliere anche polvere e sporcizia, e dunque anche le sostanze nocive di cui l’aria è troppo spesso satura, a causa delle attività dissennate di alcuni uomini?

Le api vengono così utilizzate oggi, ad esempio, per misurare la qualità dell’aria come nel progetto “Bee-Kaeser" che usa proprio degli alveari per monitorare l'inquinamento in 20 città italiane (da Milano a Palermo, da Napoli a Bolzano, passando per Torino, Lecce, Bologna e Cuneo), concentrando le proprie indagini sulla presenza di piombo, nichel, cadmio e cromo nei campioni di miele raccolto nelle città analizzate. Non è strano poi neanche in una discarica trovare delle arnie posizionate una di fianco all’altra con all’interno migliaia di api messe lì con il compito di monitorare e verificare la qualità dell’aria che si respira e la salubrità del particolare luogo sensibile e soggetto ad un maggior rischio di inquinamento come può essere quello di un’azienda che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti. L’obiettivo di queste iniziative diventa qui proprio quello di tenere sotto controllo il livello di inquinanti attraverso l’analisi in laboratorio del miele prodotto dalle api, a maggior ragione in un’area critica per via della forte presenza di rifiuti da smaltire, che necessita di continui ed accurati controlli. Il biomonitoraggio delle api rappresenta in questi termini uno strumento innovativo applicato a studi ambientali che permette di verificare le possibili variazioni ecologiche dovute all’effetto di sostanze inquinanti presenti specialmente in aree complesse come quelle di tipo urbano, industriale o agricolo. Esperimenti così mettono alla luce un nuovo ed alternativo modo per  rilevare biologicamente l’inquinamento, modus operandi che negli anni si sta espandendo anche ad altre realtà della penisola. Impossibile non citare qui l’esempio della Società Barricalla che, fra i tanti modi di tenere sotto controllo gli effetti sull’ambiente dell’attività di smaltimento, ha scelto di utilizzare dei bioindicatori quali le api e, fino a ottobre 2016, il mais. Nonostante la situazione difficile in tutta Europa per questi insetti, sensibilissimi a ogni forma di inquinamento, attraverso l’analisi del miele prodotto nel sito interessato, confrontato poi con quello realizzato in una normale zona rurale, si va così alla ricerca di concentrazioni anomale di inquinanti, per assicurare che ogni fase dello smaltimento sia svolta nella maniera più corretta e sostenibile possibile.

Le api sono utilizzate, inoltre, anche per valutare l’inquinamento in un’area degradata come quella della Terra dei fuochi dove sorgono numerose discariche pubbliche ormai chiuse. Analizzando i campioni di cera, miele e le api stesse, si cercano così metalli pesanti, in particolare cadmio e piombo, che sono inseriti nella lista europea degli inquinanti per i quali è richiesta una priorità di indagine. Il progetto “CARA Terra” (Caserta Apicoltura Rilevamento Ambientale) vede così famiglie di api tra le 10 e le 15mila bottinatrici che svolgono nelle loro perlustrazioni circa 10 milioni di microprelievi nell’aria, tra la vegetazione, nell’acqua e sulla terra, su una superficie di circa 7 km quadrati. E così attraverso esami chimici mirati, si controllano gli inquinanti che derivano, in particolare, dalla combustione di rifiuti urbani. Ma le analisi sono state estese anche altri elementi chimici. Si controlla poi tramite le gabbie “under basket” che il numero degli insetti morti negli alveari sia naturale oppure eccessivo, per capire se ci sono fattori esterni che ne compromettono il benessere. Si ottiene così in tempo reale una fotografia dell’inquinamento e delle eventuali variazioni nel corso del tempo. Non è impossibile così trovare ad esempio un apiario con particelle d’oro al suo interno, probabilmente prelevate da discariche di materiale informatico, oppure di di titanio, legate invece a probabili residui bellici della seconda guerra mondiale. Una delle dieci stazioni di biomonitoraggio del progetto è stata posizionata a circa 20 km dall’area ex Pozzi di Calvi Risorta, dove nel 2015 è stata trovata la discarica sotterranea più grande d’Europa (25 ettari per 2 milioni di metri cubi di rifiuti). Un progetto quello di cui si parla che nasce dall’esigenza delle persone di continuare a operare in un territorio ferito da situazioni di carattere ambientale, con un tentativo di riscatto: provare a invertire il calo di vendite di prodotti agricoli, che ha segnato il boom mediatico sulla Terra dei Fuochi e mostrare, con l’aiuto dei dati raccolti tramite le api, la possibile sicurezza alimentare delle coltivazioni. In una relazione conclusiva il direttore scientifico afferma che “nei terreni biomonitorati dalle api non sono state rilevate presenze inquinanti biodisponibili in quantità tali da pregiudicare la sicurezza delle produzioni agroalimentari locali”. Tutti i mieli analizzati qui non presentano valori di elementi chimici superiori a quelli ritenuti accettabili in altri prodotti alimentari, ma per avere un quadro più completo è necessario ripetere il biomonitoraggio per almeno tre anni nella consapevolezza, come affermano gli studiosi, che “indicazioni di maggior valore potranno scaturire solo dall’analisi delle oscillazioni delle quantità di eventuali inquinanti nel tempo”.

Vincenzo Cimini

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Wed, 22 May 2019 18:14:11 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/493/api-sentinelle-ambientali-per-monitorare-la-salute-delle-discariche vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Fattore umano e tecnologia: l’identikit di un CFO di successo https://www.vincenzocimini.it/post/492/fattore-umano-e-tecnologia-l-identikit-di-un-cfo-di-successo

Formazione e sviluppo. Questi gli ambiti in cui i Cfo dovrebbero investire maggiormente per diventare i migliori sul mercato. Ne è convinto Christian Vasino[1], Ceo e fondatore di Chaberton Partners, protagonista nelle scorse settimane di un articolo uscito su “Il Sole 24 Ore”. Secondo Vasino all'interno di un'azienda bisogna applicare il concetto di efficacia e di efficienza, derivanti proprio da una particolare attenzione allo sviluppo delle tecnologie ed alla formazione del personale, per neutralizzare il rischio di obsolescenza che può essere sempre dietro l'angolo. «Per esempio – scrive Vasino -  è molto importante il rapporto Cfo/Risorse umane. I dipendenti sono spesso la voce di costo più alta in azienda, ma identificare il capitale umano come una semplice voce di costo non porta benefici alla crescita. Il Cfo è chiamato a comprendere il valore delle persone e i relativi investimenti necessari per farle rendere al meglio, soprattutto al giorno d’oggi dove le competenze e i talenti sono sempre più difficili da trovare e trattenere». Non c'è dubbio che la spinta innovativa all'interno di una società  sia messa in azione proprio dal personale. Secondo Vasino è assolutamente necessario per un Cfo saper riconoscere la propensione al talento finalizzata al successo all'interno della forza lavoro, altrimenti corre il rischio che il suo team navighi piuttosto svantaggiato e così l'intera azienda. Riconoscere il talento significa non solo saperlo individuare all'interno ma anche essere attrattivi all'esterno, in modo da poter catalizzare il personale più competente e valido di un certo settore. Se invece non scatta questo meccanismo, sarà la concorrenza ad accaparrarsi quella risorsa che magari potrebbe fare davvero la differenza. Questa incapacità di attirare e selezionare i più bravi può dipendere sia da limiti nel processo di selezione od anche, come spesso capita, a causa di investimenti inadeguati. Questo principio non vale solo nell'attirare forze nuove di talento ma anche nel saper trattenere i migliori: partenze di personale valido non generano solo la perdita di un bagaglio preziosissimo di esperienza ma causano anche uno spreco di risorse notevole tra individuazione e formazione del sostituto. Ci si chiede fino a che punto l'intelligenza artificiale ed i robot andranno a sostituire l'operato ed il ruolo umano e quale approccio debba avere un Cfo di successo verso queste dinamiche. Secondo Vasino, la centralità del fattore umano rimarrà indiscutibile. E dunque non sarà con la robotica che si potrà sopperire all'assenza di talento e di tutti quei valori umani di una forza lavoro che può essere in grado di fare la differenza, di essere lo spartiacque tra un successo od un fallimento. Semmai l'automazione e l'intelligenza artificiale saranno particolarmente vantaggiose per consolidare i dati aziendali utilizzando i big data e facilitando la capacità di analisi dei dati, disponibili in tempo reale: le previsioni dunque verranno generate immediatamente e messe a disposizione degli stakeholder o dei capi reparto interessati in modo che le decisioni possano essere prese in modo ancora più tempestivo. Il Cfo del futuro[2] presso una compagnia regtech con sede a Singapore sarà dunque colui che fornirà in tempo reale quegli approfondimenti necessari a creare un valore operativo, grazie al monitoraggio continuo di inventari, flussi di cassa, vendite, ecc. Il ruolo del Cfo dunque continua ad evolvere e la sua rilevanza e crucialità sarà sempre più marcata. «I direttori finanziari più competenti – conclude Vasino -  sono quindi quelli che sanno tradurre i complessi messaggi economici in termini comprensibili per i Ceo, i direttori di altre divisioni, gli investitori, i clienti, i fornitori, i finanziatori e gli analisti che esaminano le prestazioni finanziarie. Ciò che i Cfo raccontano influisce sulla valutazione dell’azienda. Per far fronte alle nuove sfide, il Cfo di oggi deve possedere una padronanza di base del business, mostrare una solida conoscenza dei dati finanziari e relativi al capitale umano, essere in grado di comunicare complessi messaggi finanziari, collaborare in maniera efficiente con i direttori Hr, i Cio e i Ceo. Potremmo quindi dire che l’attuale ruolo del Cfo è quello di colui che tiene in mano i fili di tutta l’azienda. In un mondo così fortemente competitivo, l’ottimizzazione delle risorse finanziarie di una società non può non passare attraverso anche a quella delle risorse umane e tecnologiche. Ogni elemento è strettamente connesso all’altro, e il Cfo è colui che deve fare in modo che queste connessioni funzionino al meglio».

Vincenzo Cimini

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Fri, 17 May 2019 17:18:09 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/492/fattore-umano-e-tecnologia-l-identikit-di-un-cfo-di-successo vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Intelligenza Artificiale, Italia ancora indietro: aziende diffidenti sugli scenari futuri https://www.vincenzocimini.it/post/491/intelligenza-artificiale-italia-ancora-indietro-aziende-diffidenti-sugli-scenari-futuri

Sembra essere il futuro eppure sono ancora pochi gli investimenti da parte delle imprese italiane nel campo dell'intelligenza artificiale: la spesa per lo sviluppo di algoritmi ha raggiunto nel 2018 gli 85 milioni di euro, nonostante le grandi prospettive. Questa la tendenza emersa dalla ricerca dell'Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano[1].

Gli assistenti vocali intelligenti nello scorso anno hanno già generato un mercato da 60 milioni di euro mentre i robot autonomi usati in ambito industriale avevano raggiunto la soglia di valore dei 145 milioni di euro nel 2017. Per quanto riguarda l'impatto sul lavoro, da un lato, il 33% delle aziende intervistate ha dovuto assumere nuove figure professionali qualificate per realizzare soluzioni di AI, dall'altro, il 27% ha dovuto ricollocare personale.

Nonostante i timori sull'utilizzo dei fatidici robot applicati in chiave industriale il bilancio occupazione che emerge dal rapporto sembra essere positivo: nonostante i 3,6 milioni di posti di lavoro a rischio estinzione nei prossimi 15 anni per l'arrivo delle macchina, si prevede un disavanzo positivo di 1,1 milioni di posti. «In questo scenario- sottolinea il rapporto -  (peraltro globalmente diffuso) di progressiva riduzione della forza lavoro, l’AI appare non solo come una opportunità, ma come una necessità per mantenere gli attuali livelli di benessere economico e sociale, riducendo i costi assistenziali necessari a mantenere gli standard di vita, creando nuovi lavori a maggiore valore, per avvicinarsi all’1,5% di tasso medio annuo di crescita della produttivitàÌ€ che sarebbe necessario, nei prossimi 15 anni, per mantenere invariato l’attuale equilibrio socioeconomico del sistema assistenziale-previdenziale del nostro Paese» .Solo il 12% delle imprese ha concluso un progetto di Intelligenza Artificiale in Italia e, di queste, il 68% è soddisfatto dei risultati. Le soluzioni più diffuse sono quelle di Virtual Assistant/Chatbot.

Gli imprenditori italiani sembrano avere una visione ancora confusa dell'intelligenza artificiale: la maggioranza (58%) la associa a una tecnologia capace di replicare completamente la mente umana, mentre solo il 14% ha compreso che invece mira a replicare specifiche capacità tipiche dell'essere umano,  il 35% a tecniche come il Machine Learning, il 31% ai soli assistenti virtuali. «La ricerca evidenzia un mercato dinamico ma ancora agli albori, caratterizzato da una scarsa consapevolezza da parte delle imprese delle opportunità dell’Artificial Intelligence - affermano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Tutti gli attori del mercato devono prendere posto ai blocchi di partenza per una trasformazione di cui non si conoscono ancora appieno le regole e la durata, ma di cui si comprendono già l’enorme portata e le implicazioni».

Come dicevamo però, un po' per diffidenza un po' per una visione non chiara del futuro solo il 12% delle imprese intervistate ha dichiarato di avere un progetto di AI completato mentre l'8% ne ha uno in fase di sviluppo ed il 31% ha avviato progetti pilota. Il 21% ha invece stanziato del budget per concretizzare un’idea progettuale. Il 19% ha un interesse futuro, non ancora concreto (19%) e il 9% non ha alcun interesse (9%). Ma cosa si aspetta chi già ha avviato processi di questo tipo? Il 50% delle aziende ha come obiettivo prefissato il miglioramento dell’efficienza dei processi, ossia in particolare la riduzione dei costi, il 37% l’aumento dei ricavi ed il 13% lo sviluppo di soluzioni per un supporto decisionale.  Solo il 4% dei progetti non ha raggiunto gli obiettivi, mentre il 68% dichiara che le iniziative hanno raggiunto l’esito sperato e, di queste, la metaÌ€ lo definisce “di grande successo” o “disruptive”. Il rimanente 28% non eÌ€ invece ancora in grado di dare un giudizio. «Questi risultati suggeriscono che l’AI non sia solamente una bolla, ma un’opportunità reale per le aziende – rileva Alessandro Piva -. Intraprendere un percorso di adozione di soluzioni di intelligenza artificiale però eÌ€ un processo complesso: nelle fasi iniziali, la realizzazione del business case è l’attività più critica, per difficoltaÌ€ nel valutare i requisiti e il rapporto costi-benefici. Mentre nelle fasi finali è impegnativa la necessaria attività di change management, seguita dall’attività di release & deployment del progetto». Il comparto più attivo è il Banking con il 24% di applicazioni, seguito da Energy, Resources & Utility (13%), Automotive (10%) e Retail (9%). «Con percentuali inferiori si trova un gran numero di altri settori, a testimonianza dell’alta pervasivitaÌ€ dell’innovazione portata dall’Artificial Intelligence, che ben si adatta a qualsiasi contesto – dice Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Proprio perché l’AI si sta preparando a generare un grande impatto sulla società, sono molti i Paesi che hanno già sviluppato o stanno sviluppando dei programmi nazionali finalizzati a competere con successo in questo mercato, tra cui Francia e Germania. Anche nelle aree in cui la tecnologia sia matura, rimane però aperto il problema di coordinare e gestire lo sviluppo di un progetto di AI a causa della sua complessità».

Vincenzo Cimini

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Thu, 9 May 2019 19:21:42 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/491/intelligenza-artificiale-italia-ancora-indietro-aziende-diffidenti-sugli-scenari-futuri vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Per aiutare le piccole e medie imprese scendono in campo i temporary manager https://www.vincenzocimini.it/post/490/per-aiutare-le-piccole-e-medie-imprese-scendono-in-campo-i-temporary-manager

Parte da Parma un progetto interessante ed innovativo per aiutare le piccole e medie imprese nella realizzazione di specifici progetti di crescita, con l'istituzione di un temporary manager. Si tratta di un progetto finanziato da  4.Manager[1], l’associazione costituita da Confindustria e Federmanager a ottobre 2017 con l’obiettivo di contribuire in modo bilaterale allo sviluppo del tessuto produttivo attraverso la diffusione di competenze manageriali di qualità e di una cultura di impresa in grado di intercettare e rispondere alle nuove sfide del contesto economico.

