Economia circolare, Italia prima in classifica ma molto resta ancora da fare
L'Italia finalmente domina in una classifica virtuosa, quella dell'economia circolare. Il nostro Paese è infatti primo in Europa nell'indice complessivo di circolarità delle risorse battendo di diversi punti Regno Unito, Germania, Francia e Spagna. Il confortante dato è emerso nel primo rapporto sull'economia circolare in Italia 2019 realizzato dall'Enea e dal Circular economy network[1], ossia la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e 13 aziende e associazioni di impresa). L'Italia si posiziona prima sulla produttività delle risorse nel 2017 grazie al maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia: a parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorsa consumata genera 3 € di PIL, contro una media europea di 2,24 e valori tra 2,3 e 3,6 in tutte le altre grandi economie europee. In questo settore però il nostro Paese, non solo non è ancora riuscito a recuperare le performance segnate nel 2014 (3,24 €/kg), ma addirittura rimane sostanzialmente fermo negli ultimi anni. «Questo andamento – sottolinea il rapporto - da un lato dimostra che l’Italia è in grado di fare di più, dall’altro che negli ultimi anni si è inserito un freno che ha interrotto il trend di crescita che si è registrato fino al 2014. La stessa analisi va fatta per la produttività energetica dove si osserva, anche in questo caso, una sostanziale stasi della crescita: dal 2014 in poi il valore oscilla intorno ai 10,2 €/PIL. È anche vero, tuttavia, che il nostro Paese registra dei valori superiori alla media europea (8,5 €/PIL) e segna il secondo posto tra le prime grandi, ma rispetto alla prima il divario cresce. Si segnala, poi, che riguardo alla quota di energia rinnovabile utilizzata rispetto al consumo totale di energia, l’Italia nel 2017 si pone davanti ai quattro Stati con il (18,3% - GSE) in linea con la media europea. Relativamente al bilancio commerciale tra import ed export di materiali: la tendenza per l’Italia è quella di vedere aumentare – in termini di peso – le importazioni di materiali rispetto alle esportazioni. Il divario in questo caso è dell’ordine di circa 150 Mt. Questo significa che cresce la dipendenza dell’approvvigionamento dall’estero». Il report invita proprio a non adagiarsi, perché l'Italia pur primeggiando sembra in rallentamento mentre altri Paesi stanno prendendo lo slancio grazie al nuovo pacchetto di direttive Ue.
All'interno del rapporto, a prescindere dal risultato complessivo, ci sono luci ed ombre. Guardando ad esempio all'indice sulla produttività totale delle risorse (materiali, acqua, energia e intensità delle emissioni CO2) troviamo un'Italia al primo posto rispetto ai 5 principali Paesi europei e con un indice pari a 180, ben al di sopra della media europea (100). L’indice sui benefici socio-economici totali (export delle eco-imprese, occupazione in eco-imprese ed economia circolare, fatturato in eco-imprese ed economia circolare) mostra, invece, l’Italia al secondo posto, dopo la Germania, con valori di poco superiori alla media europea. Non bene infine nella produzione complessiva dei rifiuti analizzata rispetto al consumo interno dei materiali che raggiunge per l’Italia il valore del 22,7%, contro una media europea del 12,8%. Nel periodo 2004-2014 l’indicatore è cresciuto notevolmente in Italia. Anche con questo forte aumento segna la peggiore performance rispetto alle cinque maggiori economie europee. «In Italia il riciclo dei rifiuti urbani nel 2016 è stato pari a 45,1%, in linea con la media europea e al secondo posto, dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece pari al 67%, nettamente superiore alla media europea (55%) che porta l’Italia al primo posto rispetto alle principali economie europee. Lo smaltimento in discarica per l’Italia è ridotto al 25%, in linea con la media europea, ma con valori ancora elevati rispetto ad altre realtà come la Germania, la Francia e il Regno Unito. In questo comparto era già stato osservato come l’Italia fosse tra le migliori nell’UE. Ciò nonostante alcune criticità da tempo note, come i ritardi di alcuni territori nella gestione dei rifiuti urbani e una non sempre equilibrata distribuzione geografica degli impianti di trattamento. Ultimamente, poi, si è posta l’emergenza End of Waste che non poteva essere registrata dal rilevamento dei dati, in quanto questi si fermano al 2017, ossia un anno prima dell’emergere di questa criticità». Un altro punto debole riguarda il numero di brevetti depositati dalle prime cinque economie europee, relativi al riciclo dei rifiuti. In Italia nel 2015 sono stati depositati solo 15 brevetti, occupando così l'ultimo posto di questa speciale classifica. Un altro nervo scoperto è rappresentato dal basso livello di eco-innovazione, con il nostro Paese piuttosto indietro rispetto alle economie concorrenti, in particolare il dislivello si nota nei confronti della Germania e della Francia. Un dato che si può interpretare con un troppo basso livello di stanziamenti pubblici e di investimenti privati in questo settore, così come di lavoratori occupati nella ricerca e nello sviluppo eco-innovativi.