1834 Vincenzo Cimini Articoli
4 settembre, 2019

Innovazione e occupazione nell’economia circolare: la situazione in Europa

Per la creazione di posti di lavoro, la crescita economica e la competitività in scala internazionale non si può prescindere dall’economia circolare. Innovazione e investimenti su eco-design, impiego di materie prime seconde, processi di riciclaggio e simbiosi industriale, ne rappresentano un elemento chiave.

Eurostat ha fornito una chiara visione degli impatti economici della “circular economy”, quelli cioè generati nei settori del riciclaggio, della riparazione e del riutilizzo. È bene tener presente che, come ci avverte la Commissione Europea, questi settori rappresentano solo un sottoinsieme del complessivo impatto economico dell’economia circolare, che in realtà pervade in maniera diffusa anche altri settori, ma che purtroppo risulta difficile da isolare.

Data l’importanza centrale dell’innovazione nella trasformazione di un’economia da lineare a circolare, sono stati creati degli indicatori in grado di monitorare la competitività e l’innovazione dei settori della circular economy. Una valutazione dell’innovazione e dei progressi tecnologici può essere fatta attraverso le statistiche sui brevetti. L’indice di eco innovazione mira a catturare i diversi aspetti dell’eco innovazione applicando 16 indicatori raggruppati in cinque dimensioni: input di eco-innovazione, attività di eco-innovazione, risultati di eco-innovazione, efficienza delle risorse e risultati socio-economici[1].

Nel 2014 nell’Unione europea sono stati depositati 338 brevetti, di cui complessivamente quasi il 50% dalla Francia (83, pari al 25%) e dalla Germania (75, pari al 22%). Per l’Italia l’indicatore ha assunto il valore di 15 (il 4% del totale), collocandosi al 6° dopo Francia, Germania, Paesi Bassi (16), Spagna (20), Regno Unito (22) e Polonia (28).

Per ciò che riguarda l’input di eco innovazione, ovvero la misurazione degli investimenti per le attività di eco innovazione realizzate da aziende, organizzazioni di ricerca e altre istituzioni, l’Italia segna una posizione arretrata, risultando al 17° posto nell’UE. I Paesi che, secondo la Commissione europea, si dimostrano leader nell’input di investimenti per l’eco innovazione sono la Finlandia (200), la Germania e Danimarca (178), la Svezia (166), la Slovenia (141) e la Francia (118).

C’è da segnalare comunque che non sempre ad un input corrisponde un output nell’eco-innovazione. La maggior parte dei Paesi mostrano una relazione lineare tra input e output dell’innovazione, ma vi sono delle anomalie: Spagna e Grecia che con input inferiori alla media riescono ad avere output in linea coi Paesi leader. Il Lussemburgo raggiunge l’output maggiore tra tutti i Paesi dell’UE e Cipro che, viceversa, con l’input più basso ottiene un indice di output medio.

Un altro indice importate nella misurazione del processo verso un’economia circolare è l’indicatore di occupazione, ottenuto dalla percentuale del numero di persone occupate in alcuni settori dell’economia circolare rispetto all’occupazione totale per permettere la comparazione tra Stati. I settori dell’economia circolare presi in considerazione sono quelli del riciclo, della riparazione e riutilizzo.

Nel 2016 nell’Unione europea le persone occupate nei settori dell’economia circolare presi in considerazione sono 3,9 milioni, mentre in Italia 510.000, attestandosi seconda dopo la Germania (641.000 occupati). Se però si analizza il dato in percentuale rispetto al totale degli occupati, nell’Unione europea le persone occupate sono l’1,71% dell’occupazione totale, mentre in Italia rappresentano il 2,08%, valore superiore alla media europea, ma inferiore a quello registrato in Lettonia (2,89%), Lituania (2,71%), Polonia (2,21%) e Croazia (2,19%).

Al netto di questi indicatori l’Italia negli ultimi anni si è attestata in vantaggio rispetto alle cinque grandi forze economiche europee con un indice di circolarità del 103. Seguono poi Regno Unito (90 punti), seguito da Germania (88), Francia (87) e Spagna (81). Tuttavia la nostra corsa verso i traguardi della circolarità rischia di rallentare, mentre quella degli altri grandi Paesi del continente sta prendendo slancio[2].

L’Italia, in confronto alle valutazioni 2018, ha infatti conquistato solo 1 punto in più (l’anno scorso l’indice complessivo di circolarità era di 102 punti), mentre ci sono Paesi che hanno raggiunto risultati più proficui: la Francia, per esempio, che aveva totalizzato 80 punti ne ha aggiunti 7; o la Spagna, che ha scalato la classifica partendo dai 68 punti della scorsa annualità, guadagnandone ben 13.

Vincenzo Cimini


[1] Si veda il Rapporto sull’Economia Circolare in Italia 2019, Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

[2] Rapporto sull’economia circolare in Italia nel 2019, Circular Economy Network (https://circulareconomynetwork.it/rapporto-economia-circolare/).