Grazie all’impegno di Unione Parmense degli Industriali e Federmanager Parma, che hanno collaborato alla definizione del bando ottenendo l’approvazione di 4.Manager,  Parma rappresenta il primo test per un progetto di questo tipo. Il finanziamento consente alle piccole  e medie imprese l’inserimento di un temporary manager certificato in grado di affiancare l’azienda per conseguire nel breve periodo risultati positivi nella realizzazione di un progetto strategico riguardante l’intera azienda o una specifica area aziendale: produzione, commerciale, amministrazione, finanza, organizzazione e risorse umane. Le aziende interessate dovranno presentare domanda secondo termini e modalità definite da uno specifico bando: saranno fino ad un massimo di dieci le aziende aggiudicatarie ed i temporary manager sottoscriveranno un contratto avente ad oggetto una prestazione manageriale della durata di 25 giornate lavorative distribuite nell’arco dei 3 mesi, interamente finanziato da 4.Manager. «Nei paesi anglosassoni – dicono da 4.Manager - è una figura nota da decenni: un manager in grado di affiancare un'impresa per il tempo di un progetto, durante un passaggio generazionale, per riorganizzarsi o ancora per esplorare nuovi mercati. Un manager che porta all’impresa quelle competenze specialistiche che spesso nella piccole e medie imprese sono assenti e non permettono di intercettare e rispondere alle nuove sfide del mercato. Un passo concreto per sostenere il tessuto produttivo». D'altronde la continuità e lo sviluppo delle piccole e medie imprese è sempre più condizionato da continui e profondi cambiamenti che aumentano notevolmente il rischio d'impresa. Sempre più spesso gli imprenditori si accorgono che la strategia adottata per far crescere l'azienda potrebbe essere non più idonea a raggiungere gli obiettivi e le sfide dettate dalle nuove condizioni di mercato e di concorrenza. Come dimostrato inoltre da alcune ricerche e sondaggi, nella maggioranza delle imprese italiane non è ancora stato risolto proprio il problema del passaggio generazionale, indispensabile per garantire la continuità aziendale. Senza dimenticare quei momenti della vita aziendale in cui si rende inevitabile mettere in atto strategie innovative e nuovi progetti. Il concetto di temporary management non è comunque nuovo ed anche se con modalità diverse rispetto a quanto lanciato a Parma trova già diversi anni fa le prime applicazioni. Tanto che nel 2016 è stata realizzata da Contract Manager una ricerca in cui sono stati intervistati numerosi imprenditori e manager che hanno utilizzato o che conoscono il servizio di temporary management. Si tratta di una ricerca unica nel suo genere che offre una panoramica sul servizio di temporary management visto dai clienti.  Il temporary management è molto conosciuto in Italia: il 97% ha dichiarato di sapere di cosa si tratti rispetto al 72% del dato europeo. Il 60% delle aziende intervistate ha utilizzato questo tipo di servizio. Per le aziende italiane lo sviluppo commerciale e l'ingresso in nuovi mercati rappresentano le esigenze che hanno scaturito la richiesta (50%), meno per le aziende degli altri paesi (27%). All'origine della scelta ci sono soprattutto i problemi finanziari per il 29% delle aziende italiane. I temporary manager sono stati individuati grazie a società specializzate in questo tipo di settore (57%). Il grado di soddisfazione delle aziende che hanno utilizzato il temporary management è molto alto, raggiungendo il  67% degli intervistati. In Europa gli interventi sono più brevi rispetto al nostro Paese. Gli interventi sotto i 12 mesi rappresentano l'80% in Europa contro il 63% in Italia.  Le aree di intervento più richieste sono state per l'Italia la Direzione Generale con il 24% e l'Amministrazione Finanza e Controllo e le vendite con il 19%. Il temporary management in Italia è servito soprattutto ad affrontare vere e proprie urgenze: passata la tempesta ci si è comunque sempre poi affidati a risorse manageriale interne.  Il grado di soddisfazione è piuttosto elevato e interessanti sembrano essere le prospettive per gli interventi di temporary management a livello internazionale: oltre il 50% degli imprenditori italiani lo consiglierebbe. Questo tipo di servizio sembra non costare poco e infatti questo rappresenta una delle barriere più alte in grado di rallentarne l'utilizzo. Dunque ben venga l'iniziativa di Parma visto che le aziende aggiudicatarie del bando avranno quel costo interamente finanziato.

Vincenzo Cimini

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Thu, 2 May 2019 16:47:27 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/490/per-aiutare-le-piccole-e-medie-imprese-scendono-in-campo-i-temporary-manager vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Economia circolare, Italia prima in classifica ma molto resta ancora da fare https://www.vincenzocimini.it/post/489/economia-circolare-italia-prima-in-classifica-ma-molto-resta-ancora-da-fare

L'Italia finalmente domina in una classifica virtuosa, quella dell'economia circolare. Il nostro Paese è infatti primo in Europa nell'indice complessivo di circolarità delle risorse battendo di diversi punti Regno Unito, Germania, Francia e Spagna. Il confortante dato è emerso nel primo rapporto sull'economia circolare in Italia 2019 realizzato dall'Enea e dal  Circular economy network[1], ossia la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e 13 aziende e associazioni di impresa). L'Italia si posiziona prima sulla produttività delle risorse nel 2017 grazie al maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia: a parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorsa consumata genera 3 € di PIL, contro una media europea di 2,24 e valori tra 2,3 e 3,6 in tutte le altre grandi economie europee. In questo settore però il nostro Paese, non solo non è ancora riuscito a recuperare le performance segnate nel 2014 (3,24 €/kg), ma addirittura rimane sostanzialmente fermo negli ultimi anni. «Questo andamento – sottolinea il rapporto -  da un lato dimostra che l’Italia è in grado di fare di più, dall’altro che negli ultimi anni si è inserito un freno che ha interrotto il trend di crescita che si è registrato fino al 2014. La stessa analisi va fatta per la produttività energetica dove si osserva, anche in questo caso, una sostanziale stasi della crescita: dal 2014 in poi il valore oscilla intorno ai 10,2 €/PIL. È anche vero, tuttavia, che il nostro Paese registra dei valori superiori alla media europea (8,5 €/PIL) e segna il secondo posto tra le prime grandi, ma rispetto alla prima il divario cresce. Si segnala, poi, che riguardo alla quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al consumo totale di energia, l’Italia nel 2017 si pone davanti ai quattro Stati con il (18,3% - GSE) in linea con la media europea. Relativamente al bilancio commerciale tra import ed export di materiali: la tendenza per l’Italia è quella di vedere aumentare – in termini di peso – le importazioni di materiali rispetto alle esportazioni. Il divario in questo caso è dell’ordine di circa 150 Mt. Questo significa che cresce la dipendenza dell’approvvigionamento dall’estero». Il report invita proprio a non adagiarsi, perché l'Italia pur primeggiando sembra in rallentamento mentre altri Paesi stanno prendendo lo slancio grazie al nuovo pacchetto di direttive Ue.

All'interno del rapporto, a prescindere dal risultato complessivo, ci sono luci ed ombre. Guardando ad esempio all'indice sulla produttività totale delle risorse (materiali, acqua, energia e intensità delle emissioni CO2) troviamo un'Italia al primo posto rispetto ai 5 principali Paesi europei e con un indice pari a 180, ben al di sopra della media europea (100). L’indice sui benefici socio-economici totali (export delle eco-imprese, occupazione in eco-imprese ed economia circolare, fatturato in eco-imprese ed economia circolare) mostra, invece, l’Italia al secondo posto, dopo la Germania, con valori di poco superiori alla media europea. Non bene infine nella produzione complessiva dei rifiuti analizzata rispetto al consumo interno dei materiali che raggiunge per l’Italia il valore del 22,7%, contro una media europea del 12,8%. Nel periodo 2004-2014 l’indicatore è cresciuto notevolmente in Italia. Anche con questo forte aumento segna la peggiore performance rispetto alle cinque maggiori economie europee. «In Italia il riciclo dei rifiuti urbani nel 2016 è stato pari a 45,1%, in linea con la media europea e al secondo posto, dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece pari al 67%, nettamente superiore alla media europea (55%) che porta l’Italia al primo posto rispetto alle principali economie europee. Lo smaltimento in discarica per l’Italia è ridotto al 25%, in linea con la media europea, ma con valori ancora elevati rispetto ad altre realtà come la Germania, la Francia e il Regno Unito. In questo comparto era già stato osservato come l’Italia fosse tra le migliori nell’UE. Ciò nonostante alcune criticità da tempo note, come i ritardi di alcuni territori nella gestione dei rifiuti urbani e una non sempre equilibrata distribuzione geografica degli impianti di trattamento. Ultimamente, poi, si è posta l’emergenza End of Waste che non poteva essere registrata dal rilevamento dei dati, in quanto questi si fermano al 2017, ossia un anno prima dell’emergere di questa criticità». Un altro punto debole riguarda il numero di brevetti depositati dalle prime cinque economie europee, relativi al riciclo dei rifiuti. In Italia nel 2015 sono stati depositati solo 15 brevetti, occupando così l'ultimo posto di questa speciale classifica.  Un altro nervo scoperto è rappresentato dal basso livello di eco-innovazione, con il nostro Paese piuttosto indietro rispetto alle economie concorrenti, in particolare il dislivello si nota nei confronti della Germania e della Francia. Un dato che si può interpretare con un troppo  basso livello di stanziamenti pubblici e di investimenti privati in questo settore, così come di lavoratori occupati nella ricerca e nello sviluppo eco-innovativi.

Vincenzo Cimini

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Thu, 18 Apr 2019 17:11:06 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/489/economia-circolare-italia-prima-in-classifica-ma-molto-resta-ancora-da-fare vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Green pragmatism con l’aiuto dei millennials: la sfida del Friday for Future https://www.vincenzocimini.it/post/488/green-pragmatism-con-l-aiuto-dei-millennials-la-sfida-del-friday-for-future

Voglio prendere spunto dal Fridays for Future: tante ragazze e tanti ragazzi scesi in piazza per manifestare a favore di politiche che possano intervenire sui cambiamenti climatici preservando l’ambiente e quindi il futuro di tutti. Li ho visti l’altro giorno mentre sfilavano per le vie cittadine come se stessero facendo la ricreazione fuori dalle proprie scuole, festanti e rabbiosi ma anche maturi e speranzosi, io li ho visti sfilare dalla  aula-convegno di una nuova filiale-concept di Banca Intesa mentre all’interno persone adulte parlavano di business e di rapporti commerciali Italia-Emirati, Milano-Dubai. Le due generazioni erano vicinissime, separate solo dai centimetri dei finestroni di vetro dell’aula-convegno situata al pian terreno di via Cusani, eppure in quel momento sembrava ci fosse una distanza abissale tra loro e noi.

Mi sono venuti in mente due temi e due sfide: il primo quello di come aziende impegnate, come la nostra, sempre ogni giorno, sulle questioni ambientali possano conciliare valori assoluti come quelli gridati e resi, se possibile, ancor più attuali da quella “green generation” con il pragmatismo necessario ogni giorno nel mondo del lavoro e, il secondo tema, come integrare in ambito lavorativo le due generazioni, quella mia e quella dei millennials, quella degli over 40 ricchi di esperienza e di anni sul campo e quella dei giovani iperdigitalizzati ed irrequieti che entrano nelle aziende.

Ma come nasce questa nuova mobilitazione giovanile che ha a cuore così tanto l'ambiente? Il movimento giovanile è nato in modo autonomo nel 2015, aveva iniziato le proprie attività invitando gli studenti di tutto il mondo a non andare a scuola il primo giorno della Conferenza sul clima dell'UNFCCC. Un grande sciopero in oltre cento paesi venne organizzato durante il primo giorno della Conferenza sul clima a Parigi,con più di 50 000 persone coinvolte. Tre erano le richieste: 100% di energia pulita, utilizzo di fonti rinnovabili e aiuti ai rifugiati e migranti climatici.

Il 20 agosto 2018 entra in scena Greta Thunberg che decide di non frequentare la scuola fino alle elezioni del 2018 in Svezia motivando questo suo forte gesto con l'ondata di calore anomala e con alcuni incendi divampati in quel periodo. Chiedeva al governo svedese di ridurre le emissioni di anidride carbonica come sancito dagli obiettivi dell'accordo di Parigi. La protesta si concretizzò nel mettersi seduta all'esterno del parlamento svedese ogni giorno durante l'orario scolastico con il cartello “Skolstrejk för klimatet”. Il 7 settembre, prima della ripresa delle lezioni annunciò il protrarsi della protesta fino a quando la Svezia non avesse applicato l'accordo di Parigi. È proprio Greta a coniare lo slogan “Fridays For Future” in grado di attirare l'attenzione internazionale sulla sua protesta, ispirando migliaia di studenti in tutto il mondo ad aderire agli scioperi. Dallo scorso novembre le iniziative sono state molteplici: in Australia migliaia di studenti delle scuole hanno manifestato come Greta ogni venerdì, ignorando la richiesta del Primo Ministro Scott Morrison di "più apprendimento nelle scuole e meno attivismo”. A dicembre gli scioperi studenteschi sono proseguiti in almeno 270 città di Australia, Austria, Belgio, Italia, Canada, Paesi Bassi, Germania, Finlandia, Danimarca, Giappone, Svizzera, Regno Unito e gli Stati Uniti. Lo scorso 15 marzo oltre mille giovani hanno manifestato in modo pacifico per protestare contro la posizione del proprio governo in materia climatica. Cento le città italiane al centro di questa iniziativa, tra cui come ricordavo, Milano. Ma anche  New York, Bruxelles, Sydney, Barcellona, Berlino, Parigi, Mosca.

Penso che possa esserci una soluzione e risiede nel creare un modello di sviluppo attento sia ai valori di sostenibilità ambientale ma anche pratico, efficiente ed efficace, un “green pragmatism” magari proprio con l’aiuto dei millennials.

Vincenzo Cimini

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Tue, 9 Apr 2019 17:45:56 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/488/green-pragmatism-con-l-aiuto-dei-millennials-la-sfida-del-friday-for-future vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Qualità della vita, sviluppo commerciale, sostenibilità: Dubai è già nel futuro https://www.vincenzocimini.it/post/487/qualita-della-vita-sviluppo-commerciale-sostenibilita-dubai-e-gia-nel-futuro

Dimmi dove sta andando Dubai e ti dirò dove è il vero progresso. Potremmo sintetizzare così quello che si sta muovendo nel futuro degli Emirati Arabi dove uno dei principali obiettivi è quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini ed allo stesso tempo creare le condizioni migliori per attrarre più investitori esteri possibile. Con un occhio di riguardo anche all'ambiente. Questo tipo di visione è confermata dalla diffusione dei “nove programmi” contenuti in un documento pubblicato su Twitter dal Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti Heikh Mohammed Al Maktoum.  Il documento non sostituisce le strategie del governo, ma presenta aspetti per la visione futura dell'Emirato.

Ecco in sintesi il contenuto di questi progetti.

  • Dubai Silk Road: si calcola che nei prossimi dieci anni oltre un miliardo di passeggeri transiteranno dagli aeroporti degli Emirati, con Dubai destinata a diventare un crocevia tra est ed ovest e tra nord e Sud, con il suo scalo che è in grado di collegare più di 200 città.  Il prossimo obiettivo sarà quello di costruire una “Silk Road” con quei Paesi vicini che condividano una visione futuristica dei rapporti commerciali con il resto del mondo;
  • una mappa geo-economica per Dubai, con la creazione di zone economiche e commerciali specializzata ognuna in una categoria ma perfettamente integrata con il resto del territorio. Ogni settore geo-economico della città avrà un proprio Consiglio di gestione. Ogni settore geografico avrà i propri obiettivi economici e di investimento. Monitoreremo il raggiungimento di questi obiettivi con trasparenza. Sarà nominato un governatore per ciascuna zona economica per supervisionare il raggiungimento degli obiettivi;
  • Prima città commerciale virtuale: Dubai guiderà la creazione della prima città commerciale virtuale nella regione in grado di concedere licenze commerciali senza dover necessariamente risiedere a Dubai. Sarà permesso di aprire conti bancari agli investitori e di concedere residenze elettroniche nel rispetto  delle migliori leggi  internazionali. L'obiettivo è arrivare a creare 100.000 aziende all'interno di questa sorta di città virtuale;
  • Creazione di un database che riunisca per ogni cittadino tutti i titoli accademici conseguiti, le lezioni frequentate e la formazione sostenuta. Questo aiuterà il governo a progettare piani educativi personalizzati in grado di adattarsi alle capacità dei cittadini. L'obiettivo è quello di costruire un sistema educativo e di apprendimento che esplori e sviluppi le capacità delle persone, quindi accrescimento culturale e professionale anche per adattarsi ai rapidi cambiamenti del mondo;
  • Un medico per ogni cittadino: consulti medici 24 ore su 24, tramite centinaia di migliaia di professionisti in tutto il mondo, grazie ad un'applicazione ad hoc. «Il nostro obiettivo è quello di avvicinare i medici alle persone, migliorare la consapevolezza e utilizzare le migliori menti mediche a livello globale mettendole al servizio della salute dei cittadini»;
  • Zone economiche libere nel mondo accademico: le università pubbliche e private diventeranno zone libere per consentire agli studenti di svolgere attività commerciali e creative, rendendo queste attività parte della didattica. Queste zone sosterranno gli studenti con istruzione, ricerca e finanziamento durante il lancio dei loro progetti. «Vogliamo che le nostre università non si limitino a far laureare i ragazzi ma creino anche aziende e posti di lavoro»;
  • Autosufficienza energetica a Dubai grazie ad un programma integrato per realizzare un sistema che consenta ad almeno un decimo delle case  di poter essere autonome per  acqua, cibo ed energia. Il raggiungimento di questo obiettivo contribuirà a cambiare in meglio lo stile di vita delle persone ed a migliorare l'impatto sull'ambiente;
  • Nuove fonti di reddito attraverso un programma a lungo termine finalizzato a migliorare la qualità di alcuni servizi attraverso la loro privatizzazione e istituendo società cooperative di proprietà dei cittadini in una serie di settori cruciali:
  • Sostegno alla beneficenza: «le nostre attività e i nostri progetti quotidiani non dovrebbero farci dimenticare di aiutare chi ne ha più bisogno. Ci impegniamo ad aumentare le iniziative filantropiche ogni anno ed a farle crescere almeno in misura uguale alla nostra crescita economica annuale. La carità è davvero un fattore importante per la felicità delle società e la continuità del progresso e della prosperità».

Entusiasta Heikh Mohammed Al Maktoum: «È un documento annuale che ho intitolato "The Fifty Year Charter" per celebrare il 50° anniversario del mio primo incarico ufficiale nel servire il mio Paese e nella speranza di altri 50 anni durante i quali guideremo una città governata dalla legge e vincolata allo spirito di compassione, armonia d'amore e tolleranza. L'obiettivo di questi nove programmi è quello di migliorare la qualità della vita, sviluppare la comunità di Dubai e garantire il futuro delle prossime generazioni».

Vincenzo Cimini

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Mon, 25 Mar 2019 20:04:19 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/487/qualita-della-vita-sviluppo-commerciale-sostenibilita-dubai-e-gia-nel-futuro vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Digitalizzazione delle imprese, arriva il soccorso di Google https://www.vincenzocimini.it/post/486/digitalizzazione-delle-imprese-arriva-il-soccorso-di-google

Aiutare le imprese italiane in uno dei settori dove sono più indietro: quello della digitalizzazione. Questo l'obiettivo dell'accordo tra Confindustira e Google[1] che hanno sottoscritto un piano di collaborazione per supportare le nostre imprese in questo difficile processo. Gli ambiti di intervento saranno quelli cruciali per mettersi al passo con i tempi: formazione sulle competenza digitali, intelligenza artificiale, presenza online ed internazionalizzazione. L'accordo è stato il frutto di una riflessione di partenza emersa durante il Digital Economy and Society Index elaborato dalla Commissione Europea, secondo il quale l'Italia si colloca al ventesimo posto per integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese. Secondo uno studio Istat che esaminato la  competitività delle imprese italiane, le aziende che hanno già avviato un significativo processo di digitalizzazione sono solo il 15% del totale, mentre il 63% fanno un uso molto contenuto del digitale e investono poco in tecnologia. «Da diversi anni, e in accordo con le istituzioni - ha spiegato Matt Brittin, presidente Emea di Google - abbiamo avviato in Italia progetti specifici per il territorio, come Crescere in Digitale, per avvicinare le persone a nuove opportunità lavorative e per far conoscere alle piccole e medie imprese locali le opportunità di Internet. Export e intelligenza artificiale rappresentano la chiave di questa trasformazione per il futuro. Condividiamo con Confindustria l’obiettivo di supportare la crescita economica italiana. E questa nuova collaborazione sarà decisiva per rafforzare il nostro impegno». Secondo il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia l’accordo con Google permetterà di usare la rete in una logica strategica per le imprese italiane aprendo una finestra sul mondo, riducendo le barriere all’entrata ed eliminando il divide digitale nel Paese della seconda manifattura d‘Europa con un messaggio chiaro dell’industria italiana: fare i conti con le proprie potenzialità. Seguendo i dettami del Piano Nazionale Impresa 4.0 e contando sulla capillarità di Confindustria nel territorio, Google potrà fornire al mondo delle imprese italiane i migliori strumenti per sprigionare tutto il potenziare racchiuso in ambito digitale. Gli obiettivi dell'accordo sono quattro. Il primo è il supporto all'internazionalizzazione delle imprese: «La qualità del Made in Italy è riconosciuta a livello globale, ma spesso le aziende locali non hanno un’adeguata visibilità fuori dall’Italia. Se è vero che l’internazionalizzazione rappresenta una leva competitiva, le tecnologie digitali facilitano l’accesso alle informazioni sui mercati esteri, in particolare per le piccole e medie imprese. Google mette a disposizione strumenti semplici e gratuiti che permetteranno agli imprenditori di avere un inquadramento di base sui paesi d’interesse e valutare un approccio innovativo verso l’estero». Altrettanto fondamentale sarà l'aiuto nell'ambito della formazione sulle competenze digitali, un altro tallone d'achille delle nostre imprese che spesso hanno fatto resistenza proprio sul fronte dell'acquisizione di nuove competenze in ambito digitale. «Una delle sfide più importanti per gestire la transizione all’economia di Internet è la formazione delle persone, in particolare la formazione delle generazioni che devono ancora entrare nel mercato del lavoro, così come degli adulti che rischiano di uscirne prematuramente per un deficit di competenze. Google realizzerà, in collaborazione con le organizzazioni formative di Confindustria, una piattaforma per le imprese associate contenente percorsi gratuiti di formazione online sui principali strumenti web e digitali con l’obiettivo di far acquisire e aggiornare le competenze chiave per la trasformazione del tessuto industriale italiano». Molte imprese tendono a sottovalutare l'impatto della propria presenza online. Ci sono realtà ancora del tutto assenti sul web oppure presenti in modo inopportuno. «Essere presenti online è uno dei primi passi che le imprese devono compiere per entrare nell’economia di Internet, che si tratti di prodotti rivolti al consumatore finale oppure di servizi all’interno di una filiera. Confindustria promuoverà, attraverso le proprie Associazioni, l’utilizzo degli strumenti gratuiti che Google offre alle imprese per gestire la propria presenza online e facilitare così la propria visibilità sul motore di ricerca e sulle mappe». Infine l'intelligenza artificiale e le relative competenze in un mondo economico dove questo tipo di realtà è già molto concreta. Rimanere indietro potrebbe risultare fatale, considerato già alcuni ritardi maturati in altri ambiti tecnologici. «Grazie all’evoluzione tecnologica, il machine learning e l’intelligenza artificiale diventano strumenti sempre più alla portata di qualsiasi impresa. Per aumentare la consapevolezza degli imprenditori sulle possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale nelle filiere produttive del Made in Italy, Google e Confindustria promuoveranno progetti di sviluppo sul territorio nazionale per trasformare il machine learning in un’opportunità per tutte le imprese, anche attraverso il supporto della rete dei Digital Innovation Hub».

Vincenzo Cimini

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Fri, 15 Mar 2019 19:58:53 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/486/digitalizzazione-delle-imprese-arriva-il-soccorso-di-google vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Industria italiana ed economia circolare: più impianti e semplificazioni per uscire dall’emergenza https://www.vincenzocimini.it/post/485/industria-italiana-ed-economia-circolare-piu-impianti-e-semplificazioni-per-uscire-dall-emergenza

“Il ruolo dell’industria italiana nell’economia circolare”, è stato uno di quelli che si chiamano “position paper” ossia un documento al confine tra proposte e stato dell'arte della cosiddetta economia circolare e della situazione dei rifiuti in Italia.

Il documento elaborato da Confindustria[1] mettere in rilievo proprio il ruolo centrale dell'industria italiana come protagonista di questa transizione. Sembra quindi assolutamente necessario mettere in evidenza alcuni passaggi di questo paper a cominciare da quello relativo alla mancanza di impianti in Italia. Si ritiene infatti utile e ineludibile, senza attendere altre emergenze rifiuti, incrementare la potenzialità degli impianti di smaltimento attualmente in attività, per aumentare ulteriormente l'autonomia residua delle discariche. «Dieci tonnellate al giorno la quantità ricevibile o solo 25.000 la capacità totale a prescindere da qualunque valutazione in ordine all’incidenza e rilevanza di tali incrementi in relazione alle quantità già autorizzate. Di fatto, è per legge sostanziale anche l’aumento di qualche decina di tonnellate del conferimento giornaliero e qualche decina di migliaia di tonnellate di capacità totale anche, ad esempio, se si tratta di una discarica che già smaltisce 50.000 tonnellate l’anno ed ha una capacità già autorizzata di 500.000 m3. In sintesi, appurato che per le discariche in esercizio l’incremento della capacità di stoccaggio ed il conseguente prolungamento della vita operativa, salvo eventuali limitate ipotesi, debba passare attraverso la verifica di assoggettabilità a VIA ed il rilascio di nuova AIA, risulta necessario che l’Amministrazione si attrezzi per rispettare i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, limitando allo stretto necessario l’onere ed i tempi burocratici nonché i condizionamenti e limitazioni dell’efficacia dei provvedimenti da rilasciare, dovendosi anche, in un’ottica di bilancio di impatto ambientale, porre sui due piatti della bilancia l’assenso alle richieste di ampliamento, da un lato, e “l’emergenza rifiuti”, dall’altro». L'altra urgenza molto sentita dalle imprese ma anche dall'intero paese è quella della necessità della semplificazione normativa ed amministrativa, soprattutto nel campo della gestione dei rifiuti e negli altri settori collegati all'ambiente. In tema di termovalorizzazione il documento chiede alle istituzioni italiane di chiarire l'importanza della gerarchia già definita nel 2008 a livello europeo in cui si è individuata una gradazione chiara di priorità nella gestione di rifiuti, dando precedenza all'attività di riciclo e recupero di energia. Un meccanismo questo che non sempre può scattare, non tutto il rifiuto può essere destinato al recupero come nel caso dei residui dei processi di recupero e riciclo. Gli Stati membri si trovano dunque di fronte ad una certa flessibilità nell’applicazione della gerarchia indicata dall'Ue:  l’obiettivo finale diventa quello di incoraggiare le opzioni di gestione dei rifiuti che ottengono il miglior risultato in termini ambientali. Nel caso di alcuni flussi di rifiuti specifici, il miglior risultato in tal senso si raggiunge soltanto discostandosi da quella gerarchia. «Per questo si ritiene di fondamentale importanza il ruolo della termovalorizzazione per il recupero di energia dai rifiuti, in particolare per un Paese come l’Italia fortemente dipendente sul fronte delle fonti energetiche primarie. Il combustibile per la produzione elettrica è, infatti, prevalentemente importato, mentre la capacità di produzione elettrica finale è, viceversa, largamente presente in Italia, anche in misura maggiore rispetto ai consumi. A tal proposito, la termovalorizzazione è un concetto ampio che include molto più del semplice incenerimento dei rifiuti. In tale concetto, infatti, rientrano anche i diversi processi di trattamento dei rifiuti in grado di generare energia (ad esempio sotto forma di elettricità e/o calore o tramite la produzione di biocombustibili da rifiuto) che si rilevano quanto mai necessari al conseguimento degli obiettivi ambientali imposti a livello internazionale. Vista la presenza di varie attività legate all’economia circolare a monte della gerarchia stessa, la termovalorizzazione per pura produzione energetica appare però posta in un ruolo secondario. Risulta, quindi, importante che venga conferita la giusta dignità ai processi di produzione energetica da rifiuti, secondo la catena gerarchica, nell’ottica di favorire il processo di decarbonizzazione dell’economia e limitare il conferimento in discarica». La termovalorizzazione dei rifiuti o dei residui rimane dunque in una posizione privilegiata perché permette la generazione di energia rinnovabile senza interferire con altre lavorazioni. A questo proposito sembra necessaria anche una corretta informazione sulle effettive ricadute ambientali degli impianti, per fornire al legislatore, nazionale o regionale, i corretti strumenti di valutazione superando le opposizioni ideologiche che oggi costituiscono un fattore limitante allo sviluppo di nuovi progetti.

Vincenzo Cimini

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Thu, 7 Mar 2019 19:55:18 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/485/industria-italiana-ed-economia-circolare-piu-impianti-e-semplificazioni-per-uscire-dall-emergenza vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Rivoluzione green a Dubai: vuole diventare la guida mondiale dell’energia pulita https://www.vincenzocimini.it/post/484/rivoluzione-green-a-dubai-vuole-diventare-la-guida-mondiale-dell-energia-pulita

Dubai scommette sull'evoluzione del fotovoltaico con la realizzazione di una centrale solare a concentrazione. Si tratta di una vera e propria rivoluzione visto che stiamo parlando di una centrale elettrica fotovoltaica in grado di accumulare la radiazione solare sotto forma di calore grazie a sistemi di concentrazione solare. Questo permetterà poi la trasformazione in energia elettrica. Il sistema sfrutterà i raggi solari attraverso degli speciali specchi: in questo modo l'energia solare con un processo di conversione diventerà energia termica, concentrata verso un ricevitore. Infine scatterà la trasformazione in energia meccanica attraverso una turbina a vapore collegata ad un generatore elettrico. La seconda fase del progetto per la realizzazione del  Mohammed bin Rashid Al Maktoum Solar Park è iniziata nel 2017 mentre i primi lavori erano cominciati nel 2013. La centrale occupa una superficie di 300 mila metri quadrati ed è in grado di generare 28 milioni di kWh all'anno con un grandissimo vantaggio per l'ambiente: la riduzione di circa 15 mila tonnellate delle emissioni di C02 in atmosfera. Con l'ulteriore sviluppo ed una potenza che passerà a 200 MW la riduzione di anidride carbonica toccherà le 214 mila tonnellate. Secondo le previsioni nel 2020, la capacità raggiungerà gli 800 MW e nel 2020 addirittura 5.000 MW. Una volta completata, la centrale solare avrà una superficie di 214 kmq ed una torre centrale riflettente alta 260 metri. L'obiettivo di Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti, è piuttosto ambizioso ed è quello di rendere Dubai il riferimento mondiale per l'energia pulita e l'economia ecosostenibile con un percorso a tappe: nel 2050 il 75% del fabbisogno energetico dovrà essere prodotto da fonti rinnovabili ed entro il 2030 l'80% dei rifiuti prodotti dovrà essere trasformato in energia.  Si inserisce in questo quadro la partecipazione dell'Autorità per l'elettricità e l'acqua di Dubai (DEWA)  al dodicesimo World Future Energy Summit (WFES) come partner per l'efficienza energetica.  La partecipazione di DEWA a WFES 2019 è in linea con la sua strategia di supporto agli sforzi locali e globali per aumentare la quota di energie rinnovabili e pulite, nonché i suoi sforzi per anticipare il futuro dell'energia e scambiare esperienze e migliori pratiche in questo settore. Un paese insomma che accantonando gli sfarzi dell'eccesso si candida a guida mondiale dell'energia pulita. «Oggi gli Emirati Arabi Uniti sono un modello globale per la transizione verso un'economia verde – ha detto - Saeed Mohammed Al Tayer, MD e CEO di DEWA -  grazie alla visione e alle direttive della saggia guida di Sua Altezza Sheikh Khalifa bin Zayed Al Nahyan, Presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sua Altezza Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati Arabi  e Sua Altezza Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi e vice comandante supremo delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti. Alla DEWA lavoriamo per raggiungere questa visione anticipando il futuro dell'energia e avviando progetti di qualità per aumentare la percentuale di energie rinnovabili in un virtuoso mix energetico. Siamo lieti di sponsorizzare ancora una volta il World Future Energy Summit come partner di efficienza per condividere le nostre esperienze e competenze, ed evidenziare le nostre iniziative innovative e gli sforzi per sviluppare tecnologie dirompenti nelle energie rinnovabili e pulite. Questo è per tenere il passo con la quarta rivoluzione industriale e promuovere la ricerca e lo sviluppo per sviluppare soluzioni innovative e sostenibili e unificare gli sforzi per affrontare le sfide del settore energetico ».

Vincenzo Cimini

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Fri, 1 Mar 2019 12:28:31 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/484/rivoluzione-green-a-dubai-vuole-diventare-la-guida-mondiale-dell-energia-pulita vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
CFO ancora lontani dall’intelligenza artificiale https://www.vincenzocimini.it/post/483/cfo-ancora-lontani-dall-intelligenza-artificiale

Qual è il rapporto tra intelligenza artificiale ed il settore finanziario delle grandi aziende? Secondo una recente ricerca di Oracle[1] ancora siamo piuttosto lontani. Lo studio è stato realizzato insieme all'associazione internazionale dei commercialisti (Association  of International Certified Professional Accountants), coinvolgendo circa 700 responsabili finanziari di tutto il mondo. Dal quadro emerge che ben l'89% dei dipartimenti finanziari deve ancora dotarsi di intelligenza artificiale. La motivazione principale di questo gap sarebbe relativo alla mancanza di competenze: solo il 10% dei CFO pensa che il proprio team possegga le conoscenza appropriate per arrivare ad una completa digitalizzazione. Un dato che forse sorprende visto che dove invece è utilizzata l'intelligenza artificiale ci sarebbe di pari passo anche un aumento dei ricavi. Proprio nelle aziende che hanno registrato questa crescita sarà più facile rintracciare soluzioni legate all'intelligenza artificiale rispetto a quelle in flessione o con risultati stabili nel tempo.

«L'automazione dei processi, l'analisi avanzata e l'apprendimento automatico sono tre gambe dello stesso sgabello – ha detto John Merino, Chief Accounting Officer di FedEx - La combinazione di queste tecnologie e la capacità di possederli in modo agile, senza lunghe tempistiche rappresenta  un'enorme opportunità per aumentare l'efficienza aziendale»

Secondo il report,  l’86% dei leader della finanza digitale hanno un approccio “digital-first”e “cloud-first” che li porta a mettere in pratica soluzioni intelligenti per l’automazione di processi e tecnologie come l’intelligenza artificiale e la blockchain, affidandosi a piattaforme tecnologiche esterne con le quali si connettono. I migliori team finanziari sono quelli che sanno connettere i dati che in precedenza erano contenuti in applicazioni diverse e separate fra loro per far emergere nuove informazioni, affidandosi sempre di più all’intelligenza artificiale per attivare un processo di apprendimento continuo sfruttando il flusso ininterrotto di dati business. I migliori team finanziari usano informazioni automatizzate per le scelte di business e spendono meno tempo con processi di reportistica manuale: potendo usare dati accurati e disponibili in modo puntuale hanno quanto serve per porsi come partner nei confronti dei responsabili business, raccomandare nuovi corsi d’azione, influenzare le strategie. «In un mondo in cui la tecnologia sta allargando il divario tra leader digitali ed i ritardatari, la funzione finanziaria di un'azienda svolge un ruolo fondamentale nel garantire che l'organizzazione non rimanga indietro – si legge nelle conclusioni del rapporto -  ciò significa che i CFO dovranno confrontarsi con una tecnologia considerata come difficile che si intreccerà con vere e proprie sfide umane.  I CFO devono capire dove le diverse tecnologie avranno il maggiore impatto e quindi avere l'audacia di una visione di futuro per essere in grado di  sperimentare e innovare. Dal punto di vista umano, dovranno sviluppare le competenze tradizionali della finanza insieme alle competenze dell'analisi predittiva.  Allo stesso tempo, dovranno essere in grado di gestire le tensioni che sorgeranno tra le”macchine intelligenti” e le persone che lavoreranno insieme a loro».  Secondo il rapporto Oracle ecco gli approcci di successo che dovrebbe mettere in atto un CFO illuminato:

 

- Focalizzazione sulle piattaforme e non sui prodotti. Nell'economia di oggi, il successo non lo fa più solo il prodotto ma ecosistemi digitali che riuniscono utenti e fornitori per creare un valore condiviso;

- Utilizzo dei dati come arma strategica. I leader digitali attribuiscono un valore economico ai dati e cercano di monetizzarli, anziché limitarsi a gestirli;

- Diffusione di una cultura pronta al cambiamento, adottando un approccio agile al cambiamento che sia interattivo, empirico e in continuo miglioramento. Le aziende che sono altamente motivate a cambiare e sperimentare sono quelle che vedono il maggior successo. 

Vincenzo Cimini

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Thu, 21 Feb 2019 18:37:12 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/483/cfo-ancora-lontani-dall-intelligenza-artificiale vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Rischio cyber e mancanza di personale qualificato: ecco cosa temono di più le aziende https://www.vincenzocimini.it/post/482/rischio-cyber-e-mancanza-di-personale-qualificato-ecco-cosa-temono-di-piu-le-aziende

Per la prima volta la principale preoccupazione per le imprese diventa il rischio cyber. A pari merito con la paura dell'interruzione dell'attività. Lo dice il rapporto “Allianz Risk Barometer 2019”[1]  realizzato da Allianz Global Corporate & Specialty, sulle opinioni di 2.415 esperti provenienti da 86 Paesi. Un timore probabilmente dovuto ai recenti scandali sulla privacy, alla violazione dei dati, alle interruzioni delle piattaforme tecnologiche. Gli incidenti informatici e l'interruzione di attività sono i principali rischi per le aziende a livello mondiale, indicati a pari merito dal 37% del campione, più sentiti delle catastrofi naturali (28%). I cambiamenti climatici  e la carenza di manodopera qualificata sono i rischi cresciuti maggiormente a livello globale. Se filtriamo i risultati sulle imprese italiane, i rischi più sentiti nel 2019 sono l'interruzione dell'attività (47% delle risposte), i rischi cyber e le catastrofi naturali (entrambi al 38%). New entry di quest'anno è la mancanza di qualità, difetti seriali, richiamo di prodotti. La criminalità informatica – si legge nel rapporto -  costa oggi circa 600 miliardi di dollari all'anno, contro i 445 miliardi del 2014, a fronte di una perdita economica media decennale per catastrofi naturali di 208 miliardi di dollari. L'attività criminale utilizza metodi sempre più innovativi per entrare in possesso di dati, commettere frodi o estorcere denaro. Ma c'è anche una minaccia informatica crescente da parte di stati sovrani e gruppi di hacker che prendono di mira i fornitori di infrastrutture sensibili o sottraggono dati preziosi o segreti commerciali alle aziende. «Il rischio informatico è stato importante per molti anni, ma come ogni nuovo rischio ha dovuto confrontarsi con il basso grado di consapevolezza – ha affermato Marek Stanislawski, Deputy Global Head of Cyber, AGCS - siamo arrivati a un punto in cui il cyber è altrettanto preoccupante per le aziende quanto le loro principali esposizioni tradizionali».  È sempre più probabile che gli incidenti cyber scatenino cause legali, comprese le “class action”. Le violazioni dei dati o le interruzioni IT possono generare grandi responsabilità verso i terzi in quanto i clienti o gli azionisti interessati cercano di recuperare le perdite dalle aziende. «Le aziende devono prevedere un’ampia gamma di possibili fattori di crisi, operando in un contesto sempre più informatizzato - afferma Chris Fischer Hirs, CEO di AGCS - i danni che hanno come conseguenza una crisi aziendale possono essere fisici, come incendi o tempeste, o virtuali, come un’interruzione dell’IT, e possono essere dolosi o accidentali. Possono derivare sia dalle proprie attività, sia da quelle di fornitori, anche di servizi IT, e clienti. Qualunque sia il fattore scatenante, la perdita finanziaria per le aziende, a seguito di un blocco, può essere enorme. Nuove soluzioni di gestione del rischio, strumenti analitici e partnership innovative possono aiutare a comprendere meglio e mitigare la moderna miriade di rischi di interruzione dell’attività e prevenire le perdite prima che si verifichino».  Come detto anche la carenza di personale qualificato sembra preoccupare non poco le aziende e questo tipo di timore insieme alla paura dei cambiamenti climatici è quello che è cresciuto di più nell'ultimo anno. La carenza di manodopera qualificata appare per la prima volta tra i 10 principali rischi aziendali a livello mondiale, confermato anche in molti Paesi più piccoli dell’Europa Centrale e Orientale, del Regno Unito, degli Stati Uniti, del Canada e dell’Australia. Una paura, quella manifestata dalle imprese, dovuta all’evoluzione demografica, all’incertezza della Brexit e a una debole presenza di talenti nell’economia digitale. «Nell’economia digitale la forza lavoro qualificata  e più in generale il capitale umano è sempre più una risorsa carente – ha detto  Ludovic Subran, Deputy Chief Economist di Allianz - la concorrenza tra le aziende per assumere figure con competenze specifiche in intelligenza artificiale, data science o gestione del rischio informatico o reputazionale è molto alta, dato che la maggior parte di questi lavori fino a 10 anni fa non esisteva. Non sono sufficienti neanche gli stipendi allettanti, poiché il numero di dipendenti con le competenze necessarie è limitato, e la necessità di doverli assumere con urgenza non consente una formazione sul posto di lavoro». 

Vincenzo Cimini

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Tue, 12 Feb 2019 17:46:57 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/482/rischio-cyber-e-mancanza-di-personale-qualificato-ecco-cosa-temono-di-piu-le-aziende vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Partita la rivoluzione della fatturazione elettronica https://www.vincenzocimini.it/post/481/partita-la-rivoluzione-della-fatturazione-elettronica

Partita la rivoluzione della fatturazione elettronica: ecco i vantaggi e riduzione di costi per le aziende

Saranno circa 2,8 milioni le imprese che sono obbligate all'inizio dell'anno ad emettere la fattura elettronica: la fetta più grande è rappresentata dai 2,55 milioni di micro imprese, seguite dalle 250.000 medie imprese e dalle 4500 realtà più grandi. L'obbligo è scattato per circa il 56% delle partite Iva italiane. I dati sono stati diffusi dall'Osservatorio Fatturazione Elettronica and eCommerce B2b della School of Management del Politecnico di Milano, che stima anche un miglioramento della produttività del personale e un risparmio fra i 5 e i 9 euro a fattura. Se si digitalizza l'intero ciclo dell'ordine il risparmio aumenta fra 25 e 65 euro. «Una misura che farà dell'Italia il paese con la normativa più avanzata d'Europa, l'unico in cui sarà obbligatoria sia la fatturazione elettronica verso la Pa sia quelle B2b e B2c – scrive l'Osservatorio -  secondo le dichiarazioni dell'Agenzia delle Entrate sono circa 9 milioni le fatture elettroniche B2b transitate dal Sistema di Interscambio (SdI) fino a novembre 2018, con una crescita significativa nei primi sei mesi del 2018 (272.000 contro le 166.000 del 2017)». Le imprese si sono dunque attivate per tempo, anche se non mancano le difficoltà attuative: il 6,6% delle fatture emesse è stato scartato dal Sistema di Interscambio. «Le difficoltà di attuazione non mancano e alcuni affanni sono evidenti – ha spiegato Claudio Rorato, Direttore dell'Osservatorio - Ma il vero potenziale della fattura elettronica potrà esprimersi a regime e quando le imprese faranno un salto culturale oltre l'adempimento e investiranno nella digitalizzazione di interi processi operativi e non solamente sulla dematerializzazione di un documento». Intanto ci si può consolare con i risultati ottenuti dal Portogallo negli ultimi anni, unico Paese europeo ad aver introdotto l'obbligo. Secondo una analisi dell’UE, proprio l’introduzione della e-fattura ha consentito al Portogallo di uscire velocemente dalla crisi finanziaria che ha colpito il Paese fra il 2008 e il 2012. I Paesi europei dove invece non vi è alcun obbligo di Fatturazione Elettronica, sono la maggioranza. «Il nuovo sistema digitale è concepito per abbandonare il supporto cartaceo a favore di un processo interamente elettronico, - ha spiegato all'Ansa[1] Nunzio Caraci, titolare di Datalog Italia, software house italiana specializzata nel campo del software professionale - dove ogni fattura viene emessa in un formato specifico chiamato XML (eXtensible Markup Language, ndr) caratterizzato da una struttura condivisa. Il file segue infatti un tracciato standard, riconosciuto, leggibile e quindi interoperabile da qualsiasi sistema. La fase iniziale di applicazione comporterà molti disagi a imprese e commercialisti, che dovranno adattarsi alla nuova metodologia e cambiare le proprie abitudini. Tra queste, alle aziende italiane sarà richiesta una maggiore precisione nella fase di emissione del documento che, una volta inviato, non potrà essere ‘ristampato’ ma richiederà delle procedure di rettifica particolari». I vantaggi attesi dagli esperti sembrano essere molteplici per le aziende:

 

  • Revisione dei processi interni con una riorganizzazione forzata, che nel medio termine incrementerà la produttività interna;
  • Più efficienza nella gestione delle attività aziendali con l'inserimento di  dati in un database strutturato, ottenendo in cambio un migliore controllo maggiore su tutte le voci di spesa e fatturato;
  • Riduzione dei costi di gestione interna e in particolare d’inserimento dei dati in contabilità, degli errori e della possibile perdita dei documenti;
  • Condivisione di un modello unico tra fornitore e cliente rendendo più fluido il dialogo tra soggetti diversi, con l'abbattimento dei costi operativi
  • Interoperabilità tra sistemi con condivisione di dati tra piattaforme diverse, con diminuzione dei costi d’integrazione e delle barriere legate all’uso di software diversi.
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Fri, 1 Feb 2019 19:06:30 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/481/partita-la-rivoluzione-della-fatturazione-elettronica vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Addio al Sistri, la tracciabilità dei rifiuti speciali sarà solo digitale? https://www.vincenzocimini.it/post/480/addio-al-sistri-la-tracciabilita-dei-rifiuti-speciali-sara-solo-digitale

Già come acronimo non suonava benissimo: Sistri, ossia Sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali. Era stato istituito nel 2010 e mai era entrato effettivamente in funzione. Con l'inizio del nuovo anno è andato definitivamente in pensione, con un costo però notevole. La novità era inserita nel Dl Semplificazioni.  Come ha ricordato il ministro dell'Ambiente Costa può essere considerato uno dei più grandi sprechi nella gestione dei rifiuti speciali, con costi sostenuti dalle imprese coinvolte e dallo Stato che hanno superato i 141 milioni di euro dal momento della sua introduzione. Dal 2010 al 2014 sono stati fatturati 290 milioni, di cui pagati circa 90. Dal 2015 al 2018 su 66 milioni fatturati ne sono stati pagati 51. L'ultimo affidamento di 260 milioni è stato sospeso con l'eliminazione del Sistri. Il suo scopo poteva anche essere condivisibile: tracciare il sistema dei rifiuti speciali in Italia ma di fatto non è mai stato operativo. Le imprese aderenti con più di dieci addetti hanno dovuto pagare iscrizioni, adeguamenti tecnologici, aggiornamenti per i mezzi e per il personale entrando nel tormentato tunnel di sanzioni cancellate e reintrodotte, norme confuse, eccezioni, esenzioni, nuovi obblighi. Ora ci sarà una sorta di Sistri 2.0 gestito direttamente dal ministero dell’Ambiente, con un costo decisamente minore, circa 3 milioni di euro l’anno. Un sistema però ancora tutto costruire L'obiettivo sarà quello di digitalizzare l’intera tracciabilità dei rifiuti e i documenti fiscali, superando il doppio binario cartaceo/digitale e il registro di carico e scarico. L'altra faccia della medaglia è la perdita di occupazione da parte  dei 26 tecnici informatici che dal 2010 erano stati assunti dal ministero dell'Ambiente per operare nel centro operativo del Sistri, smantellato lo scorso primo gennaio. Sono tutti lavoratori interinali che hanno firmato un contratto con la società Synergie Italia e quindi non hanno diritto all'assunzione al Ministero. Ovviamente in attesa di capire come avverranno le nuove modalità di tracciabilità dei rifiuti speciali rimangono delle zone d'ombra in questa fase. Non sono stati ancora definiti diversi aspetti riguardanti il completo superamento del Sistri come, ad esempio, le modalità di disinstallazione e di restituzione delle black box installate sui veicoli e dei dispositivi usb e la gestione dei contributi già versati da parte dei soggetti iscritti. Il ritorno alle tradizionali modalità di gestione (registri di carico e scarico, formulari, ecc,) dovrebbe essere comunque una situazione transitoria, in quanto è obiettivo del Ministero dell’Ambiente la creazione di un nuovo sistema digitale per la gestione dei rifiuti, in cui non si parla espressamente di tracciabilità dei percorsi effettuati dai veicoli e che sarà gestito con tutta probabilità tramite l’Albo Nazionale Gestori Ambientali. La questione della tracciabilità è comunque un aspetto di primo piano e che merita molti approfondimenti. Il totale dei rifiuti speciali prodotti in Italia in un anno è pari  secondo alcune stime a circa 135 milioni di tonnellate, quindi mancherebbero all'appello 47.250.000 tonnellate di rifiuti speciali,una quantità maggiore a tutti i rifiuti urbani prodotti nell’ultimo anno in Italia. Una dinamica che non sembra spaventare il ministro Costa risolvibile appunto con la nuove versione di Sistri tutta digitale. «L’obiettivo è arrivare almeno al 90% della tracciabilità risparmiando soldi e tempo per le aziende». Un obiettivo impegnativo che non sarà facilissimo da raggiungere.

Vincenzo Cimini

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Tue, 22 Jan 2019 15:48:58 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/480/addio-al-sistri-la-tracciabilita-dei-rifiuti-speciali-sara-solo-digitale vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Sempre più coinvolti nelle decisioni strategiche: dal Cfo Awards 2018 le linee guida del futuro https://www.vincenzocimini.it/post/479/sempre-piu-coinvolti-nelle-decisioni-strategiche-dal-cfo-awards-2018-le-linee-guida-del-futuro

«Il ruolo del CFO è cambiato notevolmente: da semplici professionisti della contabilità e della compliance, i CFO sono diventati business partner, più orientati a essere ‘distributori di cultura’ (delle risorse, dell’ambiente), che di tecnicismi. Dall’altro lato, le nuove tecnologie in ambito data anlytics comportano una conoscenza approfondita e specialistica del mezzo. Accuracy, svolgendo attività di consulenza direzionale, aiuta il board a prendere decisioni e il CFO è il nostro interlocutore prediletto, dal quale apprendere informazioni sulle necessità dell’azienda e al quale riferire i nostri risultati». Queste parole di Giovanni Foti, Partner di Accuracy, durante il Cfo Award 2018[1], fanno capire come all'interno della comunità che si occupa di Controllo e Gestione sia in corso un apertissimo dibattito sulla direzione che questa professione sta assumendo nel presente e assumerà ancora di più nel futuro. Ecco dunque che appare significativamente interessante leggere alcune dichiarazioni rilasciate ad Affaritaliani.it[2] durante la kermesse per comprendere meglio come delineano lo scenario alcuni tra i maggiori manager italiani. «Tutti i ruoli manageriali stanno subendo una grande evoluzione per via della rivoluzione digitale in atto – ha dichiarato  Roberto Mannozzi, Presidente di ANDAF e Direttore Centrale Amministrazione, Bilancio e Controllo di Ferrovie dello Stato - Anche il CFO, da uomo di numeri è diventato sempre più un manager di dati che deve essere in grado di sostenere la mole di informazioni che arrivano sul suo tavolo per poter identificare quelle più strategiche. Tale cambiamento prevede inoltre un’evoluzione culturale: oggi i CFO non vengono più soltanto da studi finanziari, ci sono ingegneri, data scientist, esperti di organizzazione. Alla terza edizione dei CFO Award abbiamo deciso di premiare quei manager che hanno dovuto affrontare operazioni straordinarie che hanno messo alla prova i loro team e che si sono risolte brillantemente». Secondo  Andrea Maldi, CFO Italy and Executive Board Member di Borsa Italiana, il ruolo del CFO è diventato centrale come pivot all’interno di numerosi processi aziendali. Egli non si occupa più soltanto della mera raccolta di numeri ai fini delle valutazioni economico-finanziarie, ma avendo un’interazione a 360 gradi col business e, dunque, un’ampia visione, può incidere davvero sulle decisioni strategiche. Sarebbero le grandi aziende dunque a dover tracciare la rotta e individuare degli standard per trainare le piccole. Il Cfo Award è arrivato alla terza edizione. Il riconoscimento è stato assegnato a quei manager che si  sono distinti per qualità, intuizione, professionalità e spirito di squadra. Come Roberto Vitto,  CFO di Italo - Nuovo Trasporto Viaggiatori ha vinto il premio nella categoria società non quotateper aver completato la riorganizzazione economico-finanziaria e contabile della Società, passando a una situazione di utili significativi conseguenti all’esecuzione di numerose operazioni straordinarie, dai processi di finanziamento alla quotazione in Borsa, fino alla cessione della Società a un investitore straniero, contestualmente alla gestione ordinaria in una fase di notevole espansione”. Massimo Albertario, Group CFO di EPTA ha ottenuto il premio nella categoria società Elite “per aver gestito complesse operazioni di finanza straordinaria e per aver creato e implementato un modello di pianificazione strategica a livello di Gruppo che ha consentito di indirizzare in modo coordinato le azioni per l’ottenimento degli obiettivi strategici di medio lungo termine, rafforzando la struttura finanziaria aziendale”.  Stefania Milanesi, CFO di Equita ha ricevuto il riconoscimento nella categoria società quotate all’AIM “per aver gestito in piena autonomia la riorganizzazione e la revisione del sistema di reporting connesso al progetto di quotazione e per il riesame del sistema remunerativo e incentivante, che ha contribuito a sviluppare una nuova cultura aziendale, con una spiccata attenzione alla diversity e al senso di appartenenza alla Società”. Infine, Massimo Levrino, CFO di IREN è stato premiato nella categoria società quotate sull’MTA “per aver avviato e gestito un progetto di diversificazione delle fonti di finanziamento che ha orientato la Società verso obiettivi sostenibili anche con l’emissione di due Green Bond, volti a rafforzare il percorso di ottimizzazione della sostenibilità finanziaria, ambientale e sociale”.

Vincenzo Cimini

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Mon, 14 Jan 2019 17:40:22 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/479/sempre-piu-coinvolti-nelle-decisioni-strategiche-dal-cfo-awards-2018-le-linee-guida-del-futuro vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Milano sperimenta il 5G: arrivano i robot, in estinzione i mestieri ripetitivi https://www.vincenzocimini.it/post/478/milano-sperimenta-il-5g-arrivano-i-robot-in-estinzione-i-mestieri-ripetitivi

Milano diventa la capitale del 5G. Vodafone ha investito 90 milioni di euro ed è capofila della sperimentazione promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico, insieme a 38 partner industriali e istituzionali per realizzare 41 progetti in vari ambiti: smart city, smart energy, sanità, manifattura e industria 4.0, education ed entertainment, digital divide. Una rivoluzione che avrà grandi conseguenza anche nel mondo industriale ed economico in generale. Quello che potrebbe accadere breve lo ha fatto intravedere Aldo Bisio, amministratore delegato di Vodafone Italia. « In Italia nei prossimi 5-10 anni il 50% dei lavori attuali saranno automatizzati ma solo il 10% sparirà. E il 95% dei lavori potranno essere tutelati solo grazie al reskilling». Il reskilling non è altro che la riqualificazione professionale del personale: per non perdere il posto sarà necessario adattarsi ad imparare altri tipi di ruoli, apprendendo nuove competenze. «In Italia mancano le competenze digitali, quindi è necessario costruire nuovi talenti. In particolare mancano ragazze programmatrici di software delle quali invece c'è un forte bisogno.  Bisogna agire sulla riqualificazione delle competenze». Proprio Vodafone ha lanciato una piattaforma basata sull'intelligenza artificiale che indirizza i ragazzi del liceo verso i lavori digitali più adatti a loro. E tra i partner di Vodafone c'è anche un robot chiamato Yape che servirà per le consegne a domicilio in città: viene descritto come completamente autonomo ed in grado di interagire con altre forme di intelligenza artificiale che popoleranno la smart city del futuro come le auto a guida automatica od i droni. E sarà proprio la rete 5G a rendere possibile tutto questo. Nel progetto c'è anche la milanese e-Novia che insieme ad ABB e Politecnico di Milano sta sperimentando la robotica innovativa. Grazie agli Smart Robots ed al 5G, i robots non si sostituiranno alla forza umana ma collaboreranno con l'uomo in sicurezza. Il robot della ABB si chiama YuMi e lavora insieme all'operatore umano aiutandolo nell'assemblaggio delle valvole con un approccio definito dai creatori “collaborativo” con il supporto delle tecnologie 5G e dell'edge computing. Questo robot sarà in grado di comunicare a distanza via wireless con un dispositivo capace di riconoscere i movimenti dell'operatore e di trasformarli in comandi per il robot stesso. A generare tali comandi non l'uomo ma ovviamente un software basato sull'intelligenza artificiale realizzato dal laboratorio Merlin del Politecnico di Milano. Gli operatori, se tutto andrà per il verso giusto, saranno dunque facilitati nelle operazioni di assemblaggio, ottimizzando i processi produttivi sia nei tempi che nella qualità del ciclo produttivo.  Qualche settimana fa l'operatore di telecomunicazioni giapponesi NTT DOCOMO insieme a Toyota è riuscito a realizzare un test in cui un robot umanoide è stato controllato a distanza sfruttando una rete sperimentale 5G. L'esperimento è avvenuto in laboratorio con una distanza di soli 10 chilometri ma tutto è andato alla perfezione. Questo tipo di robot umanoide di terza generazione è stato pensato per assistere l'uomo in ambienti diversi: cantieri edilizi, zone colpite da disastri, in ospedali e nello spazio. La tecnologia su cui si basa consente al robot di replicare il movimento di braccia, mani e piedi con l'ausilio della mappatura da parte dei controlli indossati dall'operatore: attraverso un visore infatti sarà possibile visualizzare le immagini dalla prospettiva del robot. Secondo l’ultimo rapporto  “The Twin Threats of Aging and Automation”[1], realizzato da Mercer e Oliver Wyman, l’Italia subirà un impatto molto forte dall'automazione del lavoro. Le ripercussioni più gravi saranno per gli over 50: il 58% di loro che assolve mansioni ripetitive con poche competenze rischia di essere spazzato via dai robot. Se pensiamo che l’Italia è il Paese europeo lavorativamente più vecchio con lavoratori tra 50 e i 64 anni operativi in mestieri dequalificati o con competenze facilmente sostituibili dall’intelligenza artificiale, si capisce subito l'impatto dell'automazione nel mondo del lavoro. Scenari che fino a qualche anno fa sembravano fantascientifici o degni della penna di Orwell ma che ormai sono diventati realtà. Una grande opportunità tecnologica ma che apre anche numerosi interrogativi sociali ed etici.

Vincenzo Cimini

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Tue, 8 Jan 2019 17:48:46 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/478/milano-sperimenta-il-5g-arrivano-i-robot-in-estinzione-i-mestieri-ripetitivi vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Italia in prima fila nell’economia circolare ma serve una normativa di lungo periodo https://www.vincenzocimini.it/post/477/italia-in-prima-fila-nell-economia-circolare-ma-serve-una-normativa-di-lungo-periodo

Ridurre i costi di produzione, puntando su processi sostenibili e sviluppando, al tempo stesso, nuovi prodotti in linea con la sensibilità ambientale. Un nuovo modello di crescita che porta verso una nuova economia , di tipo circolare, sostenibile e competitivo. Questo il tema dell'edizione 2018 del Forum Sostenibilità nella Sede del Sole 24 Ore in cui rappresentanti delle istituzioni e aziende si sono confrontate sulle opportunità ed i vantaggi economici di questo sistema economico in forte sviluppo. Uno dei temi centrali tra quelli affrontati è stato quello del rapporto tra normative e strategia d'impresa. Uno dei problemi italiani è proprio quello di una normativa spesso non particolarmente chiara e comunque finalizzata al breve periodo. «La sostenibilità – ha detto l'ex ministro dell'ambiente Edo Ronchi, attuale presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile - è anche una sfida economica, non solo ecologica. Infatti l’economia circolare non parte dal nulla, è un salto di qualità di un processo avviato da tempo e ha come risultato una maggiore competitività economica, di materie prime, di energia. Il paradosso che viviamo è che le strategie sono ormai più o meno definite, come il caso dell’end of waste i cui criteri sono comuni in tutta Europa, ma vi è una farraginosità evidente a tradurle in normativa». Durante la tavola rotonda non sono mancati spunti interessanti su quello che servirebbe introdurre in Italia anche per centrare quanto richiesto dall'Europa. «Gli obiettivi europei fissano oltre all’aumento al 65% del riciclo anche la riduzione al 10% delle discariche, perché le discariche non fanno parte dell’economia circolare – ha rilevato Andrea Bianchi, direttore politiche industriali Confindustria - La soluzione all’aumento dei prezzi del conferimento in discarica dei rifiuti industriali non è aumentare l’offerta di discariche, ma aumentare il tasso di circolarità. Abbiamo bisogno di una strategia-paese per la transizione da economia lineare a economia circolare. Contestualmente occorre semplificare, aggiornare, razionalizzare la normativa ambientale con l’abbattimento delle barriere non tecnologiche. Infine è necessario avere una politica industriale sull’economia circolare: dare sbocchi di mercato ai prodotti, sviluppare filiere dedicate, investire in ricerca e innovazione». L’economia circolare viene vista insomma come nuovo modello di sviluppo, intesa come innovazione di processi, materiali e di prodotto. L'economia circolare può essere considerata un'industria che va sostenuta, come hanno rilevato alcuni relatori, anche con la fiscalità di vantaggio che potrebbe creare un mercato importante per le materie prime secondarie. C'è però bisogno di una nuova prospettiva e visione, di leggi di lungo periodo e non normative spot. In Italia è evidente la carenza impiantistica per il trattamento dei materiali, c'è necessità insomma di una strategia di collegamento delle materie prime secondarie, considerato il surplus di materiali che si registra in Europa. Le aziende del settore spesso percepiscono la legislazione in materia più come un ostacolo che come un incentivo ad operare in modo virtuoso, innovativo e sostenibile. «Il modello dell’economia circolare – ha aggiunto Bianchi – è essenziale per il sistema manifatturiero italiano. Su questo tema negli ultimi vent’anni abbiamo fatto importanti passi avanti: il 55% degli imballaggi viene riciclato, mentre a livello complessivo siamo al 50% di riciclo dei materiali. L’Italia è ai vertici nell’indice di produttività dei materiali per due elementi fondamentali: una vocazione naturale del sistema manifatturiero a essere virtuoso nel recupero dei materiali (si pensi per esempio al distretto di Prato per il tessile) e l’aver accolto nel 1996 da parte di Confindustria la sfida per una responsabilità estesa dell’impresa facendosi carico dei costi dello smaltimento, avendo dato vita ai vari consorzi».

Vincenzo Cimini

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Thu, 3 Jan 2019 17:11:39 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/477/italia-in-prima-fila-nell-economia-circolare-ma-serve-una-normativa-di-lungo-periodo vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Verso Expo 2020, quando Dubai mostrerà al mondo la sua nuova anima green https://www.vincenzocimini.it/post/476/verso-expo-2020-quando-dubai-mostrera-al-mondo-la-sua-nuova-anima-green

Si avvicina sempre di più il grande evento fieristico di Expo Dubai 2020. Ed a dimostrazione dell'impegno che gli Emirati stanno mettendo per una migliore e virtuosa gestione dei rifiuti, anche questa kermesse d'eccellenza che proietterà ancora di più Dubai verso il resto del mondo, sarà all'insegna dell'innovazione. Il concetto di economia circolare troverà infatti la sua casa ad Expo: i rifiuti prodotti per l'evento diventeranno infatti una risorsa preziosa all'interno della filiera virtuosa ridurre, riutilizzare e riciclare. Per l'occasione saranno sviluppate strategie di riduzione dei rifiuti in tutte le fasi del lavoro, dalla progettazione, alla costruzione e alle operazioni. Si è diffusa la cultura del riuso con gli appaltatori per riutilizzare i materiali esistenti laddove possibile. Il sito di Expo presenterà numerose strutture per la raccolta e lo stoccaggio di materiali riciclabili, puntando a far usare articoli monouso biodegradabili. Il Padiglione della Sostenibilità di Expo 2020 sarà autosufficiente per il consumo idrico ed energetico utilizzando combinazioni all’avanguardia di tecnologie per raccogliere energia dal sole, dall’acqua e dall'aria. Inoltre, immergerà i visitatori in un'esperienza divertente e interattiva che sottolineerà l'importanza del consumo responsabile e della responsabilità sociale delle imprese. Nel 2020, si stima che i rifiuti nei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo raggiungeranno un volume di 120 milioni di tonnellate. In particolare a Dubai, che produce annualmente circa 8,4 milioni di tonnellate di rifiuti, è in vigore un programma di riciclo pari al 25%, percentuale che è destinata ad aumentare al 75% per il 2021, oltre a programmi di riduzione delle emissioni di gas metano dalle discariche. È inoltre in corso il progetto per la costruzione del più grande impianto del Medio Oriente per la conversione dei rifiuti solidi in energia, per un investimento complessivo di 2 miliardi di AED (valuta degli Emirati Arabi). La DEWA (L'Autorità idrica ed elettrica di Dubai) ha messo in campo oltre 2,6 miliardi di AED per lo sviluppo delle infrastrutture idriche ed elettriche nell’Emirato in preparazione di Expo 2020, al fine di ottenere un più efficiente sistema di generazione, trasmissione e distribuzione di energia e di acqua. Proprio nel campo energetico sono in itinere grandi progetti:

 

  • Masdar City, città ad emissioni zero in fase di avanzata realizzazione
  • Realizzazione di 2 parchi solari e del “Solar Roof Program” per un totale complessivo di 5000 MW
  • Parco solare fotovoltaico Noor 1 (100MW)
  • Due impianti eolici da 30 MW
  • Centrale nucleare di Barakah con 4 reattori capaci di generare 1.400 MW ciascuno. L'impianto, realizzato dal consorzio sud-coreano KEPCO, entrerà in funzione entro il 2020

 

Expo 2020 sorgerà in un'area di 400 ettari posta nel quadrante sudovest di Dubai nelle vicinanze del nuovo Aeroporto Internazionale Ä€l MaktÅ«m. Il centro dell'evento sarà la piazza Al Wasl, per la quale è stato scelto l'antico nome di Dubai, il cui significato è "la connessione". Da essa si dipaneranno,  le tre aree tematiche della manifestazione: Opportunità, Sostenibilità e Mobilità. Ognuna di esse ospita padiglioni tematici nelle fattezze di tradizionali souk arabi e un'area Best Practice per ognuno dei singoli temi. Tra i petali sorgeranno tre tra le più importanti strutture dell'esposizione: il Padiglione di Benvenuto, il Padiglione dell'Innovazione e il Padiglione UAE. All'esterno dei tre petali sorgeranno i padiglioni nazionali, come da tradizione delle Expo.

Anche nei viali prevarrà lo spirito green: saranno ricoperti di tende ricoperte da materiale fotovoltaico che genererà il 50% dell'energia richiesta dall'intero sito espositivo. Le grandi tende saranno inoltre utilizzate durante la notte per proiezioni digitali. I trasporti all'interno del sito saranno garantiti da una cabinovia. Per l'accesso al sito verranno messi a disposizione 750 bus a emissioni zero chiamati Expo Riders: sarà in funzione anche un'apposita stazione tutta nuova della metropolitana di Dubai.

Vincenzo Cimini

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Thu, 27 Dec 2018 17:03:22 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/476/verso-expo-2020-quando-dubai-mostrera-al-mondo-la-sua-nuova-anima-green vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Lean Thinking, le aziende che “pensano snello” sono più redditizie e appetibili https://www.vincenzocimini.it/post/475/lean-thinking-le-aziende-che-pensano-snello-sono-piu-redditizie-e-appetibili

Si chiama Lean Thinking e significa pensiero snello. Le imprese  che riescono a praticarlo ed a basare su di esso i propri processi di trasformazione riescono ad avere una migliore redditività del capitale investito, circa il 2,7% in più rispetto alle imprese meno snelle o “non lean”, registrando anche un miglior rapporto della posizione finanziaria netta/margine operativo lordo (3,6% in meno). Il dato è emerso dal primo Osservatorio Lean Thinking Icrios Bocconi[1], a cura del professore Arnaldo Camuffo, vicedirettore dell'Invernizzi Center For Research on Innovation, Organization, Strategy and Entrepreneurship (Icrios) della Bocconi, con il supporto di Banco Bpm e della società padovana Auxiell, in collaborazione con Assolombarda e con il patrocinio del Club dei 15, il progetto lean thinking di Confindustria. «L’Osservatorio Lean Thinking – si legge nello studio -  fa leva sul patrimonio costituito dall’Osservatorio AUB, che ogni anno raccoglie i dati di bilancio di tutte le imprese italiane con un fatturato superiore ai 20 milioni di euro, e mette a confronto 171 imprese che hanno sposato la filosofia lean con 3.614 imprese comparabili, che non l’hanno fatto. Le imprese vengono comparate sia dal punto di vista statico (differenze tra un’impresa lean e una che non lo è) sia dinamico (che cosa accade a mano a mano che un’impresa si addentra nel suo percorso lean) secondo tre variabili: redditività del capitale investito, rapporto posizione finanziaria netta/margine operativo lordo e margine operativo lordo».

Si tratta di un metodo inventato da Toyota ottimizzato poi nel tempo. Ma cosa si intende esattamente per Lean Thinking? Potremmo definirla una strategia operativa nata come detto nel settore automotive che è poi stata estesa anche in altri ambiti completamente diversi, creata per aumentare l'efficienza e ridurre se non proprio eliminare gli sprechi. Stiamo parlando di una strategia operativa che mette insieme teoria e pratica con il coinvolgimento di tutti i rami dell'impresa. Il punto di partenza del Lean Thinking è l’identificazione degli sprechi per poi eliminarli e produrre di più con un minor consumo di risorse. Si parte con l'individuare il proprio valore, cioè il bene o servizio che i clienti sono disponibili ad acquistare. Poi viene identificato il flusso del valore, allineando le attività che creano valore collocandole nella giusta sequenza, mettendole in atto senza interruzioni. Questo flusso deve seguire le richieste del cliente, puntando alla perfezione che diventa il riferimento dei programmi aziendali del futuro. Tale principio viene esteso anche alla categoria dei fornitori. Questo mix di cambiamenti provocherebbe un grande mutamento sul piano organizzativo e di mentalità all'interno dell'impresa, una sorta di rivoluzione culturale, dovuta ad alcune tendenze che si saranno nel frattempo registrate: riduzione dei livelli gerarchici, gruppi di lavoro interfunzionali, snellimento delle funzioni, orientamento ai processi, ecc.). Il differenziale di performance delle imprese lean aumenta  col tempo. Da un lato, le imprese che applicano il Lean Thinking sono più redditizie e più «appetibili» per gli investitori. Dall’altro, imprese che soffrono gap di competitività possono ricorrere al Lean Thinking come modello manageriale per migliorare ed essere credibili nelle richieste di finanziamento. 

Per ogni anno di adozione del lean, la redditività del capitale investito migliora di un ulteriore 2,3% e il rapporto posizione finanziaria netta/margine operativo lordo del 2,2%. Discorso diverso, invece, per il margine operativo lordo che, in generale, è inferiore dello 0,8% nelle imprese lean che in quelle non lean, ma che migliora nel tempo, ad un ritmo dello 0,4% l’anno. «Tale dato riflette il fatto che, all’avvio della Lean Transformation, le imprese sopportano maggiori costi, ad esempio in termini di riorganizzazione e formazione del personale - spiega Camuffo - cambiamenti che cominciano a dare i loro frutti solo dopo un po’». L’Osservatorio ripete la stessa analisi per le sole 30 imprese italiane riconosciute (attraverso premi, precedenti studi ecc.) come le protagoniste delle migliori implementazioni del lean e osserva che queste registrano un redditività del capitale investito altissima (+8,3% rispetto alle non lean) e un margine operativo lordo comparabile a quello delle non-lean, mentre il rapporto posizione finanziaria netta/margine operativo lordo è solo moderatamente migliore rispetto a quello delle non lean (dell’1,1%).

Vincenzo Cimini

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Mon, 17 Dec 2018 17:31:26 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/475/lean-thinking-le-aziende-che-pensano-snello-sono-piu-redditizie-e-appetibili vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
2019, largo ai pionieri della digitalizzazione aziendale: i quattro scenari dominanti https://www.vincenzocimini.it/post/474/2019-largo-ai-pionieri-della-digitalizzazione-aziendale-i-quattro-scenari-dominanti

Sempre più digitalizzazione. Questo lo scenario delineato nel nuovo report di Dimension Data[1] sui trend previsti per le tecnologie aziendali nel 2019. Quattro gli ambiti che sono stati analizzati relativi ai Tech Trends: customer experience, cybersecurity, digital business, infrastrutture ed ambienti lavorativi digitali. Tendenze che andranno a ridelineare il quadro tecnologico aziendale. Il primo sarà l'automazione dei processi robotizzati che andranno ad incidere sulla cosiddetta customer experience: le aziende saranno cioè sempre più in grado di poter prendere decisioni predittive in tempo reale in base alle richieste, alle esigenze ed al  comportamento dei propri clienti, con la possibilità di combinare differenti scenari di mercato. Le purtroppo numerose intrusioni nella sicurezza informatica di alto profilo che si sono registrate nel 2018 porteranno le aziende a focalizzarsi sulle piattaforme cloud di cybersecurity, cercando dunque di aumentare la sicurezza informatica dei propri sistemi con un aumento dunque di fatturato per quei fornitori di servizi di sicurezza che sapranno sfruttare questa onda di mercato. Un altro degli scenari previsti riguarda la sottoscrizione da parte delle aziende di vari abbonamenti a molteplici piattaofrme cloud con l'aumento dell'utilizzo di Software-as-a-service, modello di distribuzione del software applicativo dove un produttore di software sviluppa, crea  e gestisce un'applicazione web che mette a disposizione dei propri clienti via Internet, spesso si tratta di un servizio di cloud computing. Non si paga per il possesso del software bensì per il suo utilizzo. Le applicazioni saranno sempre più personalizzabili in grado sempre più di raccogliere input dagli utenti. Il vero valore sarà quello dei dati e del loro valore reale.  «L'intelligenza artificiale e l'apprendimento automatico –  - si legge nel report -  avranno un ruolo significativo in grado di offrire ai dipendenti di un'azienda le informazioni giuste per svolgere al meglio la loro attività lavorativa. Gli stessi processi aziendali subiranno un deciso miglioramento con l'utilizzo dell'intelligenza artificiale che avrà anche un ruolo chiave nell'aiutare a verificare i dati sul posto di lavoro. L'autenticità dei dati è essenziale per il processo decisionale e se i dati non sono verificati potrebbe essere a rischio la bontà delle decisioni aziendali».  Le aziende saranno costantemente alla ricerca di modi per migliorare la loro efficienza e aumentare la produttività. Secondo Dimension Data si cercherà di farlo attraverso l'evoluzione della digitalizzazione aziendale, in modo da rendere i propri processi interamente programmabili  con l'infrastruttura aziendale in grado di adattarsi rapidamente per soddisfare i cambiamenti e le esigenze che si presenteranno e migliorare le prestazioni evitando costi crescenti.

 «Sino a oggi – ha dichiarato Ettienne Reinecke, Group CTO Dimension Data -  il nostro mercato ha parlato solo teoricamente di tecnologie innovative, senza però offrire un quadro chiaro di come queste potenti innovazioni verranno utilizzate. Basti pensare agli analytics, al machine learning, all’intelligenza artificiale, la blockchain, e i containers, per citarne alcune. Tutto ciò sta cambiando. Le applicazioni delle tecnologie rivoluzionarie stanno diventando sempre più pervasive e la loro adozione sta crescendo in modo costante. Nel 2019, vedremo aziende innovative presentare esempi concreti di digital transformation di forte impatto e molti altri ancora nei prossimi tre anni. Queste tecnologie diventeranno talmente integrate nei processi e nelle tecnologie chiave da essere considerate come consuetudine. Il 2019 sarà l’anno in cui i pionieri guadagneranno un significativo vantaggio competitivo rispetto ai seguaci più veloci, modificando così i tradizionali equilibri di mercato».

Vincenzo Cimini

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Sun, 9 Dec 2018 16:12:05 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/474/2019-largo-ai-pionieri-della-digitalizzazione-aziendale-i-quattro-scenari-dominanti vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Oltre la digitalizzazione, sarà il Continuous Next l’arma vincente per le aziende? https://www.vincenzocimini.it/post/473/oltre-la-digitalizzazione-sara-il-continuous-next-l-arma-vincente-per-le-aziende

Se la trasformazione digitale è in corso c'è un nuovo approccio aziendale che secondo molti esperti sarà quello vincente nei prossimi anni. Si chiama Continuous Next. L'annuncio più forte in tal senso è arrivato da Mike Harris, executive vice president e global head of Research di Gartner, davanti ad una platea di oltre 6000 CIO e responsabili IT durante il Gartner Symopsium/Itxpo di Barcellona[1]. Il ContinuousNext è un'evoluzione della trasformazione digitale di un'impresa che deve ancora di più aumentare la propria propensione di adattabilità al cambiamento. Il dinamismo sarà il fattore determinante secondo gli analisti di Gartner. Per dinamismo si intende la capacità di saper abbracciare il cambiamento con contemporanea adozione della tecnologia con un approccio nuovo. Secondo Harris i tre quarti delle aziende si troverebbero in difficoltà proprio sul piano del dinamismo. Non basta quindi adottare od utilizzare la tecnologia. Sono stati delineati cinque fattori[2] per una strategia ContinuousNext di successo. Il primo riguarda la capacità di saper padroneggiare la privacy con la creazione di connessioni digitali affidabili. Devono essere direttamente i CIO a gestire correttamente la privacy, componente legata direttamente alla fiducia. Le varie violazioni ai sistemi di sicurezza portano scetticismo da parte di consumatori e dipendenti, a cui il tema della protezione dei propri dati oggi sta particolarmente a cuore. Disattendere aspettative in questo campo può generare dunque un potenziale clima di sfiducia, interno ed esterno. Il secondo fattore riguarda l'intelligenza aumentata, lo scalino seguente l'intelligenza artificiale. Secondo Gartner queste due componenti andranno ad impattare sulla forza lavoro ma questo non sarà dannoso per i lavoratori. All'interno dell'azienda deve essere presente la cosiddetta “cultura dinamica”, i cambiamenti da apportare non devono sempre essere grandiosi e difficili, ma bastano piccole azioni di cambiamento che spesso non vengono attuate perché trascurate e poco considerate. Il quarto fattore chiave è il cosiddetto Digital Product Management, da adottare il più  in fretta possibile. Si tratta di un insieme di tecnologie con cui gestire al meglio le informazioni, i processi e le risorse a supporto dei prodotti, dalla loro ideazione, allo sviluppo e produzione, al lancio sul mercato  fino al supporto post vendita. Non si tratta solo di tecnologia informatica, ma anche di un approccio strategico integrato che mescola  tecnologie, metodologie di organizzazione del lavoro collaborativo e definizione di processi che girano attorno alla creazione del prodotto. Infine l'adozione del Digital Twin, ossia dei gemelli digitali, solitamente utilizzati per gestire cose fisiche. Il Digital Twin è una copia esatta di qualcosa di reale sul quale fare test e prove in modo da evitare problemi o errori che potrebbero costare cari e causare ritardi evitabili. Sempre di più le aziende vogliono evitare di incontrare i problemi durante la produzione, il montaggio o la messa in funzione del proprio prodotto. Una verifica preventiva  con una simulazione digitale aumenta decisamente le possibilità di una maggiore efficienza produttiva. Secondo Gartner il modello digital Twin potrebbe essere utilizzato anche nell'organizzazione aziendale per vedere virtualmente come le persone lavorano, i sistemi ed i processi che vengono utilizzati, le modalità con cui il lavoro si sposta da un dipartimento all'altro all'interno dell'organizzazione aziendale. Modellando scenari diversi creati digitalmente si potrà scegliere il migliore e renderlo reale all'interno dell'azienda.

Vincenzo Cimini


[1]https://www.gartner.com/en/conferences/emea/symposium-spain

[2]https://www.gartner.com/en/newsroom/press-releases/2018-10-15-gartner-says-continuousnext-is-the-formula-for-success-through-digital-transformation-and-beyond

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Mon, 3 Dec 2018 17:57:14 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/473/oltre-la-digitalizzazione-sara-il-continuous-next-l-arma-vincente-per-le-aziende vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Dubai, con una passeggiata si azzerano le code in aeroporto: arriva il primo percorso biometrico https://www.vincenzocimini.it/post/472/dubai-con-una-passeggiata-si-azzerano-le-code-in-aeroporto-arriva-il-primo-percorso-biometrico

Un percorso biometrico per azzerare le code al check-in. Dubai continua ad evolversi e grazie alla ricerca tecnologica messa in campo da Emirates, per la prima volta al mondo sarà lanciato questo innovativo sistema nell'hub dell'aeroporto internazionale di Dubai, per arrivare a controlli veloci e senza ritardi. La tecnologia messa in campo chiama in causa il riconoscimento facciale e delle iridi e permetterà ai passeggeri di fare in modo molto più rapido il check-in, completare le formalità previste ed entrare nelle lounge Emirates prima di imbarcarsi nei rispettivi voli, il tutto semplicemente con una passeggiata. Il sistema biometrico è stato installato al Terminal 3 dell'aeroporto internazionale di Dubai, inizialmente destinato ai passeggeri Premium dell'Emirates Lounge nel Concourse in B ed in alcuni gate di imbarco. Le aree dove sarà in funzione questo equipaggiamento saranno segnalate in modo chiaro. Passeggiando nello “Smart Tunnel” i passeggeri vengono controllati senza l'intervento dell'uomo o la necessità di timbrare il passaporto cartaceo. Il progetto è stato lanciato lo scorso 10 ottobre ed è stato sviluppato dal General Directorate of Residence and Foreigners Affairs di Dubai in collaborazione con Emirates. Si tratta di un vero e proprio primato mondiale. Il sistema è in fase di testing interna poi ci saranno delle prove per l'elaborazione biometrica in altri punti chiave dell'aeroporto come gate di imbarco, lounge area, check-in, varchi. I dati biometrici saranno archiviati ed ai clienti invitati a partecipare il test sarà preventivamente chiesto il consenso. «Guidata dal nostro presidente lo Sceicco Ahmed bin Saeed Al-Maktoum – ha commentato  Adel Al Redha, Executive Vice President e Chief Operations Officer di Emirates – la nostra compagnia continua a innovare e si impegna a migliorare le nostre attività quotidiane. Dopo un’ampia ricerca e valutazione di numerose tecnologie e nuovi approcci per migliorare il nostro viaggio ai passeggeri, siamo ora soddisfatti del lavoro preliminare che abbiamo svolto e siamo pronti ad iniziare le prove dal vivo nel primo percorso biometrico, al Terminal 3 di Emirates». Il vantaggio per i passeggeri sarà notevole: meno code, meno documenti, meno controlli. I passeggeri saranno localizzati in tempo reale e questo aumenterà la sicurezza complessiva e la capacità di Emirates di poter offrire servizi sempre più personalizzati ed anche utili come l'assistenza in caso di ritardi da parte di qualche cliente che potrebbero rischiare altrimenti di perdere il volo. Il percorso biometrico, immaginato inizialmente per First Class e Business Class, sarà gradualmente esteso anche ai passeggeri economy e in altri aeroporti.

Nel 2017 l'aeroporto internazionale di Dubai è stato il terzo più frequentato al mondo con 88.242.099 passeggeri ed un incremento del 5% rispetto all'anno precedente. A guidare la classifica Atlanta e Pechino. Tra i primi 30 hub non c'è nemmeno un aeroporto italiano. L'aeroporto di Dubai è il più grande e importante aeroporto del Medio Oriente ed è situato nel quartiere Garhoud, a 4 km a nord-est della città. Si sviluppa su una superficie di 3.400 ettari di terreno.

Vincenzo Cimini

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Wed, 28 Nov 2018 17:26:32 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/472/dubai-con-una-passeggiata-si-azzerano-le-code-in-aeroporto-arriva-il-primo-percorso-biometrico vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Emirati Arabi e progetti ambientali: un mercato da 100 miliardi di dollari https://www.vincenzocimini.it/post/471/emirati-arabi-e-progetti-ambientali-un-mercato-da-100-miliardi-di-dollari

«Secondo la Banca Mondiale, gli Emirati Arabi Uniti producono circa 2,2 chili di rifiuti solidi urbani a persona al giorno. La società ambientale leader Beeah, raccoglie circa 3 milioni di tonnellate l’anno. È un settore in crescita veloce». Sono le parole di Abdalla Alshamsi, console generale degli Emirati a Milano che testimoniano le potenzialità di questo mercato, che negli ultimi anni si è notevolmente espando con la sottoscrizione di importanti accordi commerciali. Secondo il governo federale il complesso dei progetti legati all'ambiente, entro il 2020, avrà un volume di 100 miliardi di dollari, spinto proprio dalla crescita legata al settore dei rifiuti solidi urbani: la produzione pro-capite è tra le maggiori al mondo. Si calcola che l'economia verde avrà un valore di circa 300 milioni di dollari nel giro di due anni sul modello già delineato dall' Emirato di Sharjah[1] rivelatosi pioniere della raccolta differenziata, del riciclo e della trasformazione energetica. Tra i gruppi che stanno cercando di inserirsi con la propria eccellenza in questo mercato c'è anche  Ambienthesis, che ha stipulato un accordo assieme a Bee’ah Sharjah Environment, società degli Emirati Arabi Uniti che si occupa sia della raccolta sia della separazione, oltre che del recupero e dello smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, così come delle energie rinnovabili. L’oggetto della collaborazione è soprattutto la condivisione di know-how e delle tecnologie, con il fine di sviluppare iniziative condivise negli Emirati Arabi Uniti, nel Medio Oriente e in Europa, tanto nei settori del waste management e del waste to energy, quanto in quello delle bonifiche dei terreni e delle acque. Gli Emirati stanno avendo una fortissima espansione economica e dunque si è resa necessaria anche una presa di coscienza dei possibili problemi ambientali connessi allo sviluppo con una gestione dei rifiuti che dovrà diventare virtuosa. L'obiettivo dichiarato nel breve termine è quello che porterà il 75% dei rifiuti nelle discariche, mentre il 27% del fabbisogno energetico dovrà arrivare da risorse pulite. «Per le aziende italiane si presentano molte opportunità – ha aggiunto Alshamsi -  un settore importante è l’e-waste di cui gli EAU producono circa 100mila tonnellate l’anno. La trasformazione dei rifiuti in energia è relativamente nuova per gli Emirati e dunque l’attività di gestione integrata dei rifiuti ha raggiunto un tasso di crescita annuale dell’8,5 per cento. Sono tanti gli attori territoriali interessati ai processi del mercato, dalle società governative, come Tadweer, e semi-governative come Beeah a quelle locali: Imdaad, Dulsco, Trashco, Tanzifco e Blue oltre alle aziende internazionali». Nonostante la folta presenza, un report di Frost&Sullivan prevede che il mercato potenziale dei rifiuti potrebbe raddoppiare nei prossimi cinque anni”. Proprio nel rapporto si legge: “mentre finora i rifiuti nei Paesi del Golfo sono arrivati per lo più dal settore delle costruzioni oggi si assiste alla crescita impetuosa di rifiuti elettronici, scarti industriali pericolosi e materiali biomedicali per i quali c’è bisogno di trattamenti rispettosi dell’ambiente con capacità aggiuntive rispetto a quelle disponibili”. Gli Emirati hanno dunque necessità di investire in strutture  e tecnologie per il trattamento dei rifiuti, specialmente quelli di tipo industriale. «È un settore in fermento – dichiara Giampaolo Bruno, direttore dell'Ice a Dubai (Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane) -  la sensibilità per la gestione integrata dei rifiuti è in forte aumento anche se ancora un’alta percentuale di questi rifiuti finisce in discarica. A maggio di quest’anno il governo federale ha varato la prima legislazione tra tutti i Paesi del Golfo che dà forma all’ambizione di gestire fuori dalla discarica fino al 75% dei rifiuti solidi generati nel Paese. Nel medio-lungo periodo si apriranno molte occasioni di business. Ma c’è bisogno di fare sistema».

Vincenzo Cimini

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Tue, 20 Nov 2018 17:55:44 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/471/emirati-arabi-e-progetti-ambientali-un-mercato-da-100-miliardi-di-dollari vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Liberare risorse finanziarie e spingere la crescita: così si recupera la marginalità https://www.vincenzocimini.it/post/470/liberare-risorse-finanziarie-e-spingere-la-crescita-cosi-si-recupera-la-marginalita

In molti settori della nostra economia la marginalità, il cui recupero è uno dei fondamentali obiettivi per il management di un'azienda, è scesa in modo drastico. Questo si è verificato sia per ragioni di macroeconomia che per altre variabili di breve periodo. Che si tratti un'azienda in ottime condizioni finanziarie, magari di una certa dimensione e spinta all'innovazione oppure di un'altra realtà con qualche problema nell'effettuare investimenti, la ricetta giusta per lo sviluppo sembra essere sempre quella legata a politiche in grado di favorire la crescita, puntando a quelle potenzialità di sviluppo rimaste magari inespresse. E crescita non significa solo conquistare nuovi mercati ma si può ottenere anche in altro modo. Sono questi i suggerimenti che arrivano da Expense Reduction Analysts, più amichevolmente conosciuta come ERA, una grandissima società di consulenza internazionale specializzata nella riduzione dei costi, nella gestione dei fornitori e che in pratica si fa pagare solo di fronte a risultati tangibili ottenuti. È stata fondata nel 1992 da Frederick Marfleet ed ha clienti piuttosto importanti come Calearo, Chef Express, primari studi legali, Saviola, Kasanova, Ecc. L'intento di ERA è quello di portare le aziende ad ottimizzare i costi aumentando allo stesso tempo le risorse per lo sviluppo. «Prendiamo un’azienda generica che chiameremo Alfa, con un fatturato di 39,7 milioni di euro e un’EBITDA di 6,2 milioni pari al 15,61% - ha spiegato in una intervista a Business International[1], Ugo Rietmann, Senior Partner di Expense Reduction Analysts Per aumentarne il valore si può intervenire sul fatturato per farlo crescere, ma anche sul cost saving: per proseguire nell’esempio, se il nostro intervento giungesse a portare un risparmio sui costi anche solo di 100.000 il nuovo EBITDA di 6,3 sarebbe comunque migliorato dell’1,5%. Aumentare l’EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization, ossia l'utile prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti, nda)   della stessa % agendo sulla crescita del fatturato è ovviamente molto più oneroso. E volendo c’è di più. Per aumentare il fatturato, a meno che ci si trovi in particolari condizioni di forza di mercato, diventa necessario attuare delle politiche commerciali aggressive in termini di prezzo praticato o di natura finanziaria». Uno dei temi centrali è quello legato agli effettivi strumenti in mano alle aziende per aver accesso alle cosiddette risorse spendibili. La chiave per centrare l'obiettivo della crescita. «Noi utilizziamo strumenti di analisi e di procurement complessi per ottimizzare diverse categorie di costo, dalla supply chain, alle telecomunicazioni, ai costi di viaggio o gli oneri bancari. Il nostro obiettivo consente di incrementare l’EBITDA e i flussi di cassa attesi, aumentando così il valore dell’azienda per gli azionisti e investitori e liberando risorse per finanziare la crescita. Lavorare sui costi fissi porta benefici importanti e spendibili in tempi brevi».

Temi che sono stati sviscerati nel Cfo Summit 2018, tra gli eventi di riferimento in Italia per la community dei CFO. Direttori Amministrazione Finanza e Controllo si incontrano per analizzare i principali sviluppi di questa figura che ha sempre più importanza e responsabilità in azienda. Un ruolo come abbiamo già visto in altri articoli in grande evoluzione. La stessa qualifica di Chief Financial Offer secondo un sondaggio diffuso durante il Summit sembra considerata ormai inefficace nel descrivere le variegate attività e responsabilità di questa figura.

Vincenzo Cimini

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Thu, 15 Nov 2018 17:47:55 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/470/liberare-risorse-finanziarie-e-spingere-la-crescita-cosi-si-recupera-la-marginalita vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Innovazione e nuovi modelli di business: la prima ricerca dell’Osservatorio di 4.Manager https://www.vincenzocimini.it/post/469/innovazione-e-nuovi-modelli-di-business-la-prima-ricerca-dell-osservatorio-di-4manager

È nato l’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager, l’Associazione costituita da Confindustria e Federmanager che promuove nuovi approcci alle politiche attive del lavoro per la crescita competitiva delle imprese e del Paese. L'obiettivo è quello di analizzare i prossimi scenari delle competenze manageriali e del mercato del lavoro fornendo idee, strumenti e studi per poter cogliere sfide e dinamiche future. I dati saranno poi messi a disposizione di Federmanager e Confindustria.  L'Osservatorio di 4.Manager ha già prodotto la prima ricerca: “Management ed innovazione dei modelli di business”[1], presentata nei giorni scorsi a Roma. Ne emerge un interessante spaccato del sentiment di manager ed imprenditori relativo ad innovazione, nuovi modelli di business, e ruolo dei manager. «Il 67% degli imprenditori e manager – si legge nella ricerca - ritiene “molto importante” l’innovazione dei modelli di business. Si tratta di una nuova visione aziendale che coinvolge i manager nei processi di cambiamento e nella ricerca di nuovi modelli di governance più agili e flessibili. Maggiore competitività, miglioramento della reputazione aziendale, produttività e aumento dei profitti sono i benefici derivanti dall’innovazione espressi dagli imprenditori e i manager intervistati dall’Osservatorio. Trend confermati da una ricerca condotta dal Boston Consulting Group, dalla quale è emerso che le aziende che innovano l’intero modello di business hanno un vantaggio competitivo misurabile in +8,5% sugli utili nell’arco dei 3 anni».  Sono gli stessi imprenditori ad avvertire l'esigenza di rinnovare i modelli organizzativi e di business di fronte ad una competizione sempre più globale ed alle grandi trasformazioni tecnologiche. Emerge la sensazione di come organizzazioni di stampo burocratico e piuttosto rigide siano ormai fuori dalla storia, la divisione settoriale e specialistica del lavoro sembra non funzionare più tanto bene, con un mercato del lavoro sempre più dinamico.  E sono proprio i manager ad essere chiamati a raccogliere il testimone di passaggio tra modelli tradizionali e nuovi modelli di impresa. «La ricerca dell’Osservatorio ha inoltre rivelato che nei processi d’innovazione dei modelli di business, il contributo dei manager è considerato “molto importante” dal 70% del campione. Ai manager è richiesta la capacità di fungere da connettori di persone e di processi, di anticipare in modo creativo le tendenze del mercato e di integrare trasversalmente asset e competenze, attraverso la combinazione di hard skills (competenze tecniche e specialistiche) e soft skills (quelle comportamentali), utili a rendere omogeneo il processo di cambiamento, a tutti i livelli. Secondo le analisi dell’Osservatorio, lo strumento essenziale per la realizzazione di questo obiettivo consiste nella “contaminazione” creativa di nuovi modelli all’interno delle imprese, realizzata attraverso la collaborazione tra imprenditori e manager». Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager e di Federmanager ha ricordato gli ultimi dati di Eurostat secondo i quali la produttività del lavoro italiano è cresciuta del 4% contro la media europea del 10,5%, addirittura quella tedesca è tre volte più veloce. «Per questo che oggi mettiamo in campo un nuovo strumento, l’Osservatorio voluto da Confindustria e Federmanager per favorire l’incontro tra i fabbisogni reali delle imprese e l’offerta di competenze manageriali. È fondamentale trasferire al sistema produttivo italiano i modelli di lavoro manageriale emergenti, per favorire la crescita socio-economica del Paese».

Vincenzo Cimini

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Mon, 5 Nov 2018 18:31:06 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/469/innovazione-e-nuovi-modelli-di-business-la-prima-ricerca-dell-osservatorio-di-4manager vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Forum controllo di gestione, CFO sempre più leader della trasformazione digitale https://www.vincenzocimini.it/post/468/forum-controllo-di-gestione-cfo-sempre-piu-leader-della-trasformazione-digitale

Si è svolto nelle scorse settimane a Milano il 3° Forum Controllo di Gestione. Organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Andaf (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e finanziari), l'evento è stato un momento particolarmente significativo per parlare di controllo di gestione, delle analisi delle migliori pratiche aziendali e dell'impatto della digitalizzazione. Il principale argomento di questa edizione è stato proprio il processo di cambiamento digitale dell'azienda con l'impatto sul controllo di gestione e su quelle che sono le competenze e le attitudini che da qui in avanti saranno richieste al CFO. Nella prima sessione del Forum si è affrontato il tema della digitalizzazione del controllo di gestione, con un'attenzione rivolta all'evoluzione  che ha riguardato controllo e pianificazione e sullo shift delle competenze professionali richieste al CFO, nella seconda invece si è affrontato il tema dei modelli di cost accounting e previsionali di redditività e profittabilità. «In un ambiente sempre più mutevole e complesso – ha dichiarato Carmine Scoglio, vicepresidente di Andaf ad Ipsoa Quotidiano[1]il management aziendale ha bisogno di un numero di informazioni sempre maggiore e sempre più tempestive. Pertanto, un attento controllo di gestione deve essere in grado di misurare non solo le grandezze economico-finanziarie ma anche aspetti molto più ampi che hanno impatto sulla performance aziendale e tali da influenzare i risultati economici futuri. Parliamo dunque di informazioni “quali-quantitative” che, nella maggior parte dei casi, non sono ricavabili da dati disponibili in un unico ambiente. Di qui la necessità di interpretarli e metterli in relazione. È chiaro che, in presenza di un’elevata complessità ambientale, l’insieme delle logiche e delle infrastrutture che consentono la misurazione quantitativa delle operazioni, dei processi e delle performance aziendali, non può più prescindere dall’utilizzo di sistemi digitali evoluti in grado di gestire e sintetizzare una mole di dati sempre più eterogenea, elevata e in costante crescita». Il ruolo del CFO assume dunque sempre di più il ruolo di vero e proprio leader nel processo di trasformazione digitale, diventando cioè la figura  guida dell'azienda per recuperare valore, infrangere le barriere e le resistenze interne al cambiamento, semplificare i processi abbracciando quindi i benefici offerti dalla tecnologia, dirigendo le fasi di sviluppo per ottimizzare i costi e sprigionare il potenziale inespresso aziendale. Diventa quindi fondamentale l'adozione di strumenti digitali evoluti per sintetizzare una quantità massiccia di dati sempre più diversi tra loro e che dunque sarebbe difficilissimo analizzare con altri strumenti. Solo così si possono misurare in modo quantitativo e qualitativo le performance aziendali. «La digital transformation – prosegue Scoglio -  ha impatto su tutte le applicazioni a supporto delle tipiche attività del controller, facilitando l’acquisizione dei dati da fonti molteplici e permettendo una maggiore velocità e accuratezza di elaborazione e di accesso alle informazioni, in modo tale da consentire una gestione più flessibile ed efficace dei processi di pianificazione, budgeting e di reporting. La digitalizzazione del controllo di gestione diviene quindi un must, affinché quest’ultimo mantenga e sviluppi la sua valenza strategica, nella misura in cui permette di ricavare ed elaborare informazioni e dati che, se opportunamente integrati e gestiti, permettono a loro volta di avere un quadro completo ed in tempo reale dell’azienda e quindi di prendere decisioni molti più consapevoli e veloci».

Vincenzo Cimini

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Fri, 2 Nov 2018 17:26:46 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/468/forum-controllo-di-gestione-cfo-sempre-piu-leader-della-trasformazione-digitale vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Incertezza e fiducia sulla crescita economica: il sentiment dei CFO italiani secondo Deloitte https://www.vincenzocimini.it/post/467/incertezza-e-fiducia-sulla-crescita-economica-il-sentiment-dei-cfo-italiani-secondo-deloitte

«I CFO italiani guardano ancora con ragionevole fiducia al futuro, anche se il clima di entusiastico ottimismo dell’autunno 2017 sembra essersi ridimensionato, complice soprattutto l’incertezza legata al contesto politico attuale. Nonostante tutto, ad oggi sempre più CFO ritengono che questo sia il momento giusto per assumere maggiori rischi, incrementare la forza lavoro e investire». Così dichiarano da Deloitte[1], nel commentare il sentiment dei CFO italiani ed europei. Interessante lo spaccato che emerge dall'ultima ricerca disponibile condotta a livello europeo su un campione di 20 Paesi e più di 1.600 CFO. Nello studio si evidenzia come  il 52% dei CFO italiani, preveda un aumento dei ricavi nei prossimi 12 mesi: 5 punti percentuali in più rispetto all’autunno 2017 toccando il livello più alto raggiunto dal 2015. Sono ancora positive anche le aspettative sui margini: il 40% dei CFO italiani, prevede margini più elevati nell'arco di un anno, sostanzialmente invariati rispetto all’autunno 2017. C'è però una tendenza, una sensazione da non sottovalutare: si inizia anche a percepire un rilevante intaccamento dei margini, soprattutto nell'Eurozona dove effettivamente le  previsioni prefigurano un trend di ulteriore discesa. I manager dall'area finanza e controllo di gestione sembrano più fiduciosi sui mercati non europei, in particolare dalla ricerca emerge uno smodato ottimismo tedesco su questo fronte.

Significativa anche la parte dell'indagine che concede spazio ai timori ed alle difficoltà che incontrano le aziende, sempre dal punto di vista dei CFO. Il 55% di essi sottopone la problematica di una evidente carenza di manodopera qualificata: questo rappresenta uno dei tre rischi più significativi per la propria impresa. Una percentuale in netta crescita rispetto al 37% dell’indagine di autunno 2017. Ed a giudicare dalle risposte si tratta di una preoccupazione a lungo termine, quindi di cui non intravede una possibile soluzione. In Italia si teme l'instabilità politica generata dalle ultime elezioni ed i timori sul protezionismo americano. Nonostante questi scenari, il 36% dei CFO prefigurava l'aumento del numero dei dipendenti nel giro di un anno. «Anche nel nostro Paese quindi come nel resto d’Europa, le aspettative di crescita economica sembrano rimanere piuttosto solide, nonostante sia andato esaurendosi l’entusiasmo dei mesi scorsi. Lo scenario complessivo, tuttavia, non è del tutto roseo: non va dimenticato, infatti, che, secondo le stime di crescita del Pil per il 2019 dello stesso FMI, l’Italia si colloca all’ultimo posto nell’eurozona, superata dalla Grecia». Una ricerca dunque che sembra riflettere le luci, le ombre, le contraddizioni e l'imprevedibilità di questa fare economica e sociale. Lo si evince anche da questo passaggio dello studio. In Italia e Inghilterra si registrano i più alti livelli di incertezza percepita: in Italia, più di un CFO su due (53%) considera il contesto esterno come altamente incerto (+54 punti percentuali rispetto al dato rilevato nell’autunno 2017).  In UK si arriva addirittura all’86%

Vincenzo Cimini

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Mon, 29 Oct 2018 19:21:05 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/467/incertezza-e-fiducia-sulla-crescita-economica-il-sentiment-dei-cfo-italiani-secondo-deloitte vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Le spese di trasferta fanno sballare i conti aziendali: parola di CFO https://www.vincenzocimini.it/post/466/le-spese-di-trasferta-fanno-sballare-i-conti-aziendali-parola-di-cfo

Le aziende spendono troppo superando i limiti di spesa annuali. Almeno stando a sentire la stragrande maggioranza dei CFO. Lo rivela l'Osservatorio “The cost of doing nothing” di Sap Concur, organizzazione che ha portato la completa connessione delle varie modalità di spesa all'interno delle imprese di ogni dimensione. Secondo questa ricerca le aziende tendono a spendere oltre il 10% dei fondi annuali solo per finanziale le spese di trasferta dei propri dipendenti. L'81% dei CFO, la figura aziendale che gestisce le risorse finanziarie, rivela candidamente di imbattersi in ammanchi analizzando costi di viaggio e fatturazione dei dipendenti. Da questo emerge un'altra considerazione: due terzi dei CFO teme che proprio i dipendenti non rispettino le politiche aziendali sulle spese di trasferta mentre il 77% ammette difficoltà nel rintracciare in modo facile e veloce i dipendenti quando si trovano fuori sede in caso si presenti un'emergenza. Fatta questa premesse è quindi elementare comprendere come il 98% dei CFO vorrebbe arrivare ad un controllo totale sulla gestione delle spese per limitare i futuri danni ed eliminare i 4 rischi[1] di una gestione delle note spese non corretta. Il primo rischio è quello di un limitato controllo e scarsa visibilità dei costi[2]. «Aumento dei costi aziendali, perdita di tempo e produttività, errori di trascrizione e dimenticanze sono solo alcuni degli aspetti negativi che comporta la registrazione manuale delle note spese. Ciò si verifica soprattutto in occasione delle trasferte di lavoro: spesso, pensando di agevolare i processi, i dipendenti si organizzano da sé, rendendo invece più lungo e complesso l’iter burocratico che segue nel rimborso spese. Così facendo, l’amministrazione non è in grado di erogare la corretta somma di denaro secondo le esigenze». Il secondo punto fondamentale è quello della violazione delle normative e dell'arrivo di prevedibili sanzioni. «Stare al passo con i regolamenti normativi in continuo aggiornamento è un punto critico per ogni azienda che deve prestare attenzione a non commettere violazioni finanziarie e della privacy dei dipendenti. Quasi metà delle spese e delle fatture non vengono controllate per evitare inesattezze. Presumere, dunque, che le dichiarazioni di spese di trasferta aziendale siano corrette non è abbastanza: è necessario che l’azienda sviluppi un sistema di gestione solido delle note spese, evitando di incappare in multe e togliendo un considerevole peso burocratico dalle spalle dei dipendenti».  C'è poi il rischio di abbandono del dipendente. «Quando un dipendente viaggia per lavoro, l’azienda ne è responsabile legale e, in quanto tale, è sua premura predire e ridurre i rischi legati alla trasferta. Spesso però, per comodità o rapidità nell’organizzazione del viaggio, i dipendenti sono soliti predisporre in autonomia la trasferta, creando così un grave danno all’azienda che non è in grado di monitorare gli spostamenti e le spese e di poter aiutare in caso di emergenza».  Infine uno dei danni potenzialmente più pericolosi: la perdita di strategia e di valore competitivo. «Le tradizionali soluzioni di gestione di budget spesso mancano di quella flessibilità e semplicità di utilizzo necessarie a soddisfare i bisogni di un’azienda. Focalizzandosi sulla pianificazione annuale dei budget, le aziende dimenticano le voci extra rallentando così l’amministrazione che non ha a disposizione dati aggiornati per predisporre ulteriori piani finanziari. La consuetudine di affidare la gestione delle analisi delle note spesa a gruppi differenti di operatori è inefficiente se si vuole una collaborazione e un’implementazione dei dati finanziari su molteplici fronti. Ottimizzare i budget da destinare a ogni settore o dipendente è dunque un bisogno che accomuna le necessità di dirigenti e dipendenti: il 95% dei CFO considera le soluzioni cloud estremamente importanti per le performance finanziarie dell’azienda.»

Vincenzo Cimini

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Thu, 25 Oct 2018 18:05:42 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/466/le-spese-di-trasferta-fanno-sballare-i-conti-aziendali-parola-di-cfo vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Digitalizzazione e innovazione, come sta cambiando il ruolo del CFO https://www.vincenzocimini.it/post/465/digitalizzazione-e-innovazione-come-sta-cambiando-il-ruolo-del-cfo

Quale sarà il futuro ed il ruolo dei CFO? Per cercare di delineare i possibili scenari Expense Reduction Analysts nei mesi scorsi ha diffuso i risultati della ricerca “The future od CFO in Enterprise 4.0”[1], realizzata in collaborazione con Business International ed il supporto di Accenture. Efficienza, crescita ed innovazione sembrano essere le parole chiave del presente e soprattutto del futuro, nell'ottica dell'industria 4.0. Le aziende saranno sempre più chiamate nei prossimi anni ad innovare i propri business plan e le proprie procedure con l'area dell'ottimizzazione dei costi che è diventata sempre più prioritaria.  La ricerca ha mostrato come il ruolo del Cfo si sia sempre di più allineato verso quello di perno per il processo decisionale e per la gestione dei rischi strategici, con competenze diverse rispetto al passato.  La digitalizzazione dei processi amministrativi diventa fondamentale così come la tecnologia e l'innovazione dei sistemi. La raccolta dei dati ha visto coinvolti i CFO di 95 aziende. Nel campione oggetto di indagine c'erano sia aziende di servizi/utilities e trasporti che aziende manifatturiere. «I risultati della ricerca mostrano che l’88% dei CFO partecipanti ha dichiarato che, nell’area ICT, avverranno cambiamenti molto rilevanti derivanti dall’adozione delle logiche e degli approcci dell’impresa 4.0. Contemporaneamente però i CFO sono pienamente consapevoli del fatto che anche la propria attività sarà impattata in modo rilevante dall’evoluzione 4.0, al pari dei processi di ICT, Security, Logistica e Operations. Oggi c’è una maggiore consapevolezza che l’impatto della digital transformation non è limitato soltanto alle funzioni prettamente tecniche, ma coinvolge tutta l’azienda, compresa l’area Finance. Possiamo dire che vi è una maggiore coscienza anche di come potrebbe cambiare il ruolo della funzione finance all’interno dell’impresa 4.0. Si rende necessario un profondo ripensamento del modello complessivo delle attività e dei processi di CFO, al pari di quanto sta avvenendo nelle aree aziendali sopra citate. In un contesto economico in continuo cambiamento e, per effetto della digitalizzazione, in profonda trasformazione, del management, della governance e della direzione di marcia, la funzione Finance non può restare un semplice centro di produzione di dati e di controllo degli stessi». Dalla ricerca emerge comunque che non ci sono certezze sul fatto che la digitalizzazione riuscirà a portare un aumento generale delle competenze del lavoro o invece non possa causare un impoverimento dell'esperienza e ad una semplificazione della capacità umana.

Di sicuro l'automazione abbraccerà l'intero processo di controllo e quindi il CFO si occuperà anche di dati non finanziari, mettendo a punto nuove metriche per misurare il valore dell'organizzazione nel lungo periodo. Fornendo scenari per il futuro in grado di dare valore al business. La misurazione di quanto accaduto in passato, diventando più tempestiva, convoglierà meno risorse rispetto a quanto avviene oggi. «Il CFO – si legge nella ricerca -  deve avere strumenti adatti per dotarsi di approcci e metodologie che consentano di supportare il management nella gestione delle priorità e della pianificazione strategica. L’idea che nelle imprese digitali vi sia un unico leader in grado di indicare la rotta, è ormai da considerarsi obsoleta: quest’approccio funzionerebbe quando la soluzione di un problema fosse semplice e lineare. Se però è necessaria una risposta realmente originale “nessuno” può stabilire in anticipo quale dovrà essere questa risposta. Guidare l’innovazione, che sta alla base dell’era 4.0, non può consistere nel creare e “vendere una visione” a dipendenti e collaboratori per poi stimolarli con adeguati sistemi premianti affinché la mettano in pratica. L’idea della presenza di un unico leader visionario è talmente diffusa che occorre ripensare realmente i ruoli organizzativi delle prime linee direzionali in azienda per consentire alle organizzazioni di agire perché ci sia terreno fertile all’innovazione. I membri di una comunità devono stabilire insieme cosa è importante, determinando le priorità e le scelte del gruppo. Chi meglio del CFO ha sviluppato negli anni queste abilità e queste competenze?»

Vincenzo Cimini

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Mon, 22 Oct 2018 17:03:40 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/465/digitalizzazione-e-innovazione-come-sta-cambiando-il-ruolo-del-cfo vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
In pensione a soli 59 anni il manager del salvataggio Ford, diventerà anche lui un Business Angel? https://www.vincenzocimini.it/post/464/in-pensione-a-soli-59-anni-il-manager-del-salvataggio-ford-diventera-anche-lui-un-business-angel

Nel 2009 riuscì a cancellare debiti per 10,5 miliardi utilizzando quello che venne definito un “piano di buy back creativo”, ossia 3,5 miliardi di liquidità e azioni. Ha fatto notizia nelle scorse settimane l'addio di Neil Schloss, direttore finanziario di Ford Mobility. Non tanto perché andrà in pensione ma perché lo farà a soli 59 anni. È stato lui stesso a richiedere il pensionamento all'azienda dal prossimo 31 dicembre. Una fuoriuscita anomala se consideriamo che negli Stati Uniti il pensionamento arriva in media a 63 anni. Schloss ha anticipato i tempi grazie soprattutto ai suoi 36 anni passati in Ford: nel 1998 era diventato tesoriere aggiunto, un anno più tardi direttore delle strategie finanziarie, nel 2002 direttore dei rischi a livello mondiale e nel 2007 vicepresidente area mondo con responsabilità della tesoreria. Nel comunicato stampa in cui Ford ha diffuso la notizia c'è tutta la riconoscenza per i risultati innescati da Schloss: nel 2006 le garantì 23 miliardi di dollari poco prima dello scoppio della grande crisi economica, di fatto proteggendo l'azienda dal fallimento[1]. «Sotto la guida di Neil, siamo stati in grado di affermare Ford Mobility come una solida realtà aziendale progettata per creare valore per l'azienda negli anni a venire - ha affermato  March Klevorn, presidente di Ford Mobility - Siamo fortunati ad aver avuto una figura con la sua esperienza e conoscenza globale in grado di guidarci attraverso questo stadio fondamentale della trasformazione della nostra azienda». Il Presidente e Amministratore delegato di Ford, Jim Hackett, ha ricordato i meriti avuti da Schloss nell'aiutare a spingere Ford in una nuova fase dopo averlo aiutata a salvarla da un potenziale disastro solo un decennio fa. «Per quasi quattro decenni, Neil ha svolto un ruolo importante nel portare avanti la nostra attività -  ha affermato Hackett - era naturale che finisse la sua carriera in Ford, aiutando ad avviare tutte quelle attività che saranno al centro del nostro futuro».

E chissà che Schloss non possa diventare un pensionato in grado di aiutare progetti imprenditoriali dei giovani. Chi va in pensione infatti spesso non ha l'intenzione di lasciare il campo. Anzi in certi casi può aiutare un giovane a far nascere il suo progetto imprenditoriale. Sono stati chiamati Business Angels, ossia manager o professionisti in pensione che magari hanno accumulato un'esperienza in un certo settore e sono disposti ad investire offrendo alle startup anche quelle conoscenze specifiche per far nascere bene un nuovo progetto imprenditoriale. E chiaramente anche capitali visto che si tratta di figure in grado solitamente di disporre di un ingente patrimonio personale. Si tratta dunque di investitori informali che si differenziano dai soggetti tradizionali come fondi di venture capital e private equity[2]. «Sono ex titolari di impresa, managers in attività o in pensione, che dispongono di mezzi finanziari (anche limitati), di una buona rete di conoscenze, di una solida capacità gestionale e di un buon bagaglio di esperienze. Hanno il gusto di gestire un business, il desiderio di acquisire una partecipazione in aziende con alto potenziale di sviluppo e l'interesse a monetizzare una significativa plusvalenza al momento dell'uscita. L'obiettivo dei Business Angels è quello di contribuire alla riuscita economica di un'azienda ed alla creazione di nuova occupazione. È previsto che i Business Angels si organizzino in reti locali, conosciute come B.A.N. (Business Angels Network): strutture permanenti che consentono ai Business Angels di incontrare imprenditori alla ricerca di capitale e di competenze manageriali».

Vincenzo Cimini

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Mon, 15 Oct 2018 11:52:56 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/464/in-pensione-a-soli-59-anni-il-manager-del-salvataggio-ford-diventera-anche-lui-un-business-angel vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)
Facility manager, la professione del futuro https://www.vincenzocimini.it/post/463/facility-manager-la-professione-del-futuro

Potrebbe essere una delle professioni del futuro quella del facility manager. Una figura che si occupa della gestione e della valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici (manutenzione, pulizia, igiene ambientale, energia, security, logistica, ecc.), con un mercato dal valore potenziale di 135 miliardi di euro. I settori coinvolti possono essere quelli delle telecomunicazioni, della logistica, dell'energia, delle pulizie, della ristorazione e via dicendo. Proprio l’Associazione Nazionale Imprese di Pulizia e servizi integrati, ANIP-Confindustria, si sta impegnando per far crescere e consolidare questo settore nascente.

«Il comparto dei servizi per la gestione integrata e coordinata degli spazi – ha spiegato  Lorenzo Mattioli[1], presidente di Anip-Confindustria è un mercato cui appartengono migliaia di PMI. Si tratta di un settore in continua crescita, tant’è che dai dati del Centro Studi Confindustria (ottobre 2016) emerge un aumento in questi ultimi anni di 5,5 punti contro un calo del manifatturiero del 6,5%; inoltre, l’impatto in termini occupazionali è enorme, si tratta di circa 2,5 milioni di lavoratori potenziali. E ancora, secondo l’ultimo rapporto Istat, la famiglia dei Servizi è cresciuta nel secondo trimestre 2018 di 3,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2017. Una vera e propria ‘industria dei servizi’ che ha una sfida importante davanti a sé: creare una identità del comparto capace di assemblare tratti comuni di attività, anche molto diverse tra loro. Durante la terza edizione di LIFE 2018[2] (Labour Intensive Facility Event), che si è tenuta qualche giorno fa a Capri, è emersa la necessità di avviare un percorso condiviso con i nostri utenti finali, ovvero i cittadini, aziende e parti sociali per formulare una proposta di legge quadro sui Servizi che ridefinisca e avvii le condizioni per contribuire alla crescita del comparto in un quadro di regole certe».

Il facility manager potrebbe trovare  il suo sbocco occupazionale in tantissimi e variegati ambiti:  uffici tecnici pubblici e privati, società di ingegneria, imprese di costruzione, diventare gestore di progetti, di costi e processi di costruzione, funzionario tecnico per le Pubbliche Amministrazioni che svolgono funzione di stazione appaltante,  funzionario tecnico presso enti pubblici o aziende private che gestiscono parchi immobiliari, impiegato col ruolo di responsabile della manutenzione e gestione immobiliare, ingegnere per il settore civile-edile svolgendo la propria attività in forma libero-professionale, previo superamento dell’esame di Stato. Fino ad ora non c'era di certo una scuola che potesse formare questo tipo di figure e quindi si è imparato sul campo. Così Anip-Confindustria sta cercando di promuovere e sostenere iniziative didattiche e di ricerca per una formazione specialistica. Da ottobre all’Università La Sapienza di Roma, partirà il  primo corso di laurea magistrale interfacoltà in Gestione del progetto e della costruzione e dei sistemi edilizi. Al Master in Project and Construction Management of building systems, accederanno oltre 80 studenti, coinvolgendo soprattutto le facoltà di Architettura e Ingegneria. «Il corso – ha aggiunto Mattioli - è coordinato dal professor Spartaco Paris, formerà i nuovi esperti di facility, a partire dalla progettazione di immobili ‘intelligenti’, nati per essere efficienti e sostenibili, che sempre di più andranno a sostituire un patrimonio costruito ormai giunto al termine del proprio ciclo vitale in Italia. È la prima laurea interfacoltà tra Architettura e ingegneria dell’Ateneo e intende formare uno specialista nelle varie fasi di gestione degli edifici complessi, dal progetto alle fasi autorizzative, alla costruzione alla manutenzione in tutto il suo ciclo di vita.  Siamo stati sempre molto attenti agli aspetti della formazione, realizzando attraverso la nostra Anip-School, vari cicli di corsi, che prestassero attenzione a tutti gli aspetti complementari inerenti alla figura del facility manager, come quelli legali, amministrativi e del lavoro».

Vincenzo Cimini

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Mon, 8 Oct 2018 12:15:43 +0000 https://www.vincenzocimini.it/post/463/facility-manager-la-professione-del-futuro vincenzo.cimini@greenholding.it (Vincenzo Cimini